Il quadro che viene fuori dalle interviste che sono servite a comporre l’indagine e a sviluppare i dati finali, è quello di una maggioranza di siciliani che da tempo ormai ha fatto l’abitudine alla sofferenza economica, al ricorso a soluzioni d’emergenza per affrontare i continui pagamenti dei servizi di cui usufruiscono, ma anche di una larga fetta di popolazione che si è abbonata alla rinuncia.
Si rinuncia in Sicilia sempre più non solo all’abbigliamento, ma anche al cibo, per non dire della fuga da tutto ciò che è cultura. Il gruppo di persone intervistate, spiegano i responsabili dell’indagine non costituisce un campione rappresentativo della popolazione regionale siciliana, bensì fa riferimento a coloro i quali si sono rivolti alle strutture Acli nel periodo gennaio-giugno 2012.
Tanto per cominciare emerge dal dato finale che il 46,5% della popolazione intervistata è risultata disoccupata.
Tutti i siciliani intervistati confermano che spendono sempre meno, che sono costretti a risparmiare e ad acquistare prodotti a basso costo oltre a privarsi di quei beni voluttuari, per esempio cinema e teatro, quotidiani e riviste, rinnovo mobili e arredi, bevande e cibi costosi, in favore di una spesa stabilmente dedicata al soddisfacimento di bisogni primari, quelli riconducibili alle spese mediche, sanitarie e quelle destinate ai consumi energetici e di riscaldamento, le quali rimangono generalmente invariate.
Il 65,5% degli interrogati dichiara di aver fatto ricorso al sostegno economico offerto dai parenti o amici. In caso di difficoltà economica le famiglie intervistate
ricorrerebbero in parte ai servizi sociali pubblici erogati dal Comune di appartenenza (13,4%), ma soprattutto al privato organizzato optando tra associazioni di volontariato o di Promozione Sociale (38,2%) o parrocchie (Caritas) (42,5%). Soltanto il rimanente 5,9% sono coloro i quali sembrano non avere fiducia alcuna nei settori pubblico e privato.
L’altro dato notevole che si evidenzia è una particolare dipendenza dalla propria famiglia di origine. Chi riesce a restare dentro il nucleo familiare originario
lo fa, anche se, inevitabilmente, si finisce con il dovere stringere un po’ tutti la cinghia. L’82,5% degli intervistati ricorre all’acquisto di prodotti a basso costo in discount e che l’86% ha rinunciato negli ultimi sei mesi all’acquisto di una cosa che serviva. Si risparmia per cercare di pagare le bollette puntualmente: lo ha fatto il 57,5% degli intervistati, mentre una percentuale molto simile, il 57,8%, è costituita da chi ha pagato in ritardo qualcosa acquistata a rate.
Ma che cosa stanno tagliando i siciliani per effetto della crisi? L’89,5% bevande e cibi costosi, l’89 acquisto di libri, musica e film, l’87,6 cinema e teatro, l’87,5% pizzerie e ristoranti, l’87,1 acquisto auto, l’86,8 palestre, piscine, sport in genere, l’84,5 viaggi e vacanze, il 79,8 abbigliamento e calzature, ma impressiona soprattutto quel 78,2% che ha ridotto le spese per percorsi di studio e formazione. Nelle spese, invece, restano stabili le uscite per consumi energetici, medicine e visite sanitarie.