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13/03/2023 06:00:00

Con quale faccia

Un mese e mezzo fa circa a Petrosino è accaduta una cosa singolare, e grave. Nella stessa notte quindici esercizi commerciali sono stati oggetti di uno tetro avvertimento: una bottiglia incendiaria, pronta ad esplodere.  Evento strano, ed enorme. Colpire quindici negozi a Petrosino è come colpirne cento a Marsala, in proporzione. E poi tutto in una notte, a pochi giorni dalla cattura di Messina Denaro. Strano davvero. Estorsione? Bravata? Che fare?

Ho pensato che magari allo Sportello antiracket, attivo a Trapani, avrebbero saputo cosa fare. E ho messo in contatto il bravo consulente legale dello Sportello, l'avvocato Valerio D'Antoni, con il Sindaco di Petrosino, Giacomo Anastasi. Ho saputo che l'incontro tra i due era stato proficuo, e che si sarebbe organizzata una riunione con i commercianti, per invitarli a fare rete e a non desistere dalla denuncia di intimidazioni legate a tentativi di estorsione. L'incontro poi si è fatto. Come redazione volevamo fare un'intervista a Sindaco, avvocato e commercianti, qualche giorno fa, per sostenere quel percorso virtuoso. Giusto la stessa mattina che stavo per chiamare gli ospiti, un consigliere a Petrosino è stato arrestato per voto di scambio politico - mafioso, e nella stessa indagine è coinvolto il presidente del consiglio comunale. 

E mi sono detto, con grande scoramento, ancora una volta: ma con quale faccia? Ovvero: con quale faccia uno continua, in questa terra, a chiedere alle persone di denunciare, di non voltarsi dall'altra parte, di fare fino in fondo il proprio dovere, quando poi dalle istituzioni arrivano storie come queste? Perchè un commerciante di Petrosino dovrebbe denunciare un'estorsione, se un consigliere della maggioranza compra i voti a dieci euro, se la seconda carica della città ha rapporti stretti con il capo decina della cosca locale? Ma davvero, con quale faccia?

Aggiungo anche una cosa: secondo me ci sono buone possibilità che le indagini sui due, Buffa e Caradonna, si risolveranno, dal punto di vista giudiziario, in un nulla di fatto, come già accaduto altre volte. Si, potrebbero essere assolti. Ma il punto è proprio questo: una società sana, una societa politica sana, non giudica in base alle ordinanze, o alle sentenze. Riesce ad arrivare prima. Ed è sempre il limite della lotta alla mafia: prima, noi, non ci arrivamo mai. Perché i politici, sui loro comportamenti, si auto assolvono, minimizzano. E non capiscono che non solo in questo modo rendono la mafia fortissima, ma negano davvero la speranza che questa terra cambi davvero. Chi fa politica non può essere in rapporti così intimi con un noto pregiudicato che fa raccolta di voti. Punto. Chi fa politica non può chiedere voti promettendo pacchi di pasta e posti di lavoro in cantina. Punto. E invece è quello che accade. A Petrosoino come altrove. Poi però si chiede ai cittadini di essere coraggiosi. Ma con quale faccia? 

E' un po' la stessa storia che abbiamo raccontato a Castelvetrano: la scuola che cambia nome, per omaggiare il piccolo Giuseppe Di Matteo, che è diretta dalla preside indagata per le truffe sulla legge 104. Anche qui: non è il punto giudiziario, che ci interessa. Ma il costume, il modo di pensare, e soprattutto il fatto che la dirigente non abbia sentito di fare una parola di chiarimento, di scuse, non so, magari è convinta che con l'intitolazione a Di Matteo tutto è condonato. Come altri presidi "raccomandati" che organizzano corsi per la "cittadinanza e la legalità". Come tante altre storie che raccontiamo ogni giorno. Perchè la tendenza è questa: la legalità vale quando ricorda gli eroi morti, quando riguarda le grandi storie, quando ci rende telegenici. E quando non riguarda noi. Detto in maniera inelegante ma efficace: la legalità è bella con il culo degli altri. 

Dal 16 Gennaio 2023, giorno in cui hanno arrestato Matteo Messina Denaro, vado ripetendo che adesso non ci sono più alibi. Non abbiamo più scuse. Le cose non cambiano se continuiamo la liturgia degli eroi.
Le cose non cambiano se deleghiamo la lotta alla mafia agli investigatori e ai giudici.
Le cose non cambiano se il lavoro c'è solo in cambio del voto.
Le cose non cambiano se non c'è una vera lotta alla povertà, che è prima di tutto una lotta per la libertà delle persone.
Le cose non cambiano se facciamo la gara a chi si dichiara più antimafioso degli altri.
Le cose non cambiano se pensiamo che tutti devono fare il loro dovere, tranne noi.

Le cose  cambiano se cambiamo noi. 

Giacomo Di Girolamo



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