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04/02/2017 06:20:00

Le infiltrazioni mafiose all'Expo. Ecco perché sono stati condannati i Nastasi di Partanna

 E’ stato il gup Alessandra Dal Corvo a emettere, con rito abbreviato, il primo verdetto nell’ambito della clamorosa inchiesta della Dda di Milano sulle presunte infiltrazioni mafiose all’Expò 2015. La pena più pesante (otto anni e 10 mesi di carcere) il gup Dal Corvo l’ha inflitta al 41enne imprenditore di origine partannese Giuseppe Nastasi, secondo l’accusa amministratore “di fatto” del consorzio “Dominus” e “vicino” al clan mafioso di Matteo Messina Denaro. Condannato (tre anni e 8 mesi) anche Calogero Nastasi, 70 anni, padre di Giuseppe, residente a Partanna, ritenuto un prestanome del figlio (era a.u. della “Dominus”). Ad entrambi i Nastasi il gup ha riconosciuto, come chiesto dall’accusa, la “finalità mafiosa”. Aggravante contestata dall’avvocato Gianni Caracci, difensore di Nastasi senior. Sempre con rito abbreviato, il gup milanese ha condannato anche anche Francesco Zorzi (5 anni), Massimiliano Giardino e Marius Peltea, 3 anni e 8 mesi per entrambi, Giuseppe Lombino (2 anni e 10 mesi) e Vasilica Onutu (2 anni e 8 mesi). Ha, invece, patteggiato (3 anni) la segretaria di Giuseppe Nastasi, Simona Mangoni. Il giudice Dal Corvo ha, infine, riconosciuto risarcimenti da quantificare in sede civile a Comune di Milano, Fiera Milano spa e Nolostand. Al Comune, intanto, va una “provvisionale” di 200 mila euro per i reati tributari contestati agli imputati. Sono stati, inoltre, confiscati beni, quote societarie, conti, auto, orologi di lusso, per un valore complessivo di oltre un milione di euro. Sostanzialmente accolte, quindi, le tesi e le richieste di pena del pm della Dda di Milano Paolo Storari, che nella sua requisitoria aveva definito Giuseppe Nastasi “intraneo all’entourage di Messina Denaro”. E per questo aveva invocato 9 anni di carcere (4 per il padre). Per l’accusa, l’imprenditore, insieme a Liborio Pace, originario di Pietraperzia (Enna), processato con rito ordinario con altri tre imputati, avrebbe messo “a disposizione le sue conoscenze” agli uomini vicini al superlatitante di Castelvetrano. I rapporti tra Nastasi e la mafia furono evidenziati dal gip milanese Maria Cristina Mannocci nell’ordinanza di custodia cautelare firmata ai primi di luglio del 2016. La “famiglia mafiosa degli Accardo di Partanna”, in provincia di Trapani, a cui sarebbe legato Nastasi, sottolineò il magistrato, ha notevole "importanza" nel panorama dei clan anche per "la forte vicinanza con la famiglia di Castelvetrano Messina Denaro". Il giudice riportò anche una serie di intercettazioni per dimostrare "la profonda conoscenza della storia mafiosa" da parte di Nastasi, ma "anche il riconoscimento di un profondo rispetto verso" lo stesso clan Accardo, "tanto da sentirsi in dovere di portare un regalo ai figli di Accardo Nicola". In altri passaggi dell'ordinanza, tra l'altro, venne evidenziato il rapporto tra il superlatitante Matteo Messina Denaro e la famiglia Accardo. Ai clan sarebbero arrivati anche altri 413 mila euro in contanti portati in Sicilia all'interno di una piscina gonfiabile in un furgone, guidato dallo stesso Pace. A dimostrare, secondo il pm Storari, che Nastasi e il suo ex “braccio destro” Pace, arrestati con altri, avrebbero avuto un atteggiamento da “intranei” all’entourage di Messina Denaro sarebbe proprio una recente annotazione di pg, depositata agli atti, dalla quale emerge, stando a quanto spiegato nella requisitoria, che Nastasi e Pace, prima di essere arrestati, si sarebbero recati a casa di un avvocato e là gli investigatori, attraverso una captazione ambientale, hanno registrato un colloquio nel quale i due avrebbero manifestato l’intenzione di fare entrare il professionista nella cerchia degli uomini vicini al capo di Cosa Nostra. Nastasi junior è stato accusato di avere messo in piedi un sistema di società “cartiere”, che ruotava attorno al consorzio “Dominus”, e di fatture false per creare “fondi neri”, parti dei quali, poi, sarebbero stati consegnati anche ad esponenti di Cosa Nostra. Dominus, tra l’altro, attraverso una controllata di Fiera Milano spa, la Nolostand, ha eseguito lavori anche per l’Esposizione Universale. Le accuse a vario titolo contestate sono associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, appropriazione indebita, riciclaggio, anche con l’aggravante di aver agevolato la mafia. Secondo la ricostruzione della Dda di Milano e del Gico della Guardia di Finanza, Nastasi sarebbe stato il promotore di una rete di società che ruotava attorno alla Dominus, che tra l'altro, stando agli atti dell'indagine, attraverso una controllata di Fiera Milano spa, la Nolostand (per la quale la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria e poi commissariato anche alcuni settori di Fiera), si sarebbe aggiudicata lavori per oltre 18 milioni di euro, alcuni anche relativi ai padiglioni dell'Esposizione Universale. Gli arresti di luglio 2016 hanno provocato un autentico terremoto nel cuore di “Fiera Milano”, tanto che il cda si è dimesso e il Tribunale meneghino ha chiesto di estendere il commissariamento (già deciso per Nolostand) a tutta la Fiera. L’indagine è stata anche citata dal procuratore generale di Milano Roberto Alfonso nel corso del suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario come un “fatto assai grave per la città di Milano”.