Quantcast
×
 
 
09/01/2017 06:30:00

Chi era Lorenzo Cimarosa, il primo pentito della famiglia Messina Denaro

La morte di Lorenzo Cimarosa, il primo pentito della famiglia Messina Denaro (era sposato con una cugina del boss), sembra lasciare in sospeso molti punti ancora oscuri sul sistema che gira attorno al superboss di Castelvetrano. A 56 anni, è morto nella sua casa, dove era agli arresti domiciliari per via dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute.
Tutte le dichiarazioni che aveva fatto finora sono state quasi sempre riscontrate
, come quelle che recentemente hanno riguardato l’imprenditore Saro Firenze nell’operazione antimafia “Ebano”.

Una figura difficile da delineare quella di Lorenzo Cimarosa, arrestato nell’operazione antimafia “Eden” del dicembre 2013, una delle tante collegate all’ormai infinita caccia a Matteo Messina Denaro. Una caccia che dura dal 1993, con “il cerchio che si stringe” e “la terra bruciata” che gli si fa intorno, anno dopo anno. Oggi quel cerchio è diventato un puntino e di terra da bruciare non ce n’è quasi più.
Ecco, ironia della sorte, proprio “Terra bruciata” era il nome di un’altra operazione antimafia del 1998, dove Cimarosa era stato coinvolto insieme ad altri parenti del boss. Un’operazione che aveva riguardato due organizzazioni criminali collegate a cosa nostra, con compiti diversi: l’una controllava le attività estrattive delle cave di sabbia fra Castelvetrano e Campobello di Mazara, e l'altra si dedicava alle estorsioni vecchio stile, con attentati incendiari nei confronti dei trasgressori.
Recentemente, il cugino acquisito del superboss aveva fatto una dichiarazione spontanea: “Io ho commesso un grande errore nel 1998 quando, chiamato a rispondere, ho coperto i reali autori di un attentato incendiario assumendomene le colpe. Con quel gesto ho lasciato intendere a questi personaggi che, essendo disposto a coprirli in un’occasione, avrei potuto farlo per sempre. Io non ho deciso – aveva aggiunto Cimarosa - di collaborare per avere dei favori, voglio pagare i miei errori, e li pagherò”.
Una feroce malattia non gli ha permesso di scontare la condanna a 5 anni e 4 mesi relativa al processo Eden. E' morto nella città dove, come lui stesso ha detto in una delle sue dichiarazioni,  “tutto gira intorno ai Messina Denaro”, dopo aver rifiutato la possibilità di un programma di protezione per sé e la sua famiglia in una località segreta.

Il ruolo di Cimarosa in questi anni non è stato sempre facile da comprendere. Il suo prezioso apporto nella comprensione delle ultime dinamiche della famiglia Messina Denaro e del rapporto con l’imprenditoria e gli appalti, è stato forse un po’ adombrato da equivoci di natura terminologica sull’aspetto formale del suo contributo.
Nel 2013 infatti, dopo l’arresto, aveva cominciato a rispondere alle domande dei magistrati,
tenendo però a precisare di non essere un pentito di mafia, in quanto avrebbe avuto poco di cui pentirsi, visto che mafioso non lo era mai stato. Insomma, tecnicamente un dichiarante, ma sostanzialmente un importante collaboratore di giustizia, che ha dato delle apprezzabili informazioni in più ambiti, dai rapporti con Giovanni Filardo e Francesco Guttadauro (cugino e nipote del boss latitante) a Luca Bellomo (un altro nipote) e i fratelli Cacioppo (arrestati nell’operazione Eden 2).

Su dove si possa trovare Matteo Messina Denaro non è invece emerso nulla: “Con i Messina Denaro non ci siamo parlati per 20 anni, poi quando sono stati arrestati i Filardo, nel 2010 – aveva raccontato Cimarosa in un processo, testimoniando sui rapporti con il cognato Giovanni Filardo circa il parco eolico nel Belice da 5 milioni di euro e 30 pale - c'è stato un avvicinamento. Io non volevo avere a che fare con queste cose, con la mafia e con i mafiosi. Ma ho sbagliato e devo pagare”.
Patrizia Messina Denaro, la sorella del boss, in passato aveva portato al Cimarosa anche dei pizzini.
Alla domanda su cosa ci fosse stato scritto, quest’ultimo aveva risposto: “Mi diceva che stava male economicamente, io ho capito che era un raggiro e come al solito voleva soldi. Ho detto a Francesco Guttadauro che non volevo entrare dentro la mafia. Poi con l'arresto dei Filardo sono stato avvicinato e ho sbagliato. Non mi ero mai interessato in queste cose”.

Ieri, la collaborazione di Lorenzo Cimarosa si è interrotta per sempre. Ma si ha l’impressione che tutto quello che sapeva l’ha già detto. Ed è difficile immaginare che possa aver taciuto informazioni determinanti per la cattura della primula rossa. Le difficoltà principali non sembrano infatti collegate alla complessità pratica della ricerca di uno o più nascondigli, che comunque sarebbe difficile che persone facilmente monitorabili da parte degli investigatori ne siano a conoscenza. Diversamente non si sarebbe mai parlato di protezioni istituzionali o del coinvolgimento di pezzi della massoneria nella copertura della sua fuga.

La collaborazione di Lorenzo Cimarosa era stata commentata anche da Lillo Giambalvo, ex consigliere comunale di Castelvetrano. Nelle intercettazioni dell’operazione antimafia “Eden 2”, Giambalvo (arrestato e poi assolto in primo grado), si lagnava con un suo parente, ipotizzando una “soluzione” che aveva lasciato tutti senza parole:
“Si fussi iè Matteo appena iddu….accussì latitante iè ci ammazzassi un figghiu…e vediamo se continua a parlare…perchè come si fa? Minchia chiuddu di dintra! Ehh iddu docu…tutti possono parlare tranne lui!!” 

Giuseppe, uno dei due figli di Lorenzo Cimarosa, quando Giambalvo ritornò al suo posto in consiglio comunale (prima del terremoto prodotto da Le Iene e del conseguente auto scioglimento del consiglio) si espresse con giustificata amarezza: “Dopo avere auspicato la morte mia o di mio fratello per mettere a tacere mio padre che, per grazia di Dio, ha iniziato a collaborare con la giustizia, torna a svolgere il suo ruolo di consigliere con una faccia come il cuoio e senza un minimo accenno di dignità, rimesso al suo posto da quella stessa legge che dovrebbe cambiare in meglio questa terra! Non posso tollerare di vivere in una Castelvetrano che riaccoglie un tale personaggio tra le mura del suo Consiglio Comunale.”

Castelvetrano, dal canto suo, sembra non essersi mai sbilanciata sulla collaborazione di Lorenzo Cimarosa, al di là di un ridotto numero di persone. Da una parte i prudenti che hanno sempre sospettato una sostanziale mancanza di genuinità della sua scelta, fatta per chissà quali fini nascosti. Dall’altra, e c’è il rischio che possano essere la maggioranza, coloro che non vedono di buon occhio il pentito, secondo l’arcaica mentalità che chi parla è un infame.

Egidio Morici