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18/05/2021 06:00:00

Tutti contro Santoro, la grande patacca del killer Avola

 In tanti hanno conosciuto Matteo  Messina Denaro. C’è chi lo nega e chi se ne vanta, ma per Maurizio Avola è diverso. Lui col boss di Castelvetrano avrebbe compiuto diverse azioni e questo avrebbe attirato l’interesse di Michele Santoro a farne il protagonista del suo libro “Nient’altro che la verità” scritto insieme a Guido Ruotolo.

Alla fine però, il focus sul super boss è diventato marginale e tutto sembra essersi imperniato sulla partecipazione di Avola alla strage di via D’Amelio.

Avrebbe fornito lui l’esplosivo, sistemandolo all’interno della Fiat 126 e soprattutto, l’attentato sarebbe stato opera soltanto di Cosa nostra.

Sì, perché dopo ventisette anni dall’inizio della sua collaborazione, Avola rivela che il tizio descritto da Spatuzza in quel garage di via Villasevaglios a Palermo, non sarebbe stato uno esterno a Cosa nostra, ma lui stesso. Oppure, al massimo, il mafioso catanese Aldo Ercolano.

Dice anche di essere l’ultimo ad aver guardato negli occhi il giudice Borsellino, prima di dare il segnale per far esplodere la bomba.

 

Le reazioni non si sono fatte attendere.

 

Secondo Claudio Fava, avrebbe mescolato “suggestioni grossolane e presunte inoppugnabili verità. Una per tutte: dietro la morte di Paolo Borsellino c’è solo la mafia, nient’altro che la mafia. Complicità istituzionali? Nessuna! Servizi segreti? Paranoie! Depistaggi? Letteratura giornalistica…”.

 

Attilio Bolzoni ha invece definito Avola una grande patacca e “Nient’altro che la verità” un titolo

borioso e insieme maleducato perché è un insulto all’intelligenza, alla fatica di chi vuole capire, allo sforzo di coloro che per quasi tre decenni si sono impegnati nel ricercare la più credibile delle ricostruzioni e il più plausibile dei moventi sull’uccisione del procuratore Paolo Borsellino”.

Se c’è una strage di mafia che, per le sue caratteristiche e per i suoi tempi, non è solo strage di mafia è proprio quella del 19 luglio”, ha spiegato Bolzoni in un editoriale sul Domani.

“Michele Santoro fa a tutti, con trentasei anni di ritardo – scrive ancora - la lezioncina sulla Cosa Nostra siciliana che è ‘soggetto politico’ e che è autonoma, che non prende ordini da nessuno e che quindi ha fatto tutta da sola anche in via D’Amelio. Lo sappiamo dal 1985 (da quando ce l’ha spiegato il giudice Falcone nella sua ordinanza-sentenza del maxi processo) che Cosa Nostra è ‘autonoma’ e sappiamo però anche delle ‘convergenze di interessi’ che ci sono sempre state con altre entità e poteri criminali”.

Gli autori, con una lettera, gli hanno chiesto di spiegare perché Avola non sarebbe attendibile.

Dopo quelle 400 pagine in cui il mafioso catanese vomita ‘confessioni’ sulla strage Borsellino e dopo le smentite secche della procura di Caltanissetta – ha risposto Bolzoni - dovrebbero essere proprio gli autori a dimostrare l’attendibilità della fonte. E non il contrario”.

È una mossa furbesca quella di pretendere spiegazioni – ha aggiunto - quando Ruotolo e Santoro non ne hanno fornita nemmeno una pur avendo divulgato le panzane di Avola con una spregiudicatezza da mettere i brividi”.

 

Gianfranco Criscenti, giornalista Ansa, ha invece lanciato un interessante dibattito su Facebook, riportando l’analisi di Saverio Lodato che definisce Avola un “Auto-corvo”, nato pochi mesi prima la sentenza d’appello del processo Trattativa Stato-Mafia.

Guido Ruotolo è intervenuto precisando che “Le indagini sulla strage di via D’Amelio sono di competenza della procura di Caltanissetta” e che  “Il processo palermitano sulla trattativa non ha come oggetto le stragi Falcone e Borsellino”.

 

Il commento dell’avvocato Rosalba Di Gregorio, autrice insieme a Dina Lauricella del libro “Dalla parte sbagliata”, sui depistaggi di via D’Amelio, si centra invece sul notevole livello di inattendibilità di Avola, sottolineando anche come appaia contraddittoria la spiegazione del ritardo dell’ex pentito nel parlare del 19 luglio del 92, “dopo che gli atti dei processi sono più che noti”.

Ognuno cerca di ‘usare’ Avola secondo le proprie ‘idee’ - spiega ancora nel suo commento -

Lodato, che è fan di Trattativa, pare voglia mettere le mani avanti e dire che Avola parla per togliere responsabilità ai ‘colletti bianchi’ imputati in quel processo palermitano. Un po’ come dire che nel caso vengano assolti , sia per colpa di manovratori da cui pure Avola era manovrato.

Altri possono sostenere che Avola sia ‘guidato’ da servizi di sicurezza, da poliziotti, ecc. ecc.

 

Salvatore Cusimano, direttore di RAI Sicilia, ne fa una lettura un po’ più ampia.

Nel suo commento afferma che La 7, nel giro di pochi giorni, ha mandato in onda due trasmissioni dal senso completamente opposto: quella di Mentana, con Santoro convinto che le stragi siano state opera esclusiva di Cosa Nostra e quella di Purgatori, in cui invece si mette l’accento sulla complicità tra mafia ed apparati delle istituzioni, politici compresi.

Cusimano spiega che da sempre, come testimonia il suo lavoro cristallizzato nelle teche Rai, ha sostenuto “che erano troppi i segnali che lasciavano trasparire una matrice più complessa della strategia culminata con gli attentati del ‘92 e ‘93”.

Inoltre si chiede perché Avola sia sceso in campo proprio adesso, nella “delicata fase del giudizio d'appello del processo trattativa dove sono coinvolti proprio quegli esponenti delle forze dell'ordine e della politica che hanno marcato la loro presenza in questi anni nei momenti più drammatici della nostra storia.

Per me restano un faro i magistrati assassinati nel ‘92 – commenta ancora Cusimano - Come loro, sono convinto che c’è un pezzo d’Italia che ha usato Cosa Nostra per raggiungere altri fini, fini di potere da mantenere o di cui accelerare i mutamenti indirizzandone la direzione. Non è che questo scagioni i capi della mafia, come vorrebbero alcuni avvocati. L’hanno fatto insieme. Alcuni nei palazzi istituzionali ne hanno deciso i tempi, i servizi hanno dato il loro sostegno logistico, eliminando fra l'altro poliziotti coraggiosi e onesti e partecipando a incontri con quegli stessi che dicevano di ricercare, i boss hanno offerto la loro disponibilità e manovalanza e conoscenza del territorio. Una saldatura perfetta che una sentenza definitiva e una più vasta auspicabile consapevolezza dell'opinione pubblica potrebbero finalmente far saltare. Almeno fino alla prossima occasione.”

 

Rimangono comunque senza risposta le domande che ha posto Claudio Fava: “Chi manda Avola ad avvelenare i pozzi? Chi si vuole servire della sua sgangherata ricostruzione per fabbricare un altro depistaggio su via D’Amelio? Chi continua ad aver paura, trent’anni dopo, di chiunque s’avvicini alla verità su quegli anni e su quei fatti? E chi li difende questi nostri morti, così strapazzati da mani villane?

 

Aggiungiamo un’altra domanda.

Perché Santoro porta in televisione il racconto mai riscontrato (e per certi versi smentito dalla stessa procura di Caltanissetta) di questo controverso ex killer?

Forse, per rispondere a questo interrogativo potrebbe essere utile rivedere la parte finale dello speciale di Mentana andato in onda su La7.

Ad un certo punto Santoro, nel suo sfogo, parla anche di Luc Montagnier, lo scopritore del virus HIV, diventato no-vax ormai da anni.

Perché in Italia Montagnier non ce lo fanno vedere ancora non l’ho capito. Sarà scemo, rincoglionito, quello che volete voi, però è un premio Nobel e dice che secondo lui è inutile vaccinare i ragazzi. E’ sbagliato? D’accordo, sarà sbagliato, ma parliamone santo Dio!

Ecco, Montagnier di cose ne ha dette tante. Ed in televisione se n’è parlato eccome. Per esempio quando disse che il nuovo coronavirus era il risultato di una sperimentazione a Wuhan.

Fu smentito clamorosamente da quasi 10mila scienziati di 16 società scientifiche della Federazione Italiana Scienze della Vita (Fisv). I ricercatori invitarono anche a “non prendere automaticamente per oro colato quello che viene da un premio Nobel semplicemente perché ha questo titolo, anche perché questo particolare Nobel da molti anni sostiene bufale scientifiche e getta discredito sulla scienza sana”.

 

E’ come se la lontananza dalla televisione avesse portato Santoro ad appassionarsi alle tesi che subiscono autorevoli smentite. Ma Avola, non è un ricercatore. Ed il suo percorso, più che accademico, è stato criminale.

Nelle prime pagine di “Nient’altro che la verità” Santoro scrive che per Avola uccidere è più di un orgasmo. E l’ex pentito assicura: “L’acne del piacere di un killer è sentire l’ultimo rantolo della sua vittima”.

Se ti tolgono il microfono che fai? Fai un libro” ha detto Santoro qualche giorno fa.

Che sia successa la stessa cosa ad Avola, una volta rimasto senza kalashnikov?

 

Egidio Morici