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28/01/2013 17:59:47

La sana paura di Michela Buscemi

assassini dei suoi due fratelli, Salvatore e Rodolfo, e si trovò subito contro la sua famiglia che si
dissociò da quella “sciagurata” decisione, si trovò isolata nel quartiere e senza clienti nel bar che
gestiva con il marito.
Suo fratello Salvatore lo avevano strangolato ed era lì pronto per essere sciolto nell’acido, ma i
suoi carnefici si accorsero che l’acido non era sufficiente ed allora legarono il corpo ad un masso e
lo buttarono a mare. L’altro fratello, Rodolfo, stava facendo “troppe domande” sulla scomparsa del
fratello e allora fu tolto di mezzo anche lui.
Michela Buscemi avvertì l’isolamento della sua famiglia d’origine e di tutto il quartiere, ma
accolse la disponibilità della società civile che volle sostenere con una sottoscrizione le spese
processuali e allora ritenne di andare avanti.
La sera del 7 marzo, a meno di un mese dall’inizio del maxi processo, arrivò una telefonata in
cui si minacciava di morte suo figlio se non si fosse ritirata da parte civile.
Ne volle parlare con il marito, al quale non aveva raccontato di tutte le altre precedenti minacce,
ne parlò con le figlie e con i rappresentanti delle associazioni antimafia cui aveva aderito e decise di
ritirarsi dal processo.
Volle, però, dichiarare che non si sarebbe mai ritirata per minacce riferite alla sua persona,
rimarcando, in questo modo la matrice inequivocabilmente vile della violenza mafiosa che fa leva
sull’innato e mai perso senso di protezione di una madre sul proprio figlio.
Michela Buscemi ha continuato a testimoniare nelle scuole e nelle manifestazioni antimafia la
sua ferma condanna ed in ciò dimostrando a tutti di non considerarsi una sconfitta, ma una
irriducibile combattente che avrebbe, magari, perso una battaglia, ma che continua a lottare per
vincere una guerra.