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08/02/2021 06:00:00

L'infettivologo: "Varianti e vaccini. Ecco perchè la Sicilia non è fuori pericolo"

 Massimo Enzo Farinella, direttore dell’unità operativa di Malattie infettive e tropicali dell’azienda ospedaliera “Villa Sofia-Cervello” di Palermo e componente del Comitato tecnico scientifico della Regione, guardando il movimento di persone ripreso dopo la fine della zona rossa in Sicilia sembra che l'isola sia fuori pericolo dal Covid.

Non è assolutamente così, come non lo è l'intero pianeta. Ci sono dei segnali incoraggianti, perchè il numero dei ricoverati diminuisce, i guariti aumentano, i nuovi casi diminuiscono. Ci sono purtroppo troppi morti, questo è un dato su cui bisogna conservare molta cautela. E' un indicatore dell'invasività del Covid. Quando anche questo parametro comincerà a scendere e ad annullarsi, allora anche gli altri due indicatori, (nuovi contagi e ricoveri) parallelamente saranno in discesa. Rispetto alle ultime settimane possiamo essere più fiduciosi.

Cosa è cambiato nell'epidemia in Sicilia rispetto all'anno scorso?

Per la Sicilia c'è stata una grandissima modifica dei quadri clinici che venivano osservati. I numeri, a Marzo, erano assolutamente non paragonabili a quelli di oggi. C'erano pochissimi casi. La gran parte erano pazienti che provenivano dal Nord, in cui l'epidemia ha avuto dimensioni preoccupanti. Il Covid in quel periodo è stato percepito anche con minor preoccupazione da parte delle regioni del Sud, che per molto tempo sono state prive di casi territoriali, ma avevano solo casi importati. Questo ha indotto in errore in una valutazione troppo ottimistica del periodo estivo dando un liberi tutti, che poi è stata una componente che ha fatto sì che i numeri che noi ora registriamo siano ancora molto alti.

La politica ha sottovalutato le indicazioni degli scienziati?

In ambito regionale il Cts è stato sentito sia prima che dopo. Noi siamo convocati dal presidente della Regione e dall'assessore alla Salute su fatti tecnici e scientifici: l'opportunità di aprire le scuole, l'opportunità di intensificare gli screening. Su questo c'è stata molta sinergia, la politica ha ascoltato in maniera attenta e responsabile le indicazioni che venivano dal gruppo scientifico di addetti ai lavori. In ambito nazionale ci sono state altre componenti, come l'individuazione di un commissario straordinario, che pare sia stato costretto ad accumulare anche ritardi nell'approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale. Nella prima fase ci hanno fatto penare. Ma ci sono indagini della magistratura che faranno chiarezza anche su altri aspetti.

Dobbiamo preoccuparci delle varianti?

La variabilità del virus è una sua caratteristica. Tutti i virus tendono a cambiare “la targa della macchina” per continuare a circolare sfuggendo ai controlli. La variante più temibile è la brasiliana, anche se l'inglese è caratterizzata da una capacità di diffusione più veloce di quella al momento nel Paese. La preoccupazione è non tanto che possa essere più letale, questa convinzione bisogna spiegarla. Perchè è vero e non è vero che le varianti sono più letali. Precisamente, essendo più diffusive, statisticamente contagiano più persone e di conseguenza anche il numero di decessi aumenta. Non perché il virus è più aggressivo in sé.

Oggi si rientra a scuola. Le scuole sono sicure?

Il provvedimento di apertura, ritardato di una settimana per le superiori, è stata indicato dal nostro Cts, che Lagalla e Razza hanno recepito. Il pericolo non è all'interno delle aule. Nel corso degli screening anti-Covid per la popolazione scolastica abbiamo riscontrato una percentuale di positivi molto modesta.

Perchè si tende a dire che il ritorno a scuola può essere un fattore di aumento dei casi?

Perchè nei fatti aumenta la movimentazione delle persone. I ragazzi viaggiano, in molti casi, in mezzi pubblici dove non sempre è osservabile la distanza. C'è tutta una serie di fattori che appartengono alla socialità dei giovani, la scuola è un punto di aggregazione. I giovani si riuniscono anche all'uscita da scuola, e le distanze non sempre vengono osservate rigidamente. Il timore, ecco, è ragionevolmente spiegabile.

La pandemia ha scoperto ancora di più i punti deboli di un sistema sanitario regionale che non era perfettamente funzionante. Eppure il sistema ha tenuto. Da medico non crede che ci debba essere più sinergia con la medicina del territorio, con i medici di famiglia?

Certamente il sistema sanitario regionale non era tra i più gettonati. E' un sistema strutturalmente vecchio. Negli ultimi 15 anni è stato sempre depauperato di risorse, non c'è stato il tournover. C'è stato un invecchiamento degli operatori e una riduzione dell'organico. Non si è dato ruolo alla medicina territoriale. I piani di rientro, che dovevano coprire l'enorme buco economico, prevedevano la contrazione della ricettività negli ospedali, ma perchè parallelamente si doveva potenziare la medicina del territorio. Questo consentiva a regime che la gente non si riversasse nei pronto soccorso per patologie non gravi, ma che trovasse la disponibilità sul territorio di medici e strutture poliambulatoriali. Il governo Musumeci ha puntato molto sulla sanità. Ha riservato molta attenzione, dagli sreening anticovid, al potenziamento delle Usca. Sono stati predisposti degli elenchi di medici disponibili che sono già in servizio nei reparti. In questa fase in cui riusciamo ad avere un equilibrio, seppur fragile, bisogna ragionare in termini legislativi e lavorare sul potenziamento della sanità, nella previsione che ci possa essere la necessità nel caso che il sistema venga messo sotto pressione. Non per forza Covid, ma potrà essere un altro evento. Il miglioramento generale del sistema sanitario deve consentire alle persone, con altre patologie, di curarsi. Dobbiamo separare nettamente i percorsi dell'assistenza. Abbiamo in questo momento l'emergenza covid, ma allo stesso momento dobbiamo liberare altre aree per permettere alle persone di curarsi in sicurezza.

Ognuno ha una responsabilità individuale, che è anche collettiva. Vuole lanciare un appello?

La zona arancione non è un liberi tutti. E proprio perchè c'è stata questa apertura di fiducia nelle persone, se in questa fase continuiamo ad avere comportamenti rigorosamente responsabili riusciamo a convivere per un altro periodo finchè la disponibilità di vaccini sarà tanta da riuscire a vaccinare il 75% della popolazione. A quel punto saremo vicini al ritorno alla normalità.