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01/10/2022 06:00:00

Nella legge regionale contro il randagismo c’è pure il controllo del DNA. Ma chi paga?

 Dell’ultima legge contro il randagismo non si è più parlato. Approvata lo scorso 12 luglio e presentata come “la prima legge regionale contro il randagismo per la Sicilia”, è in realtà la seconda dal momento che abroga la precedente 15 del 2000.

Nel comunicato stampa della Regione Siciliana, diffuso sui principali quotidiani locali e nazionali, il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè aveva annunciato che con questa legge si risolverà il problema dei cani abbandonati nell’isola. Al momento non si è registrata alcuna voce critica rilevante, nemmeno dalle associazioni animaliste con le quali l’ente aveva dialogato per strutturarla.

 

Certo, nel provvedimento ci sono delle novità positive, come lo stop ai trasferimenti massivi degli animali nei canili fuori dalla regione: “Il numero di soggetti da trasferire – si legge nell’articolo 33 - non sia superiore a dieci e comunque non superi nell’anno il numero di venti unità per ciascuna struttura”.

Oppure la figura del garante dei diritti degli animali, “Nominato dal presidente della Regione – si legge all’articolo 7 - tra persone di nota indipendenza, competenza ed esperienza nel campo della tutela degli animali”, con diversi compiti, primo fra tutti quello di vigilare “sull’applicazione della normativa in materia di tutela dei diritti degli animali”.

Buona cosa anche il fatto che siano previsti nuovi rifugi sanitari pubblici in tutte le nove province siciliane. Il che dovrebbe corrispondere ad un aumento delle sterilizzazioni, che è una delle cose di cui c’è forse più bisogno in Sicilia.

 

Con questa nuova legge regionale però, l’iscrizione all’anagrafe canina diventa a pagamento. Prima, se fatta nei canili municipali, era gratuita. Ma fra meno di un anno (12 mesi successivi all’entrata in vigore di questa legge) si pagherà 20 euro a cane. Guai a chiamarla tassa, il legislatore ha pensato ad un altro nome: “contributo di solidarietà”. Sarà obbligatorio anche per il trasferimento di proprietà (ma in quel caso si pagherà10 euro). E per evitare che coloro che hanno diversi cuccioli non riescano ad essere solidali fino in fondo, è stato previsto un tetto di 80 euro “per l’iscrizione all’anagrafe di cucciolate superiori a tre soggetti”.

Non è specificato però entro quanto tempo dalla nascita l’animale dovrà essere microchippato. Non è roba da poco. Soprattutto alla luce delle multe da 172 euro previste fino ad oggi per quelli che si sono decisi a mettere il microchip al proprio cane di età superiore ai sei mesi. Fino ad oggi, la stessa identica multa è prevista se la mancanza viene rilevata a seguito di un controllo.

 

Non andrebbe meglio nel caso ci si rivolgesse ai veterinari privati, dove il servizio a pagamento, soprattutto da quando pagano per intero le forniture di chip da parte delle Asp, aumenterebbe ulteriormente. Sì, perché per ogni registrazione i veterinari di fiducia dovranno pagare un surplus di 10 euro alle Asp. Anche quello però è un “contributo di solidarietà”, non chiamiamola tassa.

 E dato che ciò che non viene regolato da questa legge regionale, fa riferimento alle norme nazionali, il limite di età entro il quale registrare il proprio cane potrebbe addirittura passare da sei a due mesi. Ora, visto che la microchippatura dei cani in Sicilia è di gran lunga inferiore rispetto a quella delle regioni del nord e che la cultura della registrazione in anagrafe canina è quasi di nicchia, non si può fare a meno di chiedersi secondo quale rinnovata spinta potrebbe verificarsi una radicale inversione di tendenza.

 

Un’inversione per altro assolutamente necessaria, perché  è con le entrate di questo contributo di solidarietà che verrebbero finanziati la maggior parte dei servizi di tutela animale e di lotta al randagismo. Il legislatore li ha stimate in più di un milione e 200 mila euro annui, ipotizzando con tenero ottimismo che, tra registrazioni anagrafiche e trasferimenti di proprietà, si arrivi a più di 60 mila operazioni all’anno.

Altrettanto ottimisticamente poi, da questa somma ha destinato 100 mila euro per la copertura dei costi fissi della banca dati regionale del DNA. La parte rimanente di circa un milione e 130 mila euro è da trasferire “nella misura del 90 per cento ai comuni per le attribuzioni di cui all’articolo 4 e nella misura del 10 per cento alle aziende sanitarie provinciali per le attribuzioni di cui all’articolo 5”.

Queste attribuzioni comprendono un sacco di servizi, dalla cattura dei cani vaganti alla loro custodia e mantenimento. Dall’istituzione dell’ufficio “Benessere animale e lotta al randagismo” nell’ambito della polizia locale, al censimento delle colonie feline, il recupero degli animali ammalati o feriti per le operazioni di pronto soccorso, la programmazione di periodiche campagne straordinarie di sterilizzazione degli animali di proprietà e tanto altro.

 

La banca dati regionale del DNA, si diceva. E’ prevista dopo 24 mesi dall’entrata in vigore della legge ed è forse la novità più rivoluzionaria, che dovrebbe far fronte agli abbandoni indiscriminati di cucciolate, permettendo di risalire al proprietario della cagna che le ha partorite: “I proprietari di cagne non sterilizzate, di età superiore ad un anno – si legge nel comma 3 dell’articolo 11 - procedono alla tipizzazione del DNA per la registrazione nella banca dati regionale”.

Insomma, chi ha una femmina adulta e non la vuole sterilizzare, dovrà versare all’Asp una somma “non superiore a 40 euro” per ciascun animale. Somme che poi verranno ripartite “nella misura del 90 per cento in favore dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale della Sicilia per la copertura dei costi variabili di tracciamento e del 10 per cento in favore delle aziende sanitarie provinciali”.

 

Sulla carta, una rivoluzione che si paga da sola, ma che è basata essenzialmente sul numero dei proprietari che decide di microchippare il proprio cane (pagando 20 euro) e di tipizzare il DNA per la propria cagna più grande di un anno e non sterilizzata (pagando 40 euro).

Qualche dubbio che queste misure possano davvero trovare applicazione in un contesto come la Sicilia è più che legittimo. Soprattutto perché, sin dalla prima legge quadro nazionale del 1991 in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, i controlli sono stati più che timidi.

A volte quasi tabù, come per i cani da gregge, con la conseguente proliferazione di randagi simil maremmani di cui la Sicilia è piena. Eppure un’intesa con i pastori, qualche comune era riuscita a trovarla: Castelvetrano, per esempio, tanti anni fa aveva fatto con la categoria una convenzione per la sterilizzazione gratuita dei loro cani. Un risultato che venne festeggiato dagli stessi pastori e da alcuni dipendenti del comune (assessore in testa) con una bella mangiata di pecora.

Peccato che nessuno di questi cani sia arrivato mai in canile per la sterilizzazione.

 

Ecco, dicevamo all’inizio che secondo Miccichè questa legge risolverà il problema dei cani abbandonati nell’isola. Forse si è dimenticato di dirci quando.

 

Egidio Morici