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20/09/2012 09:22:39

Trattativa, ammesso dalla Corte Costituzionale il conflitto Quirinale - Pm

La vicenda riguarda le conversazioni del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intercettato indirettamente al telefono con l'ex ministro dell'Interno ed ex vicepresidente del Csm Nicola Mancino, sottoposto a sorveglianza dai pm siciliani nell'ambito dell'indagine sulla trattativa Stato-mafia. Su Mancino pende una richiesta di rinvio a giudizio per falsa testimonianza. La Consulta ha deciso anche di ridurre i tempi previsti per l'esame nel merito del ricorso sollevato dal capo dello Stato, che verrà affrontato la seconda settimana di novembre.

Giudici relatori di questo primo passaggio, Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, entrambi di nomina parlamentare: il primo eletto su indicazione del centrosinistra, il secondo del centrodestra. Il giudizio sull'ammissibilità era dato per scontato, visto che oggi la Corte era chiamata a verificare se Quirinale e Procura sono poteri dello Stato. Via libera adesso all'esame nel merito, che avverrà prima del previsto, vista la delicatezza della materia.

"Non siamo sorpresi - commenta anche il procuratore di Palermo, Francesco Messineo -. La valutazione di ammissibilità è un passaggio processuale, serve a stabilire se ci sono i presupposti astratti del conflitto di attribuzione. Ma non ha nessuna incidenza su fondatezza dei contenuti, quindi sul ricorso".

"Andiamo avanti  nel nostro lavoro, nell'inchiesta e nel processo - aggiunge il pm Nino Di Matteo -. Siamo convinti di avere agito nel pieno rispetto della legge in vigore". I pm di Palermo adesso dovranno stabilire se difendersi da soli, come pure è teoricamente possibile, o se nominare gli avvocati costituzionalisti, ammessi a patrocinare davanti alla Consulta, con i quali sono già stati presi contatti nelle scorse settimane.

Al centro del ricorso presentato da Napolitano, la mancata distruzione delle telefonate registrate intercettando le conversazioni dell'ex ministro Mancino. Secondo l'avvocatura dello Stato, il comportamento dei pm di Palermo avrebbe leso le prerogative garantite al capo dello Stato dall'articolo 90 della Costituzione. La Procura di Palermo difende il proprio operato sostenendo che per procedere alla distruzione delle intercettazioni è necessaria, in base al Codice di procedura penale, un'apposita udienza davanti al gip.

"Ora la Corte Costituzionale potrà fare chiarezza sulla procedura da seguire" per la distruzione di intercettazioni indirette che coinvolgano il Capo dello Stato, commenta il presidente dell'Anm, Rodolfo Sabelli. "Un'ordinanza di ammissibilità di un ricorso per conflitto di attribuzione è molto diversa da una decisione nel merito - aggiunge il leader del sindacato delle toghe -. Come ho già osservato in passato, credo l'intera vicebda debba essere ricondotta nei limiti di un problema procedurale, e non letta come un conflitto in altri sensi".

"La stessa Procura di Palermo - sottolinea ancora Sabelli - ha rilevato che quelle intercettazioni sono penalmente irrilevanti, andrebbero comunque distrutte. Si discute se questo debba avvenire o meno dopo una Camera di Consiglio. Il tema della distruzione di intercettazioni è disciplinato dal Codice di procedura penale, in cui, però, non si parla delle intercettazioni indirette al Capo dello Stato".