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14/12/2017 18:19:00

Marsala, lite per l'ormeggio di una barca al porto. Chiesta condanna per due

Una banchina del porto di Marsala è stata teatro, nell’aprile 2015, di una disputa piuttosto animata, addirittura pare a colpi di catena, per il diritto all’ormeggio di due imbarcazioni da pesca.

Da un lato, Filippo Alberto De Vita e il figlio Roberto e dall’altro Salvatore Pietro Puccio. Quest’ultimo, secondo l’accusa, sarebbe stato malmenato dai De Vita. Adesso, in Tribunale, è stata chiesta la condanna a otto mesi di reclusione per Filippo Alberto De Vita (accusato, oltre che di lesioni, anche di minacce e possesso di catena) e a due mesi per Roberto De Vita.

Nel processo davanti al giudice Matteo Giacalone il Puccio si è costituito parte civile. Ad assisterlo sono gli avvocati Stefano Pellegrino e Cettina Coppola. Nell’atto d’accusa della Procura si legge che i due De Vita “in concorso tra loro” avrebbero colpito il Puccio al volto e in altre parti del corpo “provocandogli lesioni consistite in trauma cranio-facciale con contusione al naso e riferita epistassi al labbro superiore… con trauma incisivo superiore e contusione escoriata al ginocchio sinistro”. A difendere i due imputati sono gli avvocati Duilio Piccione e Vincenzo Sammartano, secondo i quali i fatti si sarebbero svolti in maniera diversa da quanto contestato dall’accusa. “Nessun testimone (sulla banchina c’erano altri 4 o 5 pescatori, ndr) – ha, infatti, affermato l’avvocato Piccione nella sua arringa – ha visto De Vita colpire Puccio con una catena. Hanno dichiarato di avere visto una discussione accesa, ma non colpi di catena. E’ stato, anzi, visto Roberto De Vita tenere Puccio nel tentativo di sedare la lite”.