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03/02/2018 22:00:00

Reportage dal bar di Guareschi

di Leonardo Agate

“Club dei Ventitré?” E’ l’associazione che cura i ricordi di Giovanni Guareschi.
“Sì, chi è lei?”
Mi presento al telefono, e chiedo di poter parlare con Albertino Guareschi. “Albertino sono io”, mi risponde l’interlocutore. E’ il figlio di Giovanni Guareschi. La sorella è la Pasionaria. Sono i nomi di scena dei due figli di Giovanni; allo stato civile sono Alberto e Carlotta. Ma Carlotta non c’è più. “Ci ha lasciati un paio di anni fa”, mi dice il fratello al telefono. Sulla loro famiglia ho letto centinaia di racconti, pubblicati da Giovanni Guareschi su giornali, riviste e in libri. Molti sono stati raccolti in volumi postumi, curati da Alberto e Carlotta.


Giovanni Guareschi è stato uno scrittore, giornalista, umorista e caricaturista italiano. Era un pezzo che pensavo di andare a vedere i luoghi dove ambientò molte delle sue opere. Così sono partito per la Bassa Padana, e sono arrivato a Roncole Verdi, frazione di Busseto. Là ho trovato il figlio Alberto, con cui avevo appuntamento, che abita in una parte dell’edificio che è stato ristorante fin dopo la morte dello scrittore, ed ora è in parte bar. Di fianco c’è la casa natale di Giuseppe Verdi. Giovanni Guareschi abitava alcune centinaia di metri oltre, in quella casa che venne chiamata “l’Incompiuta”.
La moglie gli chiese: “Giovannino, possiamo avere l'alto onore di sapere come chiameresti questa turbinosa macchina di mattoni?" Giovannino, oltre che sapere usare la penna in modo magistrale, amava i lavori manuali e s’intendeva di muratura e falegnameria. Aiutava i muratori e i falegnami. Qualcosa costruiva in proprio. I suoi lavori non avevano mai termine. Fatto un locale, pensava alla necessità di costruire una legnaia o un canile, e così via, di anno in anno la costruenda casa restava in costruzione, con certi disagi espressi dalla moglie per tutto quel via vai di operai e artigiani, e tanta roba in mezzo.
"Chiamiamola l'Incompiuta" rispose Giovannino. "L' Incompiuta è un nome provvisorio che va bene soltanto fino a quando la casa non sarà finita".
"L'Incompiuta è un nome che va bene come definitivo perché questa casa non sarà mai finita!" replicò perentoriamente Margherita. Margherita, negli scritti di Guareschi, è la moglie Ennia Pallini. "Finché Dio lascerà in terra vostro padre sarà sempre la stessa musica", diceva Margherita ai figli.
E la stessa musica fu sempre, per Guareschi, durante tutta la vita, nelle diverse sue attività: la musica di un uomo libero, coerente, alieno dai tradimenti, disvelatore di ipocrisie. Avvenne che, nel 1943, il 9 settembre, fu fatto prigioniero dai tedeschi nella caserma di Alessandria. Era militare italiano, prima alleato dei tedeschi e dall’8 settembre nemico. La prigionia la passò in diversi campi di concentramento tedeschi. Gli venne ripetutamente offerta la possibilità di collaborare per i tedeschi, e sarebbe uscito dal lager. Si rifiutò in nome del patto di fedeltà che aveva fatto con la Corona. La sua prigionia terminò con la fine della guerra, e tornò a Parma il 1° agosto 1945.
A dicembre del ’45 fondò, assieme a Mosca e Mondaini, il settimanale Candido, conducendovi una strenue battaglia a favore della Monarchia in occasione del Referendum istituzionale del 1946. Nel 1948, assieme ai suoi collaboratori, condusse un’altra epica battaglia contro il Fronte Popolare per le elezioni politiche. Storica divenne la sua vignetta che rappresenta un prigioniero italiano in Russia, smunto e ferito, che dal reticolato del campo di prigionia invita la madre in Italia a votare contro i suoi oppressori. L’impatto di quella vignetta, riprodotta in manifesti murali attaccati dappertutto sui muri, apparve talmente pericoloso che i comunisti di notte andavano a imbrattarla e a strapparla. Gli storici riconoscono che Guareschi contribuì in modo determinante alla sconfitta dei social - comunisti.
Se poco poco avesse evitato attacchi satirici al nuovo potere repubblicano, avrebbe vissuto di lauta rendita. Invece, la sua inesauribile coerenza di uomo libero lo fece incappare in due processi penali. Pubblicò su Candido, di cui era direttore, una vignetta in cui il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, è raffigurato in mezzo a corazzieri che sembrano le bottiglie di Nebbiolo, che il Presidente, abile imprenditore, produceva e commerciava. In appello fu condannato, assieme a Carlo Manzoni, a otto mesi di reclusione per aver offeso il Presidente della Repubblica.
Il 20 e il 27 gennaio 1954 pubblicò, sempre su Candido, due lettere attribuite a De Gasperi. Nelle lettere, su carta intestata della Segreteria Vaticana, De Gasperi suggeriva agli alleati di bombardare una parte della città di Roma per fiaccare lo spirito degli occupanti tedeschi e far ribellare gli italiani. De Gasperi lo querelò, negando di essere l’autore delle lettere. Guareschi presentò una perizia calligrafica che ne confermava l’autenticità. Il Tribunale non concesse all’imputato la presentazione di nuove perizie calligrafiche e l’intervento di nuovi testimoni. La sentenza si basò sul presupposto che De Gasperi aveva giurato di non averle scritte, e ciò bastava a condannare il giornalista a dodici mesi di reclusione. Non fece appello. Scontando la prima pena per la vignetta sul Presidente Einaudi e la seconda per la pubblicazione delle lettere attribuite a De Gasperi, entrò nel carcere di San Francesco a Parma, dove restò 405 giorni, fino alla concessione della libertà vigilata, il 4 luglio del ’55.
Continuando a disegnare e a scrivere articoli e libri, ha raccontata così la sua attività complessiva: “Guadagnati coi libri i quattrini, ho tentato di fare l’agricoltore e l’oste, con lacrimevoli risultati per me, per l’agricoltura e per l’industria agricolo – alberghiera del mio paese. Adesso sono pressoché disoccupato, perché nessuno in Italia, eccettuato un amico di Roma, ha l’incoscienza di pubblicare i miei articoli e disegni politici. Ma io non mi agito e mi limito ad aspettare tranquillamente che scoppi la rivoluzione” (Da “Chi sogna nuovi gerani? Autobiografia”)
Giovannino morì a Cervia il 22 luglio 1968, per un infarto cardiaco. Aveva 60 anni. Chissà cosa avrebbe potuto ancora dare con i suoi disegni e i suoi scritti! La bandiera con lo stemma sabaudo sventolò sul suo feretro nell’ultimo viaggio per il cimitero.
Di Guareschi, Montanelli scrisse che usava un numero limitato di parole, ma lo elogiava proprio per questo: perché sa farsi capire da tutti e la sua prosa ha un’evidenza e una piacevolezza quasi unica nella babele parolaia di molti scrittori e giornalisti. Molti suoi detrattori non sono più ricordati, e i loro scritti non sono più riediti; i libri e i disegni di Guareschi vengono ristampati e venduti, e sono cercati e commerciati anche usati.
Benché emarginato dalla DC, che allora era i partito più potente, dopo il processo per la vicenda delle lettere di De Gasperi, ebbe sempre un seguito di milioni di lettori.
Le figure di Don Camillo e Peppone, il primo prete tradizionalista, il secondo sindaco comunista, sono diventati famosi in tutto il mondo, anche per le trasposizioni cinematografiche riuscitissime, con i magnifici Fernandel e Cervi nelle parti, rispettivamente, di Don Camillo e di Peppone. I due personaggi, benché diversi per condotta e aspirazioni, sono accumunati da un solidarismo cristiano, che li pone al di sopra delle contingenze e li eleva a esemplarità.
Il racconto della famiglia Guareschi, fatta dall’autore, tra l’umoristico, il pensoso e il malinconico, è sintomatico di quello che avveniva nelle famiglie della media borghesia italiana. La Pasionaria una sera è alle prese con la traduzione del latino. Il babbo ricorda la sua vecchia bravura a scuola, e tenta di aiutarla.
“I vitelli dei romani sono belli” è la frase di battaglia che Giovannino pronuncia, a mo’ di anticipo della sua competenza nelle traduzioni. Il vecchio bidello gliel’aveva insegnata quando lui frequentava la stessa classe che allora frequentava la Pasionaria. La traduzione è: “Va’, o Vitellio, al suono del dio romano della guerra”. Ma dopo questa reminiscenza, il testo da tradurre per la Pasionaria resta a Giovannino nebuloso, sotto gli sguardi sarcastici dei familiari.
La verità e la fantasia, l’amore e l’ironia fanno di ogni racconto familiare di Guareschi un capolavoro che fa sorridere e pensare.