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07/06/2012 04:49:33

La "Pietra Campanedda" di Salemi inserita nel Registro delle Eredità Immateriali

A questo scopo la nostra Regione, per iniziativa dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali ed Ambientali e dell’Identità Siciliana ha istituito a suo tempo la  Commissione REI ( Registro Eredità Immateriali),  presieduta dal prof. Aurelio Rigoli, Direttore del Dipartimento Ethos, dell’Università di Palermo. Nella sua ultima riunione la Commissione ha esaminato la richiesta di iscrizione nel Registro dei Beni Immateriali, Libro dei Saperi, della “Pietra Campanedda di Salemi”.  Altri nel passato si erano cimentati nell’impresa, ma infruttuosamente. Stavolta l’iniziativa è andata a buon fine. Lo si deve soprattutto all’impostazione tecnico-culturale data alla richiesta. Ci hanno pensato nel produrre tutta la documentazione occorrente, per conto dell’Associazione Culturale “Archetipo”,  Irene Cavarretta e Mariella Barbera, entrambe architetti e appassionate per questo tipo di attività.Per aggirare  ogni tipo di ostacolo hanno giocato la carta di fare inserire la “Pietra Campanedda”  nel “libro dei saperi” . Il pregio di questa pietra è fuori discussione. Si tratta di un'arenaria fortemente cementata, quasi del tutto priva di venature o elementi di discontinuità. Si distingue anche per il colore naturale caldo e uniforme che spesso sfuma dal giallo chiaro al rosato. Tutto ciò però non sarebbe bastato per ottenere il prestigioso riconoscimento. In fondo sempre di un calcarenite si tratta. Ma il fatto che fosse stata largamente usata per murature portanti e apprezzata soprattutto per le strutture che richiedevano tecniche particolarmente raffinate come portali, cantonali, fregi e stemmi, non sarebbe bastato per ottenere il prestigioso riconoscimento. Collegando invece la dolce pietraalla sapienza delle maestranze locali che, nell’arco dei secoli, hanno saputo modellare la pietra con la stessa abilità  e fantasia con le quali vengono confezionati il “Pani di san Giuseppe” , si sono aperte le porte. Una sorta di chiave di volta, una sorta di uovo di Colombo, che le  due giovani architette hanno utilizzato per raggiungere il traguardo desiderato, mettendo in risalto che in fondo siamo in presenza di una medesima matrice culturale  che trova la sua sintesi nel patrimonio architettonico di Salemi, che non è esagerato definire unico e sorprendente.  Lo scrive Aurelio Pes nella motivazione ufficiale che ha indotto la commissione a valutare favorevolmente la richiesta: “In tutte le più antiche culture, la materia sembra trarre origine dal solidificarsi di originarie forme sonore. … Qui era insomma il suono ad assumere prevalentemente rilievo semantico, come risulta evidente dai prospetti Architettonici delle chiese medievali, o dalle zoologie fantastiche del barocco di Noto, Modica, Ragusa, dove invece l’incedere del vento e il crosciare della pioggia si trasformano in musica cosmologica, in sibili, fischi, ruggiti, che sembrano atteggiare i volti delle statue dei profeti a Saint – Denis, o le fauci spalancate degli esseri fantastici nella calcarenite Siciliana. A eventi del genere si riferisce con intatta forza primordiale la “pietra Campanedda” da sempre in uso nell’ars aedificatoria di Salemi”.

Dopo quello dato a “L’Opera dei Pupi”, a “Il ciclo del grano” nell’ennese, a “Il ciclo caseario” delle Madonie e a “Il ciclo del Marmo” di Custonaci, ci sembra che il riconoscimento finalmente assegnato, non tanto ad una pietra, ma da un sapere e ad una pratica umana legati all’artigianato sia stata una decisione giusta e che forse, se si ascolta bene, trova l’approvazione sibilante anche da parte di quelle pietre da sempre esposte al sole, alle piogge, ai venti.

 

Franco Lo Re