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02/11/2012 07:35:59

Io sono il pane della vita

Giovanni, unico degli evangelisti a non riportare la narrazione dell’Ultima Cena, è anche quello che più degli altri riflette sul suo profondo significato.
Il discorso che Gesù pronuncia nella sinagoga di Cafarnao, di cui abbiamo appena letto un brano, costituisce, infatti, chiaramente un’intensa riflessione sul significato della Cena. Ma le parole di Gesù, racconta l’evangelista, risultarono inaccettabili per i suoi ascoltatori. Che cosa disse Gesù di così tanto grave da scandalizzare persino gran parte dei suoi discepoli, i quali alla fine lo abbandonarono e non tornarono più con lui?
Innanzi tutto dal suo discorso emerge il distacco di Gesù dalla tradizione dei padri d’Israele, cui consegue la descrizione di una figura di messia non corrispondente a quella dell’aspettativa popolare, tutta incentrata su un messia che avrebbe dovuto restaurare la monarchia, dominare i pagani e, soprattutto, avrebbe dovuto rispettare e imporre la legge.
Il suo discorso assume infatti ben altro tono. Presentandosi come “il pane vivo, disceso dal cielo”, Gesù rivendica la sua condizione divina, garantendo che l’adesione a lui è ciò che permette all’uomo di avere una vita di una qualità tale che è indistruttibile. E’ questa la vita eterna. Gesù, il figlio di Dio, si fa pane perché quanti lo accolgono e sono capaci di farsi pane per gli altri, diventino anch’essi figli di Dio. Ma coloro che seguono Gesù per ambizione, perché vogliono che Gesù diventi il re del popolo, non possono accettare di dover farsi dono come lui.
“E il pane che io darò è la mia carne” – Gesù adopera proprio il termine carne, che indica l’uomo nella sua debolezza – “per la vita del mondo”.
Quello che Gesù sta dicendo è molto importante: la vita di Dio non si dà al di fuori della realtà umana. Non ci può essere comunicazione dello Spirito dove non ci sia anche il dono della carne. Quindi il dono di Dio passa attraverso la carne, dice Gesù. L’aspetto terreno, debole, della sua vita.
Qui l’evangelista presenta una contrapposizione tra gli uomini della religione che si innalzano per incontrare Dio – un Dio che la religione ha reso lontano, inavvicinabile, inaccessibile – e, invece, un Dio che scende per incontrare l’uomo.
“Allora i Giudei”, termine col quale nell’evangelo di Giovanni si indicano le autorità religiose, “si misero a discutere aspramente tra loro dicendo: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”
Un Dio che, anziché pretendere lui i doni dagli uomini, si dona all’uomo fino ad arrivare a fondersi con lui, si fa alimento per lui. Questo è inaccettabile per le autorità religiose che basano tutto il loro potere sulla separazione tra Dio e gli uomini. Un Dio che vuole essere accolto dagli uomini e fondersi con loro, questo per gli uomini della religione non solo è intollerabile, ma è pericoloso. Ma Gesù risponde loro:
“«In verità, in verità io vi dico»” – tipica espressione di Gesù che precede le sue dichiarazioni solenni e importanti –  ossia, vi assicuro: “Se non mangiate la carne del figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”.
Qui Gesù si rifà all’immagine dell’agnello, l’agnello pasquale. Secondo il noto racconto biblico, la notte dell’Esodo Mosè aveva comandato agli ebrei di mangiare la carne dell’agnello perché avrebbe dato loro la forza di iniziare quel viaggio verso la liberazione e di aspergerne il sangue sugli stipiti delle porte perché li avrebbe protetti dall’azione dell’angelo della morte.
Gesù quindi si presenta come carne, alimento che dà la capacità di intraprendere il viaggio verso la piena libertà, il cui sangue, il cui spirito dà la vita.
Poi Gesù, qualora non fosse stata chiara la sua affermazione, ribadisce: “Chi mangia la mia carne”. Qui, però, il verbo adoperato dall’evangelista, trogo, è diverso dal precedente. Qui si tratta di un verbo onomatopeico, che rimanda al triturare, al masticare, e dunque all’assimilare. Gesù vuole dunque evitare che l’adesione a lui sia un’adesione ideale. Essa dev’essere concreta. Ecco perché dice “Chi assimila la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”. La vita eterna per Gesù non è un premio futuro per la buona condotta tenuta nel presente, ma la possibilità di una qualità di vita nel presente. Gesù non dice “avrà la vita eterna”. La vita eterna c’è già. Chi, come lui, fa della propria vita un dono d’amore per gli altri, ha una vita di una qualità tale che è indistruttibile.
“E io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. L’ultimo giorno non è la fine dei tempi. Giovanni non parla mai e neppure accenna nel suo evangelo a una fine del mondo. L’ultimo giorno, nell’evangelo di Giovanni, è il giorno della morte in cui Gesù, morendo, comunica il suo Spirito, elemento di vita che concede, a chi lo accoglie, una vita senza fine.
E Gesù conferma che la sua “carne è vero cibo e il suo sangue è la vera bevanda”. Con Gesù non ci sono regole esterne che l’uomo deve osservare, ma l’assimilazione di una vita nuova. Gesù ci presenta un Dio che comunica agli uomini la sua vita.
E Gesù continua a insistere: “Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”. Ecco la piena fusione di Gesù con gli uomini e degli uomini con Gesù. Quello di Gesù è un Dio che chiede di essere accolto per fondersi con gli uomini e dilatarne la capacità d’amore.
“Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che assimila…” – di nuovo Gesù insiste con questo verbo che indica non un’adesione teorica, ma reale e concreta – “… me, vivrà per me”.
Alla vita ricevuta da Dio corrisponde una vita comunicata ai fratelli. E, come il Padre ha mandato il figlio ad essere manifestazione visibile di un amore senza limiti, così quanti accolgono Gesù sono chiamati a manifestare un amore incondizionato.
E conclude Gesù: “Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono”.  All’esodo dall’Egitto Gesù contrappone il suo esodo che è destinato invece a realizzarsi pienamente.
E di nuovo Gesù insiste: “Chi mastica – quindi adesione piena e totale, non simbolica – questo pane vivrà per sempre”. Chi orienta la propria vita, con Gesù e come Gesù, a favore degli altri, ha già una vita che la morte non potrà interrompere.

Violairis - 30 ottobre 2012 www.chiesavaldesetrapani.com