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05/01/2014 07:00:00

Ricordando Don Andrea Parrinello - Il racconto di Salvatore Vaiarello

Anche per questa domenica il nostro portale vi propone l'appuntamento con il ricordo settimanale di Don Andrea Parrinello, il grande personaggio sportivo che dal dopoguerra fino agli anni 70 ha rappresentato il principale punto di riferimento per tutti i giovani marsalesi che si sono avvicinati al mondo del calcio, creando un vivaio di giovani calciatori che si sono affermati sia nei tornei giovanili che in molte squadre dilettanti e professioniste. Un comitato nato appositamente e formato da Salvatore Lo Grasso,
Emanuele Parisi, Totuccio Cardinale e Rino Bonomo, continua a ricordarlo con una raccolta di racconti e testimonianze che il nostro sito si è impegnato a pubblicare. Eccovi, dunque, anche per oggi, il nuovo:

Episodio raccontato da Salvatore Vaiarello, nato a Marsala il 18.02.1946. Ha giocato nell’Olimpia dal 1961 al 63.

Non mi ha incontrato per caso, il mio carissimo amico Totuccio, la mattina del 10 Agosto del 2013. E’ venuto proprio a cercarmi! Mi ha informato che, insieme con Salvatore Lo Grasso, Rino Bonomo e qualche altro volenteroso, ha intrapreso un ambizioso lavoro di ricerca: aneddoti, episodi particolari, fatti più e meno simpatici, avvenuti durante la nostra giovinezza e nel periodo che abbiamo trascorso insieme nella squadra di calcio dell’Olimpia, guidata dal Don Andrea Parrinello. Con particolare riferimento alle nostre personali impressioni su quest’uomo, che nella nostra città di Marsala era, dai più competenti, osannato ma da altri anche invidiato e addirittura odiato. Insomma simile ad un ossimoro! Io sto dalla parte di chi non può dirne male. Anzi tutt’altro! Come potrei tacere quelle diverse decine di volte in cui ci imbottiva di raccomandazioni? “Non andate di qua e di là” ci diceva! Quando Don Andrea pronunziava la frase “ di qua e di là”, e lo faceva spesso, voleva esattamente significare qualsiasi località, luogo, attrazione, richiamo o qualsiasi altra voglia di curiosità che si trovava appena appena fuori dal recinto della correttezza. Tutto ciò, insomma, che non era collocato in pieno centro della moralità, secondo lui, ara appunto “ di qua e di là” Poi, oltre alle raccomandazione, non ci faceva certo mancare i consigli. Sempre gli stessi: “non raccogliete provocazioni, diffidate di gente estranea che propone allettanti vantaggi o lauti facili guadagni, non cedete per nessuna ragione alla tentazione dell’alcool o alla curiosità del fumo”. Dentro o fuori dello stadio, in caso di vittoria, non esaltatevi e non umiliate l’avversario, In caso di sconfitta riconoscete il valore dell’avversario senza perdere o compromettere la vostra dignità. Ah! Dimenticavo quel consiglio che Don Andrea considerava più importante di ogni altro. “Se potete non uscite mai da soli, accompagnatevi sempre a qualche amico e soprattutto non litigate mai fra di voi”. Oggi, nell’era dei telefonini e degli SMS questi consigli non li danno più neanche i più tradizionali dei genitori. Farebbero arrossire di vergogna entrambe le generazioni. Sono queste ed altre le ragioni che mi impongono di schierarmi fra i sostenitori di Don Andrea. D’altra parte, in uno stato democratico, ogni cittadino ha il diritto di pensare come vuole e, secondo le sue convinzioni, sostenere chi gli pare. Una fredda mattina del mese di Febbraio del 1961, giornata di allenamento, Don Andrea, aveva disposto per me, uno dei soliti strani sistemi di allenamento. A circa venti metri dagli spogliatoi aveva fatto costruire un muro di tufi altro circa due metri e fatto piantare nel terreno un palo di legno alto circa tre metri a forma di una L rovesciata. Il muro serviva da bersaglio su cui noi dovevamo indirizzare la palla, colpendola con entrambi i piedi e, comunque sempre nel modo che lui pretendeva. Infatti, portando una mano davanti alla bocca, a forma d’imbuto, da qualunque distanza ci gridava “col collo del piede.” Al palo di legno, invece, era legato con una corda un pallone che, secondo la collocazione dell’altezza, noi dovevamo imparare a colpire e saper controllare con ogni parte del corpo. Come dicevo quel giorno io ero alle prese con il muro. Don Andrea era dentro gli spogliatoi, lustrava per bene le scarpe dopo averle pulite . Di tanto in tanto dagli spogliatoi proveniva una voce con il solito forte tono di richiamo e che ripeteva per due volte “u sinistru u sinistru” erano contestazioni indirizzate al sottoscritto che volevano chiaramente farmi sapere che, dal rumore che si liberava dal muro, sapeva perfettamente distinguere che io avevo calciato col piede destro e non con il sinistro, come mi aveva raccomandato lui. Quando ero negli spogliatoi, già lavato, vestito e stavo per andarmene, mi si è avvicinato e con un mezzo sorriso sulle labbra, che sapeva d’ironia, come solo lui sapeva fare, ha detto: caro salvatore, devi sapere che un bravo direttore d’orchestra quando dirige e avverte una stecca non ha bisogno di vedere con gli occhi l’elemento che l’ha provocata. Il suo orecchio ha ben distinto lo strumento e di conseguenza l’autore. Naturalmente non ho potuto fare altro che ingoiare il rospo e annuire con la testa, come ammettere che le sue frecciate erano tutte andate a segno. Del resto, Don Andrea, quella soddisfazione se l’era guadagnata. Era soltanto una delle tante lezioni di comportamento che spesso generosamente ci regalava.

Marsala, lì 13.08.2013
Salvatore Vaiarello