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21/07/2023 06:00:00

Il carabiniere, Randazzo e Corona. Ecco il "mercato" del gossip sulla rete di Messina Denaro

 Il carabiniere che alimentava teorie complottistiche. Il politico che cercava un facile guadagno, ma è stato fregato. E l’ex re dei paparazzi che ad un certo punto si butta a capofitto sul fatto di cronaca diventato gossip dell’anno: l’arresto di Matteo Messina Denaro.

Si può sintetizzare così l’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari il maresciallo dei carabinieri di Mazara del Vallo, Luigi Pirollo, e il consigliere comunale (già candidato sindaco) di Fratelli d’Italia, Giorgio Randazzo. Indagato è invece Fabrizio Corona, l’ex re dei paparazzi.

Il carabiniere e il politico avrebbero tentato di vendere a Corona dei file coperti dal segreto istruttorio sulle indagini sulla cattura e la rete dei fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro.


L’ex super latitante è stato arrestato il 16 gennaio alla clinica La Maddalena, e da quel giorno sono iniziate a venir fuori notizie sulla sua latitanza allegra, alla luce del sole, come una persona qualunque. Era però l’uomo più ricercato d’Italia. Dalle indagini venne fuori che Messina Denaro era in contatto con tante donne. Da qui quelli che erano retroscena di una latitanza si sono trasformati in gossip.
In questo contesto si inserisce l’inchiesta che ieri ha portato all’arresto ai domiciliari dei due mazaresi e il coinvolgimento di Corona, che risulta indagato.

Un'inchiesta che scuote il mondo dell'arma e della politica. Giorgio Randazzo, meloniano consigliere comunale di Mazara del Vallo,è accusato di ricettazione in quanto sarebbe stato complice del carabiniere Luigi Pirollo, accusato di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d'ufficio. L'inchiesta, che vede indagato anche lo stesso Corona, è coordinata dal procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia e dall'aggiunto Paolo Guido, i pm che hanno seguito le indagini sulla cattura del boss di Castelvetrano.
Pirollo e Randazzo si conoscono da tempo, e quei file per entrambi avevano valore diverso. Per il maresciallo quei file avrebbero alimentato teorie complottistiche sulla cattura di Messina Denaro, per il consigliere comunale avevano un valore economico. C’è da dire che dall’indagine non emerge il “quantum”, cioè quale sarebbe stato il prezzo per i file.

 


I file riservati
Secondo quanto emerge il carabiniere, in servizio al N.O.R. della Compagnia di Mazara del Vallo si sarebbe introdotto illegalmente nel sistema informativo dell'arma e avrebbe estratto copia di oltre 700 file riservati sulla cattura di Messina Denaro, avvenuta il 16 gennaio scorso. I file poi li avrebbe consegnati a Randazzo, che avrebbe contattato Corona cercando di vendergli i documenti. Randazzo, su indicazione dello stesso Corona, si sarebbe rivolto a Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow, per vendergli il materiale. I carabinieri hanno anche perquisito la casa milanese del fotografo, che risulta indagato per ricettazione.

 


Corona e gli audio di Messina Denaro
Sono state proprio le intercettazioni disposte a carico di Corona a dare input all'inchiesta sul tentativo di vendere documenti riservati su Matteo Messina Denaro. Dopo la cattura dell'ex latitante, il fotografo venne in possesso di una serie di audio di chat tra il boss e alcune pazienti da lui conosciute in clinica durante la chemioterapia quando, ancora ricercato, usava l'identità del geometra Andrea Bonafede. La circostanza spinse gli inquirenti a mettere sotto controllo il telefono di Corona. In una delle conversazioni intercettate, che risale al 2 maggio scorso, il fotografo fece riferimento a uno "scoop pazzesco" di cui era in possesso un consigliere comunale, poi identificato in Randazzo, grazie a non meglio specificati carabinieri che avevano perquisito i covi del capomafia e che volevano vendersi il materiale. Nei giorni successivi Corona ha continuato a manifestare l'intenzione di rivendere il materiale che il consigliere gli avrebbe procurato. Il 25 maggio Pisto, Randazzo e il fotografo si sono incontrati. In quella occasione il giornalista di Mow, con uno stratagemma, è riuscito in segreto a fare copia dei file a lui mostrati e offerti dal politico. Visionatili e resosi conto della delicatezza del materiale si è rivolto a un collega che gli ha consigliato di parlare con la polizia.

 

 

La denuncia
Pisto, allora, è andato alla Mobile di Palermo e ha raccontato tutta la vicenda. Sulla base delle sue testimonianze gli investigatori hanno cominciato a indagare e hanno scoperto, attraverso indagini informatiche, che i documenti copiati dal giornalista ad insaputa del consigliere erano stati rubati e che l'autore del furto era Pirollo che aveva lasciato tracce del suo "ingresso" nel sistema e che era uno dei soli due ufficiali che avevano avuto accesso al server della Stazione di Campobello (l'altro carabiniere è risultato estraneo ai fatti). Continuando a indagare gli inquirenti hanno inoltre scoperto che il carabiniere aveva rapporti di frequentazione con il consigliere. Il tentativo di piazzare i file è stato così sventato e sono state chiarite a quel punto le parole di Corona intercettate a maggio.


Complotti e finti scoop
Un documento del Ros con la programmazione degli obiettivi da perquisire dopo l’arresto del capomafia. C'erano anche questi file riservati sulla cattura del boss Matteo Messina Denaro e«rubati» dagli archivi informatici dell’Arma dal carabiniere Luigi Pirollo, finito ai domiciliari questa mattina insieme al consigliere comunale di Mazara Giorgio Randazzo. Questi file sono stati offerti in vendita a Fabrizio Corona.
Nella versione del file trafugata dal militare, per un errore di trasmissione, non era indicato il covo di vicolo San Vito, di Campobello di Mazara, nel quale il boss ha trascorso l’ultimo periodo di latitanza, intestato al geometra Andrea Bonafede. Secondo gli inquirenti la circostanza è stata usata dal carabiniere e dal consigliere, per mettere su un finto giallo con al centro il presunto disegno degli investigatori di ritardare la perquisizione ufficiale della casa e occultare materiale scottante.
Il falso scoop è stata sventato dalla Dda di Palermo e dagli stessi carabinieri che hanno approfondito la vicenda accertando che, subito dopo l’arresto di Messina Denaro, i militari del Raggruppamento speciale hanno cominciato a perquisire, uno per uno, tutti gli immobili riconducibili a Bonafede. Alle operazioni assisteva peraltro il vero Andrea Bonafede. Al covo di vicolo San Vito, che era stato fin dal principio inserito nell’elenco stilato dal Ros, gli investigatori arrivano nel pomeriggio dopo aver ispezionato le altre proprietà. E solo entrando nell'abitazione con Bonafede si rendono conto che quello potrebbe essere stato l’ultima abitazione di Messina Denaro. Fatto che poi conferma lo stesso geometra.

 

 

 

La difesa di Corona
"Ho fatto il mio lavoro e mi sono comportato da cittadino onesto e corretto e nonostante tutto eccomi ancora qua in questa situazione".
E' il commento, affidato al suo legale Ivano Chiesa, di Fabrizio Corona.. Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow, ha chiarito l'avvocato Chiesa, "ha denunciato tutto e subito in accordo con Fabrizio Corona". "Ogni giorno è pieno di pazzi che gli propongono delle cose, che lui rifiuta, Corona fa soltanto il suo lavoro, cerca gli scoop, e ciò che mi amareggia è che quando c'è di mezzo Corona il diritto e la realtà vengono storpiati", ha affermato l'avvocato Chiesa, storico difensore dell'ex 're dei paparazzi', in affidamento terapeutico da tempo per scontare le condanne definitive.
Il legale ci tiene a sottolineare che la denuncia presentata da Pisto è stata fatta "in accordo con Corona". Lo stesso Corona, ha aggiunto, "me ne aveva parlato e gli ho detto 'denunciate subito'".