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31/03/2014 15:05:00

La donna col colibrì.Frida Kahlo alle Scuderie del Quirinale dal 20 marzo al 31 agosto

Una donna passionale, decisa e indipendente. Uno spirito libero che non si poneva limiti, che non conosceva barriere né fisiche – per quanto possibile, nonostante i suoi notevoli problemi di salute – né culturali.

Ecco perché i ritratti di una ragazza che si rappresenta bruttina, scura e incupita, sguardo determinato e fiero, hanno fatto il giro del mondo. E quelle sopracciglia folte e nere sono diventate l’emblema della forza e dell’energia femminile.

Le disegna sempre unite, a ricordare le ali di un uccello, perché richiamano il colibrì, animaletto dal corpo piccolo ma molto armonioso, dai colori vivaci come l’arcobaleno, adorato già dagli aztechi. Nella tradizione sudamericana rappresenta la gioia, l’amore, la vitalità, la resurrezione. Il colibrì, inoltre, è conosciuto per le sue acrobazie in volo, per questo Frida lo amava e scriveva: “A che mi servono i piedi se ho ali per volare”, per sottolineare la volontà di ergersi al di sopra di ogni costrizione, di ogni schema mentale.

L’Autoritratto con collana di spine e colibrì (1940) denota una pittura fortemente espressiva, intensa e coinvolgente. Gli occhi lucidi e le piccole gocce di sangue tra gli aculei sono i segni del dolore dell’esistenza – Frida, già affetta da spina bifida, fu vittima di un terribile incidente che le lacerò il corpo – ma lo sguardo potente e l’aspetto impettito sono la volontà e il coraggio di chi ha vissuto pienamente l’esistenza umana. In questa immagine si concentrano la rabbia e la tenacia, la sofferenza e la speranza, i legami con la terra (arbusti e foglie) e la leggerezza di farfalle verso il cielo, il bianco e il nero ...il riassunto della vita stessa.

Frida Kahlo, nata in Messico nel 1907, era profondamente legata alle sue radici e al folclore della sua terra. In molti ritratti indossa un rebozo colorato, pettinatura e monili tipici messicani. Costretta a lunghi periodi di riposo, passava parecchio tempo da sola, per questo motivo produsse spasmodicamente autoritratti, in diversi stili (dal collo lungo ispirandosi a Modigliani, da Tehuana nei costumi sudamericani, squarciata in due e “riparata” da fasce bianche, con le amate scimmie che teneva nel giardino di casa) ma sempre con la stessa fermezza in volto, sguardo dritto verso lo spettatore, come una donna alla quale la sofferenza ha insegnato la forza, anziché la debolezza.

Intraprendente e risoluta, Frida portava avanti un impegno politico ben preciso, era iscritta al Partito Comunista Messicano e partecipava attivamente alle manifestazioni e alla lotta per l’indipendenza. Fu introdotta in questi ambienti dal famoso pittore Diego Rivera al quale aveva mostrato le sue opere e che divenne ben presto suo marito. Ciò le diede modo di frequentare intellettuali impegnati come ad esempio la fotografa militante Tina Modotti.

Dalla tradizione sudamericana, l’artista riprende, nei suoi quadri, il dualismo sole - luna che, come maschile e femminile, come yin e yang, rappresentano l’unità realizzata nel perfetto equilibrio di due opposti.

Nell' Amoroso abbraccio dell'universo (1949) c’è la dolcezza di un amore cosmico, completo, protettivo, che tutto racchiude. Un tocco più delicato, in opposizione alle rigide pennellate degli autoritratti, un desiderio di maternità e un afflato di tenerezza nel prendere in braccio il suo sposo, così come il cucciolo si raggomitola nell’abbraccio di madre natura. E ancora nel Mosè o nucleo solare (1945), un bimbo sereno – appena uscito dall’apparato riproduttivo femminile – circondato dagli elementi della natura, sotto gocce di pioggia (o lacrime per il desiderio di maternità mai realizzato?) e un insieme di personaggi (dagli aztechi, ai faraoni, alla Madonna, al Cristo, a Gandhi e tantissimi altri). E anche qui la vita e la morte (negli scheletri sparsi), la terra e il cielo, i santi e i diavoli, e ai lati dita di enormi mani che cingono tutto quanto.

Interessantissimi, qui alle Scuderie, i confronti con gli artisti a lei contemporanei. Il sognatore poetico di De Chirico (1937) è la base per L’ Autoritratto con treccia (1941) della Kahlo e un disegno a matita di Roland Penrose (1937) è fonte di ispirazione per l’ Autoritratto con collana di spine e colibrì (1940).

L'originalità della mostra è la straordinaria varietà di materiali: sono 160 le opere qui esposte tra fotografie, quadri di Diego Rivera e di altri artisti, persino il corsetto ortopedico di Frida, da lei decorato. E ancora la serie di disegni Le emozioni (1949-50) in cui rappresenta i suoi stati d’animo – inquietudine, paura, amore, ecc. – che un’amica psicologa le suggerì di mettere su carta.

Un’artista che difende la tradizione e, al contempo, riesce ad essere innovativa estrosa, a riassumere i movimenti culturali a lei contemporanei; nella sua pittura si ritrovano tratti surrealisti ed elementi di realismo magico. In realtà la Kahlo non volle mai uniformarsi ad un preciso movimento artistico. La sua formazione non era per nulla accademica (cominciò a dipingere quando fu costretta all’immobilità) e il suo intento primario era quello di portare l’arte al popolo, alle grandi masse.

Per le sue qualità artistiche e, ancor di più, per tutto ciò che ha rappresentato, Frida è diventata l’icona del movimento femminista; Vogue America le dedica una copertina già nel 1937, è la prima donna latino-americana a comparire su un francobollo (2001) e a lei sono stati dedicati numerosi film.

“Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai più”, aveva scritto, sottovalutandosi. Ritorna, invece, e colpisce profondamente lo spettatore, l’esperienza di questa piccola eroina dalla grande forza di volontà. Ci insegna a vivere fino in fondo, a prendere tutto quello che il destino ci offre e ad affrontarlo a testa alta, come una sfida continua, nella certezza che dopo un colore acceso ne verrà uno più tenue, in una continua alternanza di emozioni e sentimenti.

 

Sabrina Sciabica