Quantcast
×
 
 
01/03/2022 06:00:00

 …come d'autunno sugli alberi le foglie

La guerra è una pratica sociale antica, inestirpabile. Qualcuno l'ha definita come l'igiene del mondo, dal 3000 a.C. fino a noi si ripete il rito macabro nonostante la civilizzazione dei popoli.

Dovremmo dunque accettarla quasi fosse una calamità naturale? Dovremmo dunque rassegnarci dinnanzi a questa evidenza storica? Riuscirà quella parte di mondo che guarda annichilita l'orrore manifestando solidarietà a cambiare il corso delle cose? È tempo di domande più che di risposte.

Non riesco a formulare una riflessione adeguata rispetto alla guerra, non ci provo neppure a fare una analisi politica, perché il mio pensiero è inchiodato sui volti dei civili, sul suono di quelle sirene che annunciano l'immediato bombardamento, sul volto sorridente di Vitaly Skakun Volodymyrovych, il soldato ucraino che ha offerto la sua vita volontariamente, facendosi esplodere insieme a un ponte per fermare l'avanzata dei russi.

Non so se esistano precedenti di questo tipo nella storia recente delle guerre, l'invasione di uno stato sovrano senza neppure un casus belli. Altre volte è accaduto che governi vocati all'imperialismo si siano intromessi nelle vicende politiche di stati sovrani troppo vicini ai loro territori. Altre volte sono stati deposti presidenti eletti democraticamente nel silenzio colpevole del resto del mondo, chi è senza peccato scagli la prima pietra verrebbe da citare, questa volta però ci troviamo dinnanzi al delirio di un uomo che non teme niente e nessuno, che neppure prova a dissimulare per tentare una giustificazione diplomatica. Un uomo siffatto è una minaccia seria per tutti, soprattutto per il suo popolo.

Mi piace pensare che basterebbe neutralizzarlo per risolvere la questione, perché persino i russi lo detestano, perché gli stessi soldati russi non vorrebbero combattere questa guerra fratricida. Non so quanto sia lecito affermare apertamente ciò, ma vorrei proprio che qualcuno si occupasse di questa possibilità.

Ecco cosa si rischia a guardare troppo a lungo nell'abisso, ci si confonde con esso fino a diventarne parte...

Non intendo certo dire che bisogna voltarsi dall'altra parte, il mio è solo un invito a guardare la parte migliore che sempre resiste nell'orrore, alla grande solidarietà che si mobilita per soccorrere i profughi, perché la nostra impotenza dinnanzi a scelte politiche non ci esonera dal fare qualcosa di concreto per aiutare le vittime di questa ennesima guerra infame.

Katia Regina