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23/04/2015 06:15:00

Sospeso procedimento per omicidio colposo per l’operaio morto alle Cantine Mothia

Uno stop di sei mesi è stato deciso dal gup Vito Marcello Saladino nel procedimento che vede imputato, per omicidio colposo, il 76enne imprenditore marsalese Francesco Bonomo, titolare delle Cantine Mothia, dove il 22 luglio 2012 si verificò un incidente mortale sul lavoro. A perdere la vita fu il 34enne operaio marocchino Youssef Mortada. A chiedere la sospensione del procedimento era stato l’avvocato difensore Carlo Ferracane, secondo il quale le precarie condizioni di salute non consentono all’imputato di partecipare coscientemente alle udienze. E per verificarlo, in gennaio, il giudice dell’udienza preliminare Saladino aveva nominato lo psichiatra Gaetano Gurgone. Adesso, è stata dunque accolta la tesi della difesa, che aveva presentato certificazioni mediche per dimostrare la precarietà delle condizioni psico-fisiche del Bonomo. Certificazioni esaminate da Gurgone, che poi ha sottoposto a visita l’imputato. L’operaio marocchino morì, per asfissia, mentre puliva una cisterna interrata. Per Bonomo la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. A sostenere l’accusa è il pm Antonella Trainito. L’operaio morì a causa delle esalazioni di idrogeno solforato mentre puliva la cisterna, uno spazio di 4 metri per 5,80 e 3 di profondità con una piccola apertura in alto di appena 60 centimetri per 60. Youssef Mortada non aveva un contratto di lavoro con la cantina, ma secondo l’accusa Bonono era comunque il suo datore di lavoro e con il nordafricano avrebbe concordato l’intervento di pulizia della cisterna. Interventi sempre piuttosto pericolosi se non si attuano tutte le misure di sicurezza del caso. Non è la prima volta, infatti, che operai perdono la vita dentro cisterne di cantine vinicole. A svolgere le indagini sul mortale incidente sul lavoro avvenuto alle Cantine Mothia sono stati i carabinieri, secondo i quali l’operaio stava lavorando senza i necessari dispositivi di protezione. All’amministratore della cantina, quindi, la Procura contesta la violazione delle norme di sicurezza e della salute dei lavoratori. E inoltre la mancata vigilanza sull’attività svolta dall’operaio, non informato e formato, sempre secondo l’accusa, sui rischi cui andava incontro. Secondo il pm, inoltre, Bonomo non avrebbe neanche nominato il medico competente per effettuare la sorveglianza sanitaria sui lavoratori e non avrebbe messo a disposizione del lavoratore la lampada a tenuta stagna e anti-esplosione. Intanto, davanti al gup Saladino, i familiari di Youssef Mortada (dieci, tra genitori, fratelli e sorelle) si sono costituiti parte civile. Il loro legale è l’avvocato Tommaso Picciotto. L’operaio deceduto si doveva sposare tre mesi dopo il tragico incidente. Secondo alcuni parenti, lavorava per la cantina Mothia da circa quattro anni, a giorni alterni, facendo i doppi turni durante la vendemmia. “La paga era di 30 euro al giorno” raccontarono alcuni suoi amici accorsi sul luogo della tragedia, mentre un cugino dichiarò: “Questi lavori non si fanno fare ad una persona sola. Anche a me capita di pulire le cisterne, ma il nostro titolare ci fa scendere sempre in squadre di tre. Uno pulisce mentre gli altri lo reggono con le imbragature e lo controllano a vista. Per alcuni lavori particolari abbiamo anche dei caschi speciali collegati ad un impianto di respirazione. Costa tanti soldi ma almeno lavoriamo in sicurezza”. Non si fece attendere la dichiarazione dell’imprenditore finito sotto accusa. “Yousseb Mortaba – si difese Barraco - era un lavoratore autonomo. Mai nessun ordine di ispezionare il pozzetto. E’ deceduto verosimilmente a causa di assenza di ossigeno, non di esalazioni di gas, non era un operaio della cantina, né aveva mai ricevuto alcun ordine di ispezionare il pozzetto, peraltro inutilizzato da molto tempo, non avendone tra l'altro nessuna competenza a farlo, essendoci in cantina, invece, un operaio appositamente addetto a quella mansione. Mortaba era in possesso della cittadinanza italiana e di partita Iva. Saltuariamente, in passato si era dedicato allo spazzamento esterno della struttura e mai ha intrattenuto rapporto di lavoro subordinato presso la cantina, anche perché egli aveva sempre sostenuto di svolgere il lavoro di venditore ambulante. La disgrazia è probabilmente avvenuta perché dal pozzetto usciva un cattivo odore che lo avrebbe attirato. Siamo affranti per la perdita di un giovane generoso e onesto. Siamo a completa disposizione della magistratura e degli organi inquirenti per collaborare e contribuire alla verifica puntuale dei fatti”.