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19/01/2014 07:00:00

Don Andrea Parrinello: il racconto di Guglielmo Saladino. Il 22 gennaio messa ai Salesiani

Anche per questa domenica il nostro portale vi propone l'appuntamento con il ricordo settimanale di Don Andrea Parrinello, il grande personaggio sportivo che dal dopoguerra fino agli anni 70 ha rappresentato il principale punto di riferimento per tutti i giovani marsalesi che si sono avvicinati al mondo del calcio, creando un vivaio di giovani calciatori che si sono affermati sia nei tornei giovanili che in molte squadre dilettanti e professioniste. Un comitato nato appositamente e formato da Salvatore Lo Grasso,
Emanuele Parisi, Totuccio Cardinale e Rino Bonomo, continua a ricordarlo con una raccolta di racconti e testimonianze che il nostro sito si è impegnato a pubblicare. Eccovi, dunque, anche per oggi, il nuovo, subito dopo avervi ricordato che mercoledì 22 gennaio alle ore 10, ai Salesiani, in occasione dell’anniversario della scomparsa di Don Andrea, verrà celebrata una messa, cui poi seguirà, da parte dei suoi ex allievi, una visita al cimitero lilibetano, per onorarne davanti alla tomba, ulteriormente la memoria.
 

Episodio raccontato da Guglielmo Saladino, nato Marsala il 29.01.1958. Ha giocato nell’Olimpia dal 1973 al 1974.

Erano circa le ore undici del 20 Agosto del 2013. Passeggiavo in compagnia di alcuni amici andando su e giù per il corso principale della mia città, quando ho incontrato una persona di circa sessant’anni che, avvicinatasi al gruppo, ha salutato educatamente ed ha iniziato a discorrere con uno dei questi miei amici, dando la netta sensazione di continuare un discorso iniziato qualche giorno prima e che, evidentemente, era stato interrotto. Il mio amico, rivolgendosi al nuovo arrivato e indicando la mia persona, ha esclamato: “guarda che questo è il famoso Saladino Guglielmo, ha giocato nell’Olimpia, ha conosciuto Don Andrea e potrà raccontarti dei particolari che sicuramente potranno interessarti!” Poi sono avvenute le presentazioni; sono stato informato che anche questa persona, dieci anni prima, aveva giocato con l’Olimpia di Don Andrea. Era Totuccio Cardinale che il prossimo primo di Ottobre compirà sessantotto anni, quindi più di un sessantenne era un settantenne. Oggi, insieme con altri suoi coetanei, ha intrapreso un interessante lavoro che ha lo scopo di tracciare un profilo, più veritiero possibile, circa i grandi successi ottenuti dai ragazzi che hanno giocato nell’Olimpia e i meriti che gli sportivi marsalesi, dal 1950 al 1975, hanno riconosciuto, a Don Andrea Parrinello, che di quella squadra era stato il fondatore e l’anima. Attraverso le testimonianze dirette di quanti lo hanno conosciuto, apprezzato, stimato e voluto bene, è dunque possibile, afferma Cardinale, evitare che tutto finisca nel collettivo dimenticatoio. Mi ha raccontato della dolce malinconia provata presso lo studio di Salvatore Lo Grasso dove, insieme, hanno rivisto vecchie fotografie, ingiallite dal tempo, che ritraevano immagini di giovanetti felici e rivissuto brevemente momenti indimenticabili della loro ormai passata giovinezza. Dopo una breve pausa, con lo sguardo rivolto nel nulla come se pensasse ad alta voce, ha sussurrato “ quella magica emozione si prova soltanto quando, purtroppo, la giovinezza non la si ha più” Prima di cominciare a farmi delle domande si è complimentato adulando il mio fisico. Ha detto che secondo lui, ai tempi in cui giocavo, più che famoso, dovevo essere simile al Feroce Saladino e che, sempre secondo lui, dovevo essere stato un ottimo libero. Quella sua supposizione, ovviamente, mi ha fatto molto piacere! Gli raccontai che nel 1972, quando avevo quattordici anni, ho giocato con la Plo Pizzo e che nell’Olimpia sono andato l’anno successivo, quando c’è stata la fusione tra questa squadra e appunto l’Olimpia. Sono passati ormai tanti anni! Ma non abbastanza da farmi dimenticare la grande ammirazione che provavo per Don Andrea. Era una persona straordinaria. Le attenzioni che aveva per tutti i suoi ragazzi era esattamente la medesima di quella che può avere un buon padre per i propri figli. Ci insegnava a giocare al pallone certo, ed era anche molto esigente! Ma ci insegnava anche dell’altro, come per esempio l’educazione, la correttezza senza la quale non è possibile pretendere rispetto, e ancora l’amicizia sincera, l’impegno nel lavoro o nello studio che non poteva né doveva, in nessun caso, trovare una collocazione di secondo ordine, ma doveva sempre venire prima di tutto. Don Andrea aveva dentro di se qualcosa in più degli altri dirigenti che in altre squadre si occupavano di formare i giovani al gioco del calcio. Faceva in modo che i ragazzi, titolari e non, formassero un gruppo di amici più affiatato possibile. A tal fine predicava sempre la medesima nenia “ evitate in genere di litigare specialmente fra di voi, fingetevi sordi quando vi pioveranno addosso provocazioni, lo faranno apposta per farvi saltare i nervi”. Il termine spogliatoio oggi tanto usato, soprattutto nelle squadre blasonate, Don Andrea lo aveva già coniato e messo in pratica negli anni cinquanta. Riguardo poi ai vari sistemi di allenamento ne conosceva un’infinità. Oltre a quelli generali, uguali per tutti quanti, ci faceva eseguire quelli personali che, ovviamente, erano diversi e variavano a seconda dei ruoli. Questo particolare allenamento ce lo faceva fare solo quando non c’era gente estranea che curiosava. Lui diceva il nemico osserva!. Il nuovo locale, che da poco tempo era stato assegnato all’Olimpia, aveva bisogno di alcuni lavori di ordinaria manutenzione. Don Andrea ha proposto di far eseguire a noi stessi i necessari lavori così avrebbe dato a noi ragazzi i soldi che avrebbe risparmiato. Il compenso che, lavorando in armonia, ci siamo guadagnati lo abbiamo consumato tutto dal Sig. Bornice che gestiva il bar dello stadio. Era l’anno 1974, Don Andrea cominciava, sempre più frequentemente, a dare sintomi di stanchezza, per via dei dolori reumatici stava a letto più a lungo del solito, insomma il suo male, purtroppo, avanzava inesorabilmente. Tuttavia era sufficientemente attivo, credeva o almeno sperava che, come decine di altre volte, i dolori sarebbero finiti e lui sarebbe tornato in forze. Purtroppo non è stato così. Desidero soffermarmi brevemente sull’importanza del cosiddetto spogliatoio. Don Andrea, come dicevo prima, ci raccomandava sempre di stare insieme e per saldare al massimo l’amicizia tra noi ragazzi spesse volte, quando terminavano gli allenamenti, prima che andassimo via si presentava con una pentola piena di patate che aveva bollito per noi. Sapeva che le gradivamo tantissimo. Mangiavamo quelle patate come se fossero dei dolci. Nell’aria si sprigionava in’incredibile allegria. Lui ci osservava compiaciuto e sorridente. Incredibile come quelle patate offerte da quell’uomo avevano il potere di renderci felici. Erano solo delle patate!... Ma erano davvero soltanto patate?


Marsala, lì 04.09.2013


Guglielmo Saladino