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25/03/2023 06:00:00

  La casa demolita a Mazara e l’arresto di Loretta. Ricostruiamo i fatti

E’ una storia che ha suscitato molto clamore, quella della casa di Mazara del Vallo occupata per 30 anni da chi si era impegnato a comprarla, e demolita pochi giorni prima l’esecuzione dello sfratto.


E’ una storia di prepotenza, ma anche con contorni complessi.
Al centro una casa, abusiva, costruita da un pescatore con i risparmi delle settimane trascorse in mare. Una casa che viene venduta, ma senza formalizzare il tutto, perchè, appunto totalmente abusiva. Negli anni successivi i proprietari hanno denunciato minacce, pagamenti mai avvenuti, e poi il clamoroso epilogo, il 13 marzo, giorno in cui la vicina chiama e avvisa: stanno demolendo tutti. Mancavano quattro giorni all’esecuzione dello sfratto, come disposto dal giudice.


Sul posto arrivano i proprietari, la famiglia Licatini, insieme ai Carabinieri, e trovano la casa rasa al suolo. Dentro c’è Carlo Antonio Loretta, che ha alle spalle diversi problemi con la giustizia, ed è ritenuto uomo vicino alla mafia. Loretta è sorvegliato speciale, e qualche anno fa, a lui e al fratello sono stati confiscati beni per 1,8 milioni.
Dopo aver demolito l’immobile Loretta viene arrestato dai carabinieri. Il gip ha convalidato l’arresto, ma non ha disposto nessuna misura cautelare. Nel frattempo i Licatini chiedono giustizia, che ciò che era loro gli venga risarcito.
Cerchiamo, allora, di ricostruire i fatti, basandosi su quanto raccolto dai carabinieri e dal giudice per le indagini preliminari.

Alberto Licatini, proprietario dell’immobile, a giugno 2022, va dai Carabinieri e “avendo paura per la propria incolumità” spiega che 20 anni prima aveva venduto con scrittura privata l’immobile al padre di Carlo Loretta. Trattativa che non andava a buon fine e che costringeva Licatini a rivolgersi all’autorità giudiziaria che disponeva la restituzione dell’immobile. Licatini ha denunciato che durante le fasi del processo civile avrebbe subito minacce di morte da parte di Loretta in quanto era “infastidito per l’attivazione delle procedure civilistiche”.
Il 12 febbraio Licatini fa un’altra denuncia nei confronti di Loretta, che, attraverso l’intermediazione di un altro uomo, “aveva nuovamente esercitato forti pressioni al fine di costringerlo a desistere nel rientrare in possesso del proprio immobile avanzandogli una misera proposta commerciale di appena 10-15 mila euro”. Pochi giorni dopo Licatini aggiunge alla denuncia che anche il figlio, mentre si trovava sul posto di lavoro, era stato nuovamente minacciato da due persone, per conto di Loretta. Si arriva al 13 marzo. Il giorno della demolizione. Licatini denuncia quanto avvenuto, cioè che Loretta stava demolendo casa. I carabinieri arrivano sul posto e trovano l’immobile oggetto del contenzioso totalmente raso al suolo con un escavatore già portato via da altri. Sul posto c’era Loretta, i figli e la moglie. I carabinieri appurano che già nei giorni precedenti Loretta stava preparando l’epilogo della vicenda: cioè aveva smontato infissi, svuotato casa dagli effetti personali. Vista “la particolare cornice delittuosa” in cui Loretta ha agito, e i suoi precedenti, i carabinieri dispongono l’arresto.

 

 

 

Loretta interrogato dal Gip ha ammesso di aver demolito l’immobile, e non poteva fare altrimenti, ma ha dato una versione diversa dei fatti che riguardano la vertenza con la famiglia Licatini e quindi i motivi che lo hanno portato a compiere un gesto ritenuto dal giudice “irragionevole” e “autolesionistico”.

Loretta spiega che il padre nel 1992 aveva sottoscritto una scrittura privata con Licatini per comprare il terreno e il fabbricato abusivo che vi era stato costruito, per 90 milioni di lire. Nella scrittura privata si specifica che il padre di Loretta aveva dato un assegno a Licatini di 90 milioni, come garanzia, che avrebbe coperto entro un anno. “In realtà il pagamento integrale era avvenuto nel corso di un decennio tramite acconti versati al Licatini da Carlo Loretta al quale il padre aveva nel frattempo concesso il terreno e il fabbricato”. Talvolta i pagamenti erano stati effettuati tramite i fratelli dei Licatini. Loretta entra in possesso dell’immobile e lo amplia, sempre abusivamente, e tenta invano di regolarizzare il tutto con l’ultima sanatoria. Benchè fosse convinto di avere estinto interamente il debito, ad agosto 2012, Loretta riceve un invito da parte della moglie di Licatini proprietaria dell’immobile al 50% a stipulare atto pubblico di vendita ed a corrispondere 4 mila euro a saldo di quanto dovuto. Stresso invito era stato inviato qualche mese dopo, oltre al pagamento delle spese legali. Non avendo ottemperato alla richiesta di pagamento, e all’obbligo di stipula del contratto, nel maggio 2015 Loretta riceve una raccomandata sottoscritta dal nuovo legale dei Licatini con la quale si premette che “il prezzo di vendita era stato corrisposto quasi interamente” e che si invitava a versare la “residua somma di 5 mila euro” e a stipulare l’atto pubblico. Gli immobili totalmente abusivi, e non sanabili, però non si possono vendere. Allora le parti si sarebbero accordati per consentire a Loretta, una volta corrisposto il residuo prezzo, di promuovere l’azione in giudizio per il riconoscimento del fondo per usucapione. Loretta viene poi arrestato nel 2016, nell’operazione antimafia Ermes 2.

 

 

 


Nel frattempo i Licatini avviano l’azione giudiziaria che si conclude con l’ordinanza di rilascio dell’immobile emessa nel febbraio 2022. Loretta esce dal carcere a giugno e tenta di convincere Licatini a recedere dalla pretesa di restituzione anche tramite l’intercessione di terzi soggetti, “ma senza mettere in atto alcuna minaccia, il Licatini a sua volta, oltre a denunciarlo, si era detto disponibile a rinunciare alla restituzione dietro pagamento della somma di 90 mila euro”.


Loretta si oppone all’ordinanza di rilascio dell’immobile, offre a Licatini 25 mila euro, “somma che viene rifiutata”. Loretta allora comunica alla polizia municipale l’esistenza dell’immobile completamente abusivo, nella speranza che gli venisse ordinato di demolirlo. Loretta ha cominciato a sgomberare l’immobile, e in prossimità della data dello sfratto, “ormai consapevole di non avere alcuna risorsa per impedire l’esecuzione del rilascio e non volendo cedere al Licatini un fabbricato che per buona parte aveva realizzato a sue spese, si era determinato a distruggere la parte da lui edificata in aggiunta a quella preesistente, ma durante la demolizione l’immobile è crollato interamente”.

Il giudice convalidando l’arresto di Loretta non dispone alcuna misura cautelare, e fa queste considerazioni che segnano un punto importante a favore di Loretta in questa vicenda: “appare verosimile che il gesto estremo del Loretta sia stato l’espressione ultima del senso di impotenza e scoramento di fronte al comportamento ‘irragionevole del Licatini (il cui debito si aggirava su poche migliaia di euro come risulta dai documenti in atti ) ed anche un gesto di ritorsione a fronte di una vicenda percepita - a torto o a ragione - come ingiusta”.