Dopo le elezioni: la resa dei conti nel Pd siciliano
Si è tenuta ieri pomeriggio a Palermo l’assemblea regionale del Pd, in tipica salsa dem la resa dei conti è arrivata subito, a chiedere le dimissioni del segretario regionale, Anthony Barbagallo, sono alcuni contrari alla sua area, da Carmelo Miceli a Antonio Rubino, da Antonello Cracolici a Teresa Piccione.
I mal di pancia sono tanti e non risparmiano le critiche anche per la scelta della candidata presidente, Caterina Chinnici, che è arrivata terza per voti percentuali e che ha fatto da libera, cioè civica, e non come donna di partito non essendo nemmeno tesserata al Pd, la campagna elettorale.
Barbagallo però è stato chiaro già all’avvio dei lavori: "Sono pronto ad assumermi la responsabilità delle scelte che ho fatto, non di quelle che non ho fatto e che non ho potuto in alcun modo impedire. Mi assumo ogni responsabilità politica ma non mi presto al gioco dei manovratori di palazzo, a chi piega l’interpretazione del dato elettorale ai suoi scopi privatissimi. Abbiamo perso le elezioni regionali, ma siamo la prima opposizione parlamentare, il Pd non ha ottenuto il risultato sperato, ma è vivo per cui non accetto che si parli del Pd siciliano come di un partito finito. Che lo facciano gli avvoltoi, esponenti di altri partiti che per sopravvivere vogliono erodere pezzi del nostro consenso, è lecito, che lo facciano esponenti del Pd per spirito di rivalsa o che lo facciano i fuoriusciti del Pd per legittimarsi oggi dopo avere corso contro il Pd, dopo avere brigato con gli avversari, dopo avere chiesto ai nostri iscritti di votare altre formazioni politiche, è insopportabile”.
Ha seguito da remoto i lavori Giuseppe Provenzano, attuale vice segretario nazionale, a cui vengono pure addebitate alcune sconfitte e la mancanza di coraggio nelle scelte delle candidature, Provenzano rilancia: “Si dovrà discuterà sulle nuove regole per ricostruire un nuovo partito, anche io sto proponendo di cambiare alcune regole. Adesso, dobbiamo scegliere una linea politica, perché la somma dei rancori non è linea politica, abbiamo bisogno di un percorso comune. Le divisioni sulle liste non erano politica. Creiamo un percorso nuovo, dove tutti ci dobbiamo mettere in discussione e aprirci all’allargamento ad altre realtà e al chiarimento politico”.
Barbagallo non si dimette ma dentro il partito ha degli oppositori a cominciare da Antonio Rubino il cui intervento non ha lasciato dubbi: "Caro Barbagallo non siamo un partito elettorale dove può esserci cittadinanza solo “se si hanno i voti” come hai sostenuto. Noi siamo un partito emozionale e in Sicilia non sono state tradite le candidature ma sono state tradite le emozioni di una collettività, che si è sentita confusa e smarrita senza un guida autorevole che la rassicurasse. Credo che tu ti debba dimettere come atto d’amore verso il Pd per favorire una stagione costituente anche in Sicilia dove l’esigenza è ancora più forte e urgente”.
Per Giuseppe Lupo si dovrà avviare la stagione dei congressi: “I congressi del Pd devono partire dai territori, entro l’anno quello del partito siciliano. Fare solo il congresso nazionale, senza aprire quello del partito in Sicilia, è come mettere un pò di cipria sulle macerie”.
Quasi dello stesso avviso Carmelo Miceli: “Sono molto deluso dalla relazione del segretario e dall’andamento della direzione, abbiamo mancato l’appuntamento con la storia, consentendo alla peggiore destra di sempre di mantenere il governo della Regione e di conquistare quello nazionale e lo abbiamo fatto per l’incapacità di offrire agli elettori, specie in Sicilia, una proposta politica chiara. La nostra è una comunità dilaniata, con circoli che chiudono giorno dopo giorno e segretari delle federazioni provinciali dimissionari. La disillusione tra i nostri iscritti sta dilagando. È per questo che credo che un congresso, fatto con regole e tempi certi, sia l’unica delle soluzioni ai nostri mali. L’unico argine alla deriva”.
Il Partito Democratico non è andato male su tutti i territori dell’Isola, in provincia di Trapani il risultato è degno di nota, lo ha anche voluto sottolineare con una nota stampa Domenico Venuti, segretario provinciale dem: “Il Partito democratico vive a livello nazionale e regionale un momento di difficoltà innegabile, ma in un quadro complicato ci sono comunque dei punti fermi dai quali ripartire: uno di questi è il buon risultato della provincia di Trapani, dove siamo il primo partito grazie a 24mila voti che valgono il 16,2%. Nonostante le difficoltà di contesto, il Pd trapanese ha tenuto e questo grazie all'impegno dei candidati e ai tanti cittadini che hanno compreso il nostro messaggio”.
Poi sulla sconfitta regionale ha aggiunto: “Non mi appassionano i profeti di sventura, né le tesi di chi vorrebbe addirittura un cambio di simbolo o di nome. Credo, invece, fermamente, nel modello che abbiamo portato avanti in provincia di Trapani: ascolto del territorio e vicinanza ai cittadini e ai loro problemi".
Venuti elenca poi i temi dai quali ripartire: "La crisi energetica sta acuendo le difficoltà delle fasce deboli e il Pd non può che ascoltare questo grido d'allarme che arriva dalle famiglie e dalle imprese, dalle grandi città come dai piccoli centri. Dobbiamo rilanciare la nostra proposta di difesa dei bisogni delle persone, dell'ambiente e dell'acqua pubblica, cercando di avvicinarci sempre di più alla realtà e ai problemi della nostra gente - aggiunge Venuti -. Questo è il metodo che conosco e nel quale confido, come amministratore e come rappresentante di una comunità politica che è chiamata a lavorare pancia a terra".