Tra obiettori e disinformazione. Ecco perché in Sicilia è quasi impossibile abortire
In Sicilia è impossibile abortire. L’isola è tra le regioni con il più alto tasso di medici obiettori di coscienza. E la pillola abortiva è praticamente introvabile. Con il rischio che chi vuole interrompere la gravidanza possa ricorrere addirittura a pratiche clandestine o andare all’estero, in paesi come la Tunisia.
Il 28 settembre si è celebrata in tutto il mondo la “Giornata Internazionale per l’Aborto Sicuro”: un diritto che in Italia è garantito dalla legge 194 del 1978, ma che spesso nella pratica si trasforma in una corsa a ostacoli e contro il tempo.
Nel nostro Paese, infatti, sebbene l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) sia una prestazione compresa nei LEA - ovvero nell’elenco di prestazioni e servizi essenziali che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini -, poco più della metà delle strutture ospedaliere la effettua, e la pillola abortiva (RU486) continua a essere considerata un farmaco rischioso, nonostante in Europa si utilizzi da oltre 30 anni e dal 2006 l’OMS la consideri un farmaco essenziale per la salute riproduttiva.
E’ quanto emerge dal rapporto “Aborto farmacologico in Italia: tra ritardi, opposizioni e linee guida internazionali” di Medici del Mondo, rete internazionale impegnata a garantire l’accesso alla salute, che evidenzia le ancora forti disuguaglianze nell’accesso alle pratiche abortive.
Uno dei problemi principali è che l’obiezione di coscienza non è regolamentata, non ci sono quote, e così in molte strutture sanitarie si registra il 100% dei medici obiettori, cioè che non acconsentono all’esecuzione dell’interruzione volontaria di gravidanza o della somministrazione della pillola abortiva.
L’aborto in Italia L’Italia è ancora molto in ritardo: la pillola abortiva è arrivata solo nel 2009 e negli anni sempre più persone l’hanno preferita al metodo chirurgico, passando dallo 0,7% nel 2010, al 20,8% nel 2018, fino al 31,9% nel 2020, con le percentuali più elevate registrate in Liguria (54,8%), Basilicata (52,5%) e Piemonte (51,6%). Numeri però ben lontani dagli altri Paesi europei: in Francia (dove la RU486 è stata introdotta già nel 1988) e in Inghilterra (nel 1990) gli aborti farmacologici sono oltre il 70% del totale (la percentuale supera il 90% nel Nord Europa), con la possibilità di somministrazione fino alla nona settimana di gravidanza e in regime di day hospital – possibilità che in Italia è stata introdotta solo nel 2020 con l’aggiornamento, da parte del Ministero della Salute, delle “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza”.
E’ (quasi) impossibile abortire in Sicilia La Sicilia è tra le regioni in cui è più difficile interrompere volontariamente la gravidanza. Solo 31 reparti di ostetricia e ginecologia effettuano IVG (interruzione volontaria di gravidanza) e la RU486 è disponibile solo in ospedale, i consultori sono sottodimensionati, i ginecologi obiettori sono l’81,6% (con picchi del 100% in 26 strutture) e interi territori risultano scoperti. Se a Catania l’IVG farmacologica non è disponibile in nessun ospedale e a Messina solo il Policlinico somministra la RU486, a Palermo all’Ospedale Cervello le IVG farmacologiche sono l’80% del totale e il Policlinico ha ridotto gli interventi chirurgici del 50-60%, con il 20% circa delle pazienti che arriva da Caltanissetta, Agrigento, Trapani e anche dalla Sicilia Orientale. A Messina, ad esempio, il Policlinico è l’unica struttura nell’intera provincia a somministrare la Ru486. E lo fa solo da qualche mese.
La disinformazione Una delle bufale più ricorrenti sulla pillola abortiva è che sia un veleno. Ovviamente non è vero, è un farmaco approvato e regolamentato da tutti gli enti competenti. Questo è solo un esempio della tanta disinformazione che c’è sul tema dell’aborto e della pillola abortiva. Tanta disinformazione c’è anche in Sicilia.
“La questione della disinformazione la solleviamo da molto tempo. Non è facile reperire informazioni ufficiali sulla possibilità stessa di fare un’IVG, sui metodi e sulle tempistiche. L’unica alternativa è chiamare gli ospedali o andarci direttamente e chiedere. Già questo, secondo noi, è il primo grosso problema, perché quando decidi di abortire è quasi sempre al limite del tempo possibile: prima devi accorgerti di essere incinta, poi iniziare a fare le prime visite per capire come devi muoverti e, soprattutto se non sei di Palermo e vieni da altre città, devi spostarti, perché non c’è un ospedale che fa IVG”, spiegano nel report le attiviste di Non Una di Meno, che hanno provato a mappare gli ospedali cittadini.
La questione dell’informazione è al centro anche dell’azione delle attiviste di “Non è un Veleno”, campagna nata da un gruppo di donne parte dell’associazione palermitana Maghweb, che si occupa di comunicazione sociale. Tutto parte da una serie di informazioni sbagliate diffuse dai comitati anti-aborto in cui si diceva che la pilloa fosse un veleno.
La poca informazione sull’aborto, il fatto che ci siano così tanti medici obiettori di coscienza, la difficoltà di accedere alle strutture sono tutti fattori che ostacolano il diritto delle donne di interrompere volontariamente una gravidanza. Il rischio è che in situazioni disperate si ricorra alle pratiche clandestine o, addirittura, ci sono storie di ragazze che partono per l’estero, per la Tunisia, ad esempio, per abortire. Il tutto in assoluta mancanza di sicurezza.
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