
Messina Denaro: Laura Bonafede condannata a 11 anni e 4 mesi
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Il giudice per l’udienza preliminare di Palermo, Paolo Magro, ha condannato Laura Bonafede, l'insegnante di Campobello di Mazara e figlia del boss Leonardo Bonafede, a 11 anni e 4 mesi di carcere per associazione mafiosa. La sentenza ha segnato un nuovo capitolo nella lotta contro le collusioni che hanno permesso al boss mafioso Matteo Messina Denaro di sfuggire alla giustizia per molti anni. Bonafede era sentimentalmente legata a Messina Denaro, il che ha complicato la rete di protezione intorno al capomafia, sostenendo la sua latitanza.
Dall'accusa di favoreggiamento all’associazione mafiosa
L'inchiesta iniziale accusava Laura Bonafede di favoreggiamento nei confronti di Messina Denaro. Tuttavia, il quadro si è aggravato man mano che gli inquirenti hanno ricostruito i legami tra la donna e la rete mafiosa. La Procura ha infatti dimostrato come, per anni, Bonafede abbia vissuto insieme alla figlia con il boss latitante, fungendo da tramite per le sue comunicazioni con altri uomini d’onore. Questa vicinanza ha facilitato le operazioni di copertura della latitanza di Messina Denaro e ha portato all'elevazione dell’accusa al reato di associazione mafiosa.
Il processo e la sentenza
Il processo, celebrato con rito abbreviato – che prevede una riduzione di pena in cambio della rinuncia a un processo ordinario – ha portato alla condanna di Bonafede. Il giudice Magro ha riconosciuto la colpevolezza dell’imputata nel delitto di associazione mafiosa, assorbendo i reati minori che le erano stati contestati nei capi d’accusa successivi. È stata esclusa, tuttavia, l’aggravante prevista al comma 6 dell’articolo 416 bis del Codice Penale, che riguarda il coinvolgimento di membri di strutture pubbliche o l’uso della forza intimidatrice dell’organizzazione.
Le pene accessorie e il risarcimento
Oltre alla condanna a 11 anni e 4 mesi di reclusione, la sentenza prevede anche pene accessorie per Bonafede. L'insegnante è stata interdetta a vita dai pubblici uffici e dovrà sottostare a un regime di libertà vigilata per tre anni dopo aver scontato la pena. Sul fronte economico, la condanna include risarcimenti significativi alle parti civili coinvolte nel processo:
Comune di Castelvetrano e Comune di Campobello di Mazara: 25.000 euro ciascuno;
Ministero dell'Istruzione e del Merito e Regione Siciliana: 10.000 euro ciascuno;
Centro Studi Pio La Torre, Associazione Caponnetto, Associazione Antiracket e Antiusura di Trapani e Associazione Codici: 3.000 euro ciascuno, stabiliti in via equitativa.
La Bonafede è stata inoltre condannata al pagamento delle spese di costituzione sostenute dalle parti civili, quantificate in 3.100 euro, secondo le previsioni di legge.
La condanna di Laura Bonafede rappresenta un esempio emblematico del legame tra alcune parti della società civile e la mafia, soprattutto in territori come la Sicilia occidentale, dove il potere di Cosa Nostra è ancora percepito come radicato in diverse fasce della popolazione. Il suo ruolo di insegnante, un lavoro che implica responsabilità educative e civiche, ha accentuato l’impatto simbolico del caso, richiamando l’attenzione pubblica e delle istituzioni sulla necessità di estirpare connivenze simili.
La sentenza ha previsto 90 giorni per il deposito delle motivazioni, che chiariranno ulteriormente i dettagli della condotta della Bonafede e della sua relazione con Messina Denaro. La vicenda ribadisce come la lotta alla mafia richieda non solo la repressione diretta delle organizzazioni criminali, ma anche l’identificazione e la punizione delle persone che, consapevolmente, ne facilitano l’operato.

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