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30/06/2024 06:00:00

Una nuova narrazione per la Sicilia: cultura, contrasti e futuro

In questi giorni ho avuto il piacere di vivere un modo di fare cultura, coinvolgendo un territorio trasversalmente e partendo da una narrazione alta.

L’occasione i duecento anni della Duca di Salaparuta a Villa Cattolica al Museo Renato Guttuso a Bagheria, ma in verità coinvolte erano Solunto le Ville del territorio e i bagni di Cefalà Diana e tanto altro.


La scusa - e che scusa - un docufilm prodotto ad hoc e proposto alla visione di un pubblico “La teoria dei contrasti” per la regia di Carlo Loforti, una narrazione difforme e autentica, nulla di autoreferenziale ma in direzione ostinata e contraria raccontare un territorio ricchissimo di storia ma per troppo tempo lasciato a se stesso.
E che una azienda decida di uscire dal suo perimetro e incamminarsi lei per prima con un vettore quale un documentario ricco di testimonianze (Rosario Lentini, Alessandro Bazan, Arrigo Musti, Paolo Pintacuda, Michele Ducato, Nico Bonomolo, Ignazio Buttitta) è un segno importante: forse è il tempo di un cambio di passo.
La necessità di raccontare una delle cento Sicilie care a Bufalino e a sgombrare il campo, cito un amico e la quarta di copertina di un saggio pubblicato qualche anno addietro


«Non ne posso più di Verga, di Pirandello, di Tomasi di Lampedusa, di Sciascia. Non ne posso più di vinti; di uno, nessuno e centomila; di gattopardi; di uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà. E sono stanco di Godfather, prima e seconda parte, di Sedotta e abbandonata, di Divorzio all’italiana, di marescialli sudati e baroni in lino bianco. Non ne posso più della Sicilia. Non quella reale, ché ancora mi piace percorrerla con la stessa frenesia che afferrava Vincenzo Consolo ad ogni suo ritorno. Non ne posso più della Sicilia immaginaria, costruita e ricostruita dai libri, dai film, dalla fotografia in bianco e nero. Oggi c’è una Sicilia diversa. Basta solo raccontarla.»
Gaetano Savatteri _ Non c’è più la Sicilia di una volta Laterza edizione


La parola scritta, una sceneggiatura le tante testimonianze e un filo rosso che via via accompagnano la narrazione e quel filo si chiama amore per la propria terra in una tensione forte a guardare il futuro attraverso il presente.
Una smisurata preghiera (cit.) per affermare con forza che questo tempo ha la necessità di essere abitato da più soggetti coinvolti con la prua in un’unica direzione e dove una cantina sostiene si un Museo ma ha il bisogno della follia di una Villa animata da mostri irriverenti, dove sente la forza della storia di un Parco (Solunto) o dei Bagni arabi di Cefalà Diana in terra di Sicani ma tutto è coerente: millenni di storia in pochi chilometri quadrati.
E’ poesia autentica, la lucida follia di avere il coraggio di esporsi per andare oltre, contaminando la comunità circostante.
La storia offesa di una territorio la conosciamo è stancamente nota e non puoi farne leva ancora, non ti ascolta più nessuno.
Diverso agire con un coro di attori che viaggia a velocità diversa per sensibilità per pensieri e scartando di lato racconta, mi piace pensare che è finito quel tempo che racconta Faber



Recitando un rosario di ambizioni meschine
Di millenarie paure, di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla l'orribile varietà
Delle proprie superbie, la maggioranza sta

 

 


Siamo Isole nell’Isola e anche basta restare a difendere rendite di posizione oggettivamente indifendibili, la realtà la conosciamo e fuori da quella c’è quella Sicilia unica e meravigliosa che dobbiamo prendere per tramite di un racconto di una inchiesta di poesie quel territorio ampio che mai finirà di stupirci, onoriamolo. La passione non si trasmette per DNA - è sciocco solo pensarlo- facciamo perno su suggestioni e frequenze poco indagate e crediamoci; siamo terra di contrasti spesso letti al contrario.

Da laico mi hanno colpito alcune parole di Papa Francesco, e dall’enciclica “Fratelli tutti” del 2020 un breve passo

(224) “La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici
…La pratica della gentilezza non è un particolare secondario né un atteggiamento superficiale o borghese. Dal momento che presuppone stima e rispetto, quando si fa cultura in una società trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali, il modo di dibattere e di confrontare le idee”.

Il pronome Noi per provare a volare, ragionare da Isole ha mostrato limiti evidenti, l’indicazione è la gentilezza del fare senza machiavelliche strade.
Andare oltre sempre, questo è lo Zeitgeist che ci deve animare (spirito del tempo, rendiamo omaggio a Goethe che tanto ha raccontato di noi); la nostra Isola come parte del tutto e che possa raccontare altre storie: pensare globalmente agire localmente ma con parole nuove perché viviamo tempi connessi e guai a restare ancorati ad un drammatico passato.

Giuseppe Prode