La sindrome del foglio bianco, il cursore in alto a sinistra che lampeggia speranzoso che qualche lettera prenda forma di pensiero, forse nemmeno quello. Il rispetto per chi mi concede questo spazio mi impone una pausa ad un quotidiano spesso così lontano da tutto e mi salva la musica: note arrangiamenti parole virtuosismi e voli altrove, rispetto a notizie che ti lasciano così basito mi verrebbe da dire.
Recupero un concerto dei Portishead del ’98 a NY ed è quello che serve per staccare l’ombra da terra (sempre più con difficoltà tra l’ennesimo naufragio con centinaia di dispersi e la periferia di Roma a Casal Palocco dove alcuni ragazzi a bordo di un suv centrano in pieno un’altra auto causando la morte di un bimbo di 5 anni e il ricovero di mamma e sorellina). Quest’ultima, storie miserande per video da caricare non so dove per like da acchiappare in rete e via alle analisi su come siamo finiti in questo buco nero.
Passai una notte in mare anni addietro, luna nuova ovvero buio pesto e qualche riflesso sul pelo dell’acqua e posso assicurare che inquieta parecchio; prua su gli ennesimi disperati che si lasciano alle spalle qualcosa di certo e sfidano la sorte per una vita diversa per una vita più giusta. Li ho visti salvati, fradici che puzzavano di carburante e morte e quegli occhi che ti restano dentro: donne bambini uomini, noi siamo la salvezza noi le mani a cui tendono per quel cambiamento. Quelli erano anni dove una certa politica ipotizzava blocchi navali, la storia sta raccontando altro e dopo trent’anni siamo ancora qui a fare bilaterali o mettete voi i lati per un confronto che è più un esercizio di stile a giudicare dai risultati.
Di come si continua a vivere
A fare le proprie cose
Cambiare l’acqua
Al pesce rosso
Mentre una bambina
Galleggia senza
Che nessuno
gli ha detto
Come fare il morto (Alessandra Carnaroli)
E sempre in queste giornate dei ragazzi che sfidano loro stessi in miserabili gare di durata (cinquanta ore al volante di un auto, tutto narrato e postato sui loro canali social The bordeline…), e la domanda è sempre la stessa: perché? Cosa porta questa degenerazione - che è nelle cose - a vivere così? Possibile che si viva tra l’utopia per un cambiamento a costo della vita e la distopia per noia o cosa? La cultura declinata nello sport, nelle arti, nella musica in tutto ciò che può renderci diversi e consapevoli, davvero è cosa per pochi? Quando si comprenderà che questa ci può dare consapevolezza saperi e poi capacità di scegliere?
La deriva: i primi per salvarsi, gli altri per eludere la noia con scosse di adrenalina alzando sempre più il tiro, per poi replicare: alzo zero si direbbe in artiglieria. Solo che questi il tiro non sanno aggiustarlo, inconsapevoli di cosa possa fare un suv da due tonnellate proseguono una corsa dove il capolinea arriva e lì ti segna per la vita. Noia? Incapacità di abitare il tempo dove tutto corre come quella macchina e tu cerchi di superarla in curva, quando forse è meglio rallentare e dare un senso al tutto? Cosa che rende tutto così complesso e chiaro come l’epilogo della tragedia: è copione scritto da secoli, la cavea gli spettatori la trilogia ma poi come nell’antica Grecia si chiude con Sofocle, mai con Aristofane.
La poesia, è un porto dove trovo pace a volte: sopra e qui alcuni versi di Alessandra Carnaroli, e la quiete non la trovo.
La smart che ci stava davanti
Non era una nostra follower
Teniamo due mollette appese
alle sopracciglia per 48 ore
Contiamo le persone stese
Chissà se c’è una challenge
Anche per gli schianti
Mettiamo più bambini nelle auto
Come tappi di spumante
Che saltano
Si chiude la settimana con mestizia, una estate che arranca e mi sento più ai tropici che nel mediterraneo, il concerto dei Portishead mi accompagna con le sue atmosfere sospese come il tempo che viviamo da un po’ .
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