Questo scenario rappresenta un duro colpo per un territorio già segnato dalla siccità e dalla crisi idrica, aggravando le difficoltà di agricoltori e operatori economici.
Un territorio da anni martoriato, costretto ad affrontare calamità naturali, peronospora, siccità. Insomma, fare agricoltura oggi in Sicilia non è per niente facile. Lo sanno bene quei produttori che ogni mattina curano i propri terreni, ma vedono sempre più buio il tunnel. Con terreni che non solo rischiano di non essere produttivi ma che perdono tutto il loro valore. Significa dare anche spazio a chi vuole speculare, a chi ha interesse, ad esempio, a voler realizzare impianti eolici e fotovoltaici sui fianchi della valle del Belìce e che, come denunciano alcuni sindaci del territorio, stravolgerebbero il paesaggio. Nonostante gli annunci del governo regionale le misure promesse non sono ancora arrivate.
“Un fallimento annunciato” L’associazione "I Guardiani del Territorio" ha denunciato con forza questa decisione, definendola "una sconfitta politica e amministrativa". Già dal 2022 l’associazione aveva lanciato numerosi allarmi, sottolineando l’urgenza di interventi per salvare la diga e prevenire il collasso del sistema idrico.
A dicembre 2024, l’associazione aveva elaborato un documento dettagliato, che includeva soluzioni tecniche e gestionali per il pieno recupero della diga. Nonostante il riconoscimento da parte dei tecnici ministeriali, il documento è stato ignorato, lasciando spazio a una decisione che avrà conseguenze devastanti.
“La messa fuori esercizio della diga non è solo un disastro tecnico, ma anche una sconfitta per il nostro territorio, che paga il prezzo di anni di immobilismo istituzionale", dichiara il presidente dell’associazione. Tra le ripercussioni previste ci sono: gravi difficoltà per l’agricoltura locale, aumento dei costi per cittadini e imprese e un peggioramento della qualità della vita per migliaia di persone.
I sindacati: “Politica e burocrazia hanno fallito” Anche i sindacati Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil hanno espresso un giudizio severo sulla vicenda. In una nota congiunta, i segretari Giovanni Di Dia, Franco Nuccio e Leonardo Falco hanno sottolineato come l’inerzia della politica e della burocrazia abbia prodotto "un risultato osceno a discapito dell’agricoltura e del territorio trapanese".
Da anni, i sindacati chiedevano il collaudo della diga e interventi di ammodernamento per salvaguardare le acque piovane accumulate, fondamentali per l’irrigazione dei campi. "In questi lunghi anni abbiamo ricevuto solo silenzio. Ora la diga è chiusa e il futuro dell’agricoltura trapanese è a rischio. Le aziende agricole perderanno reddito, mentre numerosi posti di lavoro andranno persi", hanno dichiarato.
I sindacati chiedono un intervento urgente da parte dei deputati regionali del territorio, affinché difendano gli interessi dei cittadini e dell’agricoltura locale.
Le conseguenze per l’agricoltura La diga Trinità, con una capacità potenziale di 18 milioni di metri cubi d’acqua, avrebbe potuto rappresentare una risorsa strategica per un’agricoltura già messa a dura prova da anni di crisi idrica. La sua chiusura rischia di trasformarsi in un colpo durissimo per un settore che rappresenta una parte significativa dell’economia locale.
Le promesse della Regione Siciliana di salvaguardare le acque residue all’interno dell’invaso sono state definite "patetiche" dai sindacati, che temono che questa decisione possa segnare l’inizio di una crisi ancora più profonda per il territorio trapanese.
Nonostante le difficoltà, sia i “Guardiani del Territorio” che i sindacati si impegnano a continuare la loro battaglia per salvare il futuro agricolo del Belìce, chiedendo alle istituzioni risposte chiare e azioni concrete.
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