Beni confiscati: Fini risponde al Presidente di Avviso Pubblico
14/12/2009 - « Il presidente Gianfranco Fini ha mostrato sensibilità alle nostre richieste. Tuttavia chiediamo un intervento concreto che blocchi l’emendamento di vendita dei beni confiscati ai mafiosi ».
E’ quanto afferma Pierpaolo Romani coordinatore nazionale di Avviso Pubblico che a Roma, in occasione dell’incontro con Libera e Cgil Cisl e Uil. « Qualità, diritti del lavoro e legalità sono strettamente connessi-continua- per questo vendere i beni confiscati ai mafiosi significa riportare nelle mani degli stessi la forza lavoro, rendere ricattabili i lavoratori.
La mafia ha ucciso imprenditori, sindacalisti e lavoratori. In Italia, ancora oggi, per lavoro non solo si vive ma si muore ancora troppo”. Oggi in Italia, secondo le statistiche Istat di settembre 2009, lavorano 23.203.000 persone, la maggior parte delle quale è impiegata nel settore dei servizi, mentre 1.841.000 sono in cerca di occupazione (un + 8,1% rispetto al terzo trimestre 2008). La distribuizione dell'occupazione non è omogenea su tutto il territorio nazionale.
Infatti, la percentuale di chi si è già inserito nel mondo del lavoro diminuisce notevolmente da Nord a Sud, passando dal 62,6% di occupati nell’Italia Nord-occidentale (2 persone su 3) a solo il 45% del Sud e al 44,6% delle Isole (2 persone su 5). In Lombardia è occupato il 65,1% della popolazione avente un'età compresa tra i 15-64 anni, mentre in Calabria soltanto 37,4% (oltre 15 punti percentuali inferiori alla media nazionale). Il Centro ed il Mezzogiorno presentano quote di lavoratori autonomi e parasubordinati più elevate rispetto al Nord.
Lo stesso governatore della Banca d’Italia Mario Draghi ha ricordato come nel secondo trimestre del 2009 l’occupazione nel Mezzogiorno è calata del 4,1% rispetto all’anno precedente, mentre per lo stesso arco temporale nel Centro Nord è scesa dello 0,6%. “Questi dati-continua Romani- ci obbligano a una riflessione: come è possibile liberare l'Italia e il Mezzogiorno dalle mafie quando in terre dove storicamente la criminalità organizzata è sorta è molto difficile trovare un lavoro e, quando lo si trova, in diversi casi, si tratta di lavoro precario?
La speranza di riscatto e di liberazione dalle mafie passa anche attraverso la scuola, un'istituzione che ha il compito non solo di aiutare i giovani ad imparare a scrivere, leggere e far di conto, ma altresì ad avere una coscienza, a maturare la capacità di saper leggere quanto accade intorno a loro e, quindi, a saper decidere da che parte stare”.
Secondo i dati Svimez, nel 2004, lasciavano il meridione il 25% dei laureati (1 su 5); nel 2007 la percentuale è salita al 38% (2 su 5).
Il tasso di disoccupazione tra i giovani di età compresa tra i 15-24 anni è del 16,5% al Nord e del 35,3% nel Mezzogiorno (Fonte Istat, 22 settembre 2009). “Al Sud, secondo quanto riferito dal Censis-conclude il coordinatore di Avviso Pubblico- ogni anno le mafie sottraggono 180 mila posti di lavoro regolare. Nella recente relazione finale dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria in tema di evasione fiscale, in Italia il valore della cosiddetta economia sommersa, dentro la quale rientra anche il ricorso a forme illegali di lavoro, oscilla annualmente tra i 230-250 miliardi di euro, con un'incidenza sul PIL nazionale del 16,1%. A questo si aggiunga il costo della corruzione che, secondo la Corte dei conti ammonta a 50 miliardi di euro l'anno e il costo del “pizzo” che, secondo la Fondazione Chinnici, nella sola Sicilia costa più di 1 miliardo di euro l'anno, l'1,3% del PIL regionale.
La mancanza di lavoro vero è uno dei costi sociali ed economici che l'Italia paga, non solo per la presenza della crisi economico-finanziaria, ma anche per la presenza delle mafie, di un clientelismo e di una illegalità diffuse. I dati parlano chiaro e spiegano l’importanza dell’uso sociale dei beni confiscati ai mafiosi e l’importanza di creare lavoro vero e legale”.
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