Sentiamo spesso parlare di “modello matematico” con riferimento ad aspetti numerosi e diversi della nostra quotidianità: il riscaldamento globale, la pandemia, il mercato finanziario, la variazione del traffico lungo strade ed autostrade, l’estinzione dei panda.
Per modello matematico si intende la capacità di tradurre in un legame numerico i fattori che determinano i fenomeni più svariati del mondo in cui viviamo: in poche parole la “formula” che regola tale fenomeno, la traduzione “numerica” della natura e delle esperienze umane.
La ricerca costante di nuovi modelli matematici sempre più complessi è dettata principalmente da due fattori:
- avere un dato quantitativo ed oggettivo su come, quando e in che misura determinati fenomeni evolvono (Quante uova al giorno avremo da un allevamento di galline? Quanti kW otterrò dai pannelli solari del tetto di casa mia? Quale sarà il rendimento di un fondo di investimento agganciato a prodotti petroliferi?);
- conoscere su quali fattori del modello intervenire e in che misura per cambiare il risultato atteso (Quante uova in più potrei avere dalle mie galline se, giocando opportunamente con i tempi dell’illuminazione artificiale dell’allevamento, accorcio il ciclo giorno/notte “percepito” da 24 a 20 ore? Quanti kW in più posso avere dal mio impianto fotovoltaico solo cambiando di pochi gradi l’angolazione dei pannelli? Quanto può crescere il valore del mio fondo di investimento se provoco una escalation militare in Nord Africa o in Medio Oriente?).
È dunque evidente che la possibilità di avere una valorizzazione numerica quanto più esatta di ciascun fattore che interviene in un modello matematico rappresenta la chiave per governare il fenomeno stesso e provare così a guidarlo verso il migliore degli scenari possibili (o almeno così sarebbe lecito sperare).
Il covid, ovviamente, è ormai da tempo “il fenomeno” per eccellenza su cui il mondo si cimenta nella ricerca di modelli matematici sempre più accurati: ogni giorno il modello si alimenta di nuovi dati che generano nuove previsioni e che comportano nuove azioni correttive tese a garantire una risoluzione quanto migliore, al “costo” (sia umano sia economico) più basso e nel più breve tempo (i lockdown, le mascherine, i “colori regionali” sono alcuni esempi di tali azioni correttive).
Ascoltando, come tutti, da oltre un anno le comunicazioni sui suddetti dati e i relativi commenti degli esperti mi è sorto, tuttavia, il dubbio che in tutte le ricostruzioni delle previsioni mancasse qualcosa di ancora “non numericamente quantificato”, ma quantomai incisivo nel modello dell’evoluzione della pandemia: il fattore “F”.
Per fattore “F” si intende il livello di furbizia (e, specificatamente, l’accezione più marcatamente “italiana” di tale termine) che, come tutte le espressioni umane, è fatto di una vastità di gradazioni praticamente infinita e di difficile inquadramento all’interno dei “freddi numeri”.
Eppure il fattore “F” gioca un ruolo talmente rilevante nella pandemia da far sbottare persino l’attuale Primo Ministro nell’ultima conferenza stampa con quel riferimento, ormai passato agli annali, allo psicologo di 35 anni già vaccinato che è diventato la rappresentazione plastica dell’infamia mostrata pubblicamente agli occhi dell’intera Nazione: che sia di monito a tutti gli altri cittadini che “tramano nell’ombra” per trovare una corsia preferenziale alla vaccinazione.
Quindi la “sgridata” è servita? Tutto risolto? Ma quando mai: una “sfuriata” in diretta tv, per quanto da parte del Prof. Draghi, è un semplice solletico per i cosiddetti “furbetti” e si rende quantomai necessario inquadrare tale fenomeno con la “glacialità” della matematica; occorre quantificare al più presto il fattore “F” e inserirlo nel modello matematico con cui leggiamo l’evoluzione della pandemia e della campagna vaccinale in corso.
Quanto segue è un tentativo modesto di tale quantificazione.
Premetto che provo un’enorme vergogna per l’esposizione che leggerete e, in particolare, per come siano enunciate in forma aritmetica le sofferenze di intere famiglie che hanno vissuto in prima persona la sofferenza della malattia o, nel caso peggiore, di un decesso: mi scuso sinceramente di questo, ma, con altrettanta franchezza e senza cercare assoluzioni, confesso che non mi sembra tanto diverso dal senso di indifferenza, ampliamente diffuso, con cui da mesi ogni sera apprendiamo distrattamente i numeri (spaventosi) di questa tragedia tra un “poverini” e un morso alla pizza appena consegnata.
Il report pubblicato dall’Istituto Superiore Sanità (liberamente consultabile qui) ci dice che da marzo 2020 e alla data del 31/03/2021 in Italia abbiamo avuto un totale di decessi per/con Covid-19 pari a 106.779.
Lo stesso report mostra che, in base alla distribuzione dei decessi per fascia d’età, 91.893 tra i deceduti sono persone di età uguale o superiore ai 70 anni (ossia oltre l’86% del totale) e cha ancora oggi l’età media dei deceduti è di 82 anni).
Per quanto riguarda la platea, enormemente più vasta, degli infettati si rileva, invece, un’età media pari a 47 anni.
Parallelamente il Sole 24 Ore rileva, tra le varie statistiche, che il tasso di letalità da covid-19 si attesta al 9%, 19,4% e 26,7% rispettivamente tra i 70-enni, 80-enni e 90-enni, per crollare al 2,6% tra i 60-enni e allo “0 virgola” sotto i 60 anni (con progressivo ulteriore assottigliamento della percentuale scendendo con l’età).
I numeri danno un’evidenza quantomai oggettiva di chi sono le vittime della “guerra silenziosa” di cui tanto si parla.
Intendiamoci, è altrettanto noto che ci sono, purtroppo, malati gravi e vittime anche nelle fasce di popolazione di età più bassa, che non esiste per nessuno il “rischio = 0” e che è umanamente comprensibile e giustificabile la paura di ammalarsi e, conseguentemente, l’ansia di non essere ancora protetti con il vaccino, ma in uno scenario quale quello attuale in cui il bollettino quotidiano dei decessi si mantiene a 3 cifre e la quantità di dosi di vaccino disponibili restano bassissime appare davvero assurdo come si contino oltre 2 milioni di vaccinati non ricadenti in nessuna delle categorie calendarizzate e, al tempo stesso, una campagna di vaccinazione che non ha ancora neppure esaurito la popolazione degli ultra ottantenni.
Eppure è così: avevamo (e abbiamo) i salvagenti contati, ma quando la nave ha cominciato ad affondare alcuni di questi salvagenti sono andati a coloro che sapevano già nuotare ed è qui che occorre cercare il fattore “F”.
La formula che, a mio avviso, potrebbe quantificare il fattore “F” è la seguente:
dove:
Fo è il livello di furbizia del soggetto in esame calcolato alla data odierna
Gt è il numero di giorni intercorsi tra l’avvenuta vaccinazione/immunizzazione e la data odierna
Dm è la media quotidiana dei decessi sull’intero territorio nazionale calcolata tra il giorno dell’avvenuta vaccinazione/immunizzazione e la data odierna
Sc è un numero razionale compreso tra 0,9 e 1 e quantifica il “senso di colpa” del soggetto che ha ricevuto anzitempo la vaccinazione (0,9 = senso assoluto di vergogna e voglia di tenere nascosta la propria vaccinazione, 1 = nessun senso di colpa)
K1 è un numero razionale compreso tra 0 e 1 che quantifica il fattore correttivo dato dalla consapevolezza del soggetto di avere saltato la coda (0 = piena consapevolezza, 1 = totale inconsapevolezza)
K2 è un numero razionale compreso tra 0 e 1 che quantifica il fattore correttivo dato da quanto è stato occasionale l’avvenuta vaccinazione (0 = vaccinazione totalmente pianificata, 1 = totale casualità quale quella del “mi trovavo lì ad accompagnare mia madre e mi hanno chiesto se volevo vaccinarmi”)
K3 è un numero razionale compreso tra 0 e 1 che quantifica il fattore correttivo dato da quanto è presente il senso di superiorità (più o meno inconscio) nell’essere riuscito ad arrivare prima degli altri suoi simili, praticamente una misura dell’atavico concetto “io ce l’ho più lungo” (0 = massima soddisfazione, 1 = totale assenza di superiorità).
La furbizia è quindi una grandezza che cambia nel corso dei giorni sia perché aumenta la distanza (e i decessi) dal giorno dell’avvenuta vaccinazione, sia perché il soggetto potrebbe mutare nel tempo il proprio senso di colpa (ad esempio avvicinarsi ad 0,9 quanto più vede crescere il numero di decessi o dopo avere appreso dell’aggravarsi delle condizioni di un conoscente appartenente ad una categoria più a rischio della propria).
In base alla suddetta formula è possibile individuare i casi limite del vasto mondo dei furbi:
il “furbo ideale” è privo di qualunque senso di colpa (Sc = 1), è perfettamente consapevole di aver scavalcato la fila (K1=0), ha premeditato di scalvare la fila (K2=0) e si bea della sua superiorità rispetto agli appartenenti alla sua stessa categoria che attendono pazientemente il proprio turno (K3=0).
Tale profilo è individuabile da un valore Fo che tende a crescere velocemente con il tempo e a dismisura tendendo ad infinito (+ ∞);
il “furbo sbagliato” è funestato dai sensi di colpa (Sc = 0,9), è fermamente convinto di non essere passato davanti a nessuno (K1=1), non sapeva nemmeno di poter vaccinarsi anticipatamente (K2=1) e non ha alcun senso di superiorità (neppure inconscio) nei confronti degli altri, anzi prova una profonda vergogna per quanto fatto (K3=1).
Tale profilo è individuabile da un valore Fo che tende a crescere molto lentamente e meno di quanto suggerirebbero i nuovi decessi di ogni giorno.
Con i due estremi di cui sopra abbiamo finalmente definito i confini matematici della furbizia; il passo successivo è individuare delle “sottofamiglie” per meglio raggruppare i furbi e, per fare questo, la grafica ci viene in soccorso come forma visiva ed immediata per tale scomposizione.
Ipotizziamo di esaminare le curve di dei valori di Fo in una finestra di 20 giorni trascorsi dalla vaccinazione di ciascun “soggetto furbo” e con una media (ahimè verosimile) di 400 decessi al giorno per covid sull’intero territorio nazionale.
Prendiamo in esame 5 diverse furbizie con i seguenti parametri:
Furbo A : Sc=0,9, K1=1, K2=1, K3=1 (ossia il “furbo sbagliato” precedentemente definito)
Furbo B : Sc=1, K1=0,8, K2=0,8, K3=0,8 (un soggetto definibile come “poco furbo”)
Furbo C : Sc=1, K1=0,5, K2=0,5, K3=0,5 (un soggetto definibile come “il furbo medio”)
Furbo D : Sc=1, K1=0,2, K2=0,2, K3=0,2 (un soggetto definibile come “furbissimo”)
Furbo E : Sc=1, K1=0,2, K2=0,2, K3=0,2 (un soggetto definibile come “iperfurbo”)
È evidente con il passare dei giorni che il livello di furbizia Fo cresce in modo significativamente diverso tra i vari soggetti:
È semplice, a questo punto, individuare delle “soglie di furbizia”, ad esempio tramite i valori di furbizia rilevati al quindicesimo giorno, e, in funzione di esse, definire delle “categorie furbesche”:
Finalmente ce l’abbiamo fatta: abbiamo dato una “lettura matematica” del popolo dei “furbetti” e adesso possiamo rispondere anche al Prof. Draghi “ok lo psicologo… ma c’è furbetto e furbetto”.
Al lettore più attento non sarà sfuggito che l’”analisi della furbizia” è materia molto più vasta e nasconde coefficienti molto più numerosi e complessi di quelli esposti: verissimo, ma questo vuole che essere solo un piccolissimo spunto per considerazioni più complesse da parte degli esperti (cosa che sicuramente io non sono).
Attenzione: addentrarsi nell’identificazione di “categorie di furbizia” può essere un esercizio relativamente semplice, ma enormemente più complicato è convincere i soggetti furbi della loro appartenenza a tali categorie (in fondo, chi mai di noi vorrebbe essere individuato in un grafico del genere?).
Nell’arduo tentativo di attribuire una classe ad un soggetto furbo vi scontrerete con pericolose insidie:
“Io sono l’unico a poter badare ai miei genitori anziani!” (…e questo ti dà il diritto di vaccinarti prima di altri anziani?)
“Io svolgo un lavoro a stretto contatto con strutture ospedaliere!” (….anche se per “stretto contatto” si intende un ruolo puramente da ufficio….magari svolto anche in smart-working?)
“Pur non lavorando in ospedale / clinica / casa di riposo la mia categoria non può permettersi di ammalarsi?” (….e quali sono, invece, le categorie sacrificabili?)
“Capisco cosa vuoi dirmi, ma le regole non le ho fatte io e il mio BMI (indice per valutazione dell’obesità a rischio) mi fa rientrare tra i soggetti estremamente vulnerabili!” (….magari potevi dare tutta questa importanza al BMI anche quando ti strafogavi di carbonara e coca cola).
Dobbiamo, tuttavia, correre in soccorso del povero “soggetto furbo” e non ergerci a “inquisitori” o “anime belle” senza macchia che a lui addossano ogni colpa perché in questo ragionamento manca il “convitato di pietra”, anzi, sarebbe meglio dire “i convitati”, ossia tutti coloro che contribuiscono a costruire e mantenere l’habitat naturale in cui la furbizia prospera e si moltiplica.
In questa categoria troviamo di tutto e di più: l’amico degli amici, il timido ed ossequioso servitore dei “VIP”, il maniaco dei numeri alti (quello che vaccinerebbe chiunque pur di vantarsi a fine turno), il bravo dirigente / amministratore che “non deve far sprecare le dosi di fine giornata” (anziché generare, banalmente, un sistema che possa scorrere le liste delle categorie già in target prenotate per la mattina successiva).
Un modello matematico equo dovrà pertanto tenere presente anche i fattori di tali condizioni al contorno e non basterà il solo valore di Fo del povero soggetto furbo tanto criminalizzato.
Alla fine riusciremo nell’obiettivo di definire il modello matematico completo della battaglia al covid e, inserendo al posto giusto il fattore “F” e tutti gli altri fattori dell’habitat in cui la furbizia si sviluppa, potremo finalmente fornire al Professore o al Generale la curva giusta con cui affermare in diretta nazionale: “Abbiamo il piacere di annunciarvi che ne usciremo definitivamente il giorno X!”.
E nel frattempo?
Nel frattempo continueremo a guardare con la coda dell’occhio mentre ceniamo il numero dei nuovi decessi quotidiani, sbraiteremo contro la classe politica e contro i nostri concittadini per il passaggio in “zona rossa”, ci consoleremo apprendendo delle sofferenze che sta passando chi sta peggio di noi……e alla fine la nostra coscienza ci suggerirà la tanto attesa auto-assoluzione: “vedendo come vanno le cose ho fatto bene a vaccinarmi prima”.
Come vedete ci sarà un’altra guerra da combattere all’interno di quello contro il covid: sarà l’eterna battaglia tra le leggi, intese nel senso “tradizionale” del termine, e la legge morale che alberga dentro ognuno di noi.
Legge morale?
“Quale morale?”
“E chi decide cosa è morale?”
Solo a scrivere questa parola viene da ridere anche a me……..ho già fatto uno sforzo enorme fingendo di fare una trattazione seria della furbizia…..figuratevi se mi lancio nel tentativo di descrivere le “categorie della morale”….morirei dalle risate.
Alessandro Pompei