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24/11/2019 09:53:00

Sciascia 2019: "Quasi guardandosi in uno specchio"

 di Marco Marino


Accanto alla prima pagina del suo nuovo libro fotografico, «Leonardo Sciascia. Quasi guardandosi in uno specchio» (Salvatore Sciascia, 2019), Angelo Pitrone ha voluto riprodurre sotto un ritratto di profilo di Leonardo Sciascia, a guisa di epigrafe, una dedica a lui rivolta: «Ad Angelo Pitrone, autore di questa fotografia, il sottoscritto in quanto personaggio (Pirandello è vicino)». Pitrone ha offerto così al lettore la migliore chiave di lettura per addentrarsi all’interno di questo suo volume, originale ed eterogeneo, che finalmente concede all’autore dell’«Affaire Moro» la possibilità di recuperare un’occasione mancata, ovvero di potere interpretare un suo stesso “personaggio”.


Corre l’anno 1982 e la RAI rivolge a Sciascia un’insolita proposta: vogliono che scriva un’intervista impossibile a Napoleone Bonaparte e che sia proprio lui a vestire i panni del condottiero francese. Sciascia rifiuta, dice che non è il suo mestiere fare l’attore. Eppure la figura di Napoleone lo ha sempre molto affascinato e spesso gioca con l’avere di sé un’idea “napoleonica”.


Proviamo a osservare con attenzione la seconda foto del catalogo: Sciascia si appoggia a una sedia con la mano destra, la sinistra la tiene in tasca; in tenuta da lavoro, guarda dritto di fronte all'obiettivo, accennando una specie di sorriso. La foto è stata scattata nella sua casa di contrada Noce, nella campagna di Racalmuto, dove si ritirava per dare forma ai suoi romanzi. Se dopo questa attenta osservazione provassimo ad accostare la foto al ritratto di Jacques Louis David «Napoleone nel suo gabinetto di lavoro», scopriremmo presto lo scherzo di Sciascia. D’altronde, non furono in pochi a sottolineare che lo scrittore racalmutese avesse «un’idea eroica della ragione che, sebbene non ne esalti - anzi la escluda - la funzione pratica, è sufficiente a dirci quale debba essere il nostro posto di combattimento». Come un buon generale, appunto, figlio della Rivoluzione Francese.


Perché è vero quanto scrive Salvatore Ferlita nella sua illuminante introduzione, in questo album sciasciano «siamo in presenza dello Sciascia di cui Angelo Pitrone si è servito anche per mostrare la sua arte: un’arte che costringe colui il quale viene guardato dall'obiettivo a mettersi in posa, a trasformarsi in immagine». Ma per l’eretico di Racalmuto quel suo mettersi in posa è tutt’altro che un’azione passiva; è un modo per farsi personaggio di sé stesso e in quanto tale schernirsi e ironizzare sulle sue idee, sulla figura “eroica” che tutta l’Italia aveva costruito intorno a lui, sulla sua condizione di romitaggio illuminista. Sciascia si diverte e concedendosi all'obiettivo di Pitrone sconfessa la sua immagine granitica e silenziosa, come è capace di fare soltanto chi è riuscito a «dare esemplarità alla sua stessa irregolarità».


A rendere ancora più prezioso questo libro, concorrono alcuni ricordi di Nino De Vita che dell’autore di «Todo Modo» fu amico per più di vent’anni. Al profilo istantaneo incorniciato dalle fotografie, si affianca il profilo memoriale di De Vita composto da aneddoti intimi, rivelatori talvolta del vero volto di Leonardo Sciascia. Più efficaci di qualsiasi rassegna critica esegetica o filologica, infatti, sono le memorie dell’amico e suo compagno di strada. A cui il 19 aprile del 1989 confidò questo sogno:


«Ma sai, Nino, che strano sogno ho fatto questa notte. Eravamo io, tu e Ferdinando, a tavola, davanti a un piatto traboccante di minestra. Mangiavamo, coscienti che in mezzo alla minestra dovevano trovarsi dei pezzetti d’oro, tondi come monete. Un numero di sei, per l’esattezza. E il compito che avevamo era quello – mano a mano che, attenti, consumavamo il cibo – di trovarli. Finita la minestra notavamo però di averne trovati soltanto cinque. Concludevamo allora, stupiti, che uno di noi ne aveva inghiottito, di certo, un pezzetto. Chissà qual è il significato, e se ce l’ha, di questo sogno».


Glielo raccontò in aeroporto, aspettando l’imbarco per il suo volo. Da quel giorno sono passati trent’anni nei quali mai ci siamo stancati di ritornare sui sogni di Sciascia, sulle sue pagine, sulle tracce del suo sguardo che continua ad indirizzarci ancora verso il nostro futuro posto di combattimento.