Iuventa. Dopo 7 anni la Procura di Trapani chiede l'archiviazione: "Salvare vite in mare non è reato"
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"Non costituisce reato salvare vite in mare"
"Salvare vite umane non è reato", dopo sette anni di processo è la stessa Procura di Trapani a chiedere al giudice di archiviare le accuse alla ong tedesca Iuventa accusata di favorire l'immigrazione clandestina.
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Dopo sette anni dall’inizio della vicenda giudiziaria, altrettanti di sequestro dell’imbarcazione e quasi due udienza preliminare, la Procura di Trapani ha chiesto al Gup il non luogo a procedere per tutti gli imputati perchè “il fatto non costituisce reato“. Si tratta dei membri dell’equipaggio della nave Iuventa, imbarcazione della ong tedesca “Jugend Rettet“, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È stato chiesto anche il dissequestro dell’imbarcazione e adesso si attende la decisione del giudice.
Il sequestro nel 2017 – La vicenda risale al 2017 quando la Procura di Trapani, che indagava sui salvataggi effettuati nelle acque del Canale di Sicilia da navi delle ong, chiese e ottenne il sequestro della Iuventa, una delle imbarcazioni dell’organizzazione tedesca, ipotizzando il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Gli inquirenti sostennero di aver accertato almeno tre casi in cui alcuni componenti dell’equipaggio della nave avevano avuto contatti con trafficanti di migranti libici e sarebbero intervenuti in operazioni di soccorso senza che i profughi fossero in reale situazione di pericolo. I migranti sarebbero stati trasbordati sulla nave della ong scortati dai libici. “Ci sono gravi indizi di colpevolezza”, disse l’allora procuratore Ambrogio Cartosio.
“Mancanza di credibilità dei principali testimoni” – Adesso, però, è la stessa Procura di Trapani a chiedere di non procedere. Il Ministero dell’Interno, che si era costituito parte civile, si è rimesso alla decisione del gup. In attesa della pronuncia del giudice, per le Organizzazioni non governative la richiesta della Procura rappresenta una vera e propria rivincita dopo anni di accuse, spesso cavalcate anche dalla politica. “Nella sua memoria, l’accusa ha ammesso la mancanza di credibilità dei principali testimoni e l’assenza di prove che dimostrino l’esistenza di un illecito da parte degli imputati”, scrive in una nota Iuventa: “L’accusa – viene aggiunto – ha osservato che l’udienza preliminare ha fornito ulteriori prove e informazioni rispetto a quelle precedentemente ottenute”.
“Non funziona così uno Stato di diritto” – “Siamo contenti che la procura abbia cambiato idea dopo 7 anni, ma non è così che funziona uno stato di diritto”, commenta Francesca Cancellaro, una dei legali della ong tedesca proprietaria della nave Iuventa: “Le accuse – aggiunge – dovrebbero essere formulate solo dopo un’indagine approfondita e la raccolta di tutte le prove disponibili. Iniziare un processo senza le dovute basi è ingiusto e comporta un onere indebito per gli imputati”. “Oggi il governo, che aveva di fatto chiesto un risarcimento danni ai soccorritori, ha lasciato la decisione al tribunale e ha abbandonato l’aula“, ha commentato l’altro legale, Nicola Canestrini.
“Anni di criminalizzazione della solidarietà” – “Mi sento sollevato e triste allo stesso tempo. Se la Procura avesse esaminato le prove fin dall’inizio, non sarebbe mai stata autorizzata a sequestrare la Iuventa e ci sarebbero stati risparmiati 7 anni di stress. Un occhio piange, l’altro ride”. Lo dice Dariush Beigui, ex membro dell’equipaggio della Iuventa. L’imbarcazione “non avrebbe mai dovuto essere confiscata e le persone non sarebbero dovute essere lasciate a morire. Ora il tribunale di Trapani ha l’opportunità di fermare il tossico effetto di questa criminalizzazione della solidarietà, una situazione che non avrebbe mai dovuto essere permessa”, ha commentato un altro imputato, Sascha Girke.
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