Al Cie di Trapani adesso protestano i poliziotti: "Siamo troppo pochi e la tensione è alta"
Già il 30 aprile sono sbarcati 100 egiziani a Mazara del Vallo, e a molti sembra solo un’anteprima di un’estate di nuove tensioni.
Portavoce del malcontento dei poliziotti è il sindacato Silp che ha proclamato lo stato di agitazione per un problema divenuto ormai atavico. “I colleghi - dice il segretario dell’organizzazione sindacale, Pietro Amodeo in servizio all’Ufficio immigrazione, al Cie e al Cara sono costretti a operare in condizioni al limite delle precarietà e all’insegna dei disagi. Siamo ormai al collasso”.
Al centro di c.da Milo, in servizio vi sono solo 15, o al massimo 25 agenti, mentre la struttura contiene 270 immigrati clandestini. “Poliziotti afferma Amodeo - che con cadenza quotidiana devono fronteggiare i tentativi di rivolta e di fuga”. Negli ultimi sei mesi dalla struttura si sono allontanati 204 ospiti. Stessa situazione al centro di accoglienza di Salinagrande. “È disarmante - rileva il segretario del Silp - constatare che conclamate esperienze nel settore immigrazione si siano tradotte solo in mere imposizioni e non in iniziative costruttive, dando quasi l’impressione di sottovalutare, volutamente, lo stato catastrofico in cui è costretto a operare il personale».
Questa estate, invece, i poliziotti avevano protestato per la Carenza di agenti di polizia all’ufficio immigrazione della Questura di Trapani”.
“L’immigrazione clandestina – ha dichiarato la segretaria generale della Cgil di Trapani Mimma Argurio – non può essere gestita da un ufficio immigrazione che conta solamente di 17 unità della Polizia di Stato che, con grandi sacrifici, sono costrette a svolgere una ingente mole di lavoro garantendo la propria presenza in Questura e nei presidi presenti nei centri Cie e Cara del territorio (Cie Kinisia, Cie Serraino Vulpitta, Cara Salinagrande)”.
Di recente il Corriere della Sera ha pubblicato un’inchiesta sui Cie, compreso quello di Trapani, denunciando pestaggi, armadietti delle infermerie pieni di psicofarmaci, ‘terapie’ a base di sedativi. E' questa la realtà che emerge dai Cie: “Teoricamente centri di identificazione e di espulsione, nei fatti funzionano come carceri per sans papiers, in cui si finisce senza avere commesso reati ma solo per un illecito amministrativo”
Dalla scorsa estate si può stare rinchiusi fino a un anno e mezzo soltanto per l’identificazione ai fini del rimpatrio. Questo rende gli ‘ospiti’ del centro dei reclusi a tutti gli effetti, dietro sbarre alte sette metri e filo spinato, sorvegliati 24 ore al giorno da militari e agenti.
Dentro i Cie finiscono anche minori stranieri soli. Accertata la minore età, i ragazzi vengono rilasciati ma intanto hanno vissuto per molti giorni l’esperienza della reclusione nel Cie, dove sono frequenti gli atti di autolesionismo e le rivolte finalizzate alla fuga, poi represse con la forza.
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