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17/05/2018 10:05:00

Salemi . Processo a Sgarbi e Favuzza per diffamazione, Giammarinaro in aula

 L’ex deputato regionale salemitano Pino Giammarinaro ha escluso ogni rapporto di amicizia tra lui e il maresciallo dei carabinieri Pasquale Teri, ex comandante della stazione dell’Arma a Salemi. Giammarinaro è stato ascoltato davanti al giudice monocratico di Marsala Maria Pia Blanda nel processo che vede imputati, con l’accusa di diffamazione in danno del maresciallo Teri, l’ex sindaco Vittorio Sgarbi e la sua vice Antonella Favuzza.

“Non sono assolutamente amico del maresciallo Teri – ha dichiarato l’ex deputato regionale della Dc - Non sono mai andato a cena con lui, né sono stato insieme in altre occasioni conviviali. Anzi, tutti i miei guai giudiziari sono dovuti all’operato del maresciallo Teri”.

Lo scorso 21 febbraio, in aula, era stato il sottufficiale a smentire una possibile vicinanza a Giammarinaro. “Non è vero che sono amico di Giammarinaro, come ha detto Sgarbi – ha dichiarato, infatti, Teri - Anzi, su Giammarinaro ho svolto indagini. I nostri rapporti sono stati di natura istituzionale e ci diamo del lei”.

Il processo è scattato a seguito delle querele presentate da Teri, che all’epoca dei fatti (2011-12) era comandante della stazione dei carabinieri di Salemi. Il militare si è costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Mariella Martinciglio.

Secondo l’accusa, Sgarbi e Favuzza avrebbero “in più occasioni” rilasciato dichiarazioni “tendenti a gettare discredito sull'operato” del sottufficiale. Teri ha svolto attività di pg nell’ambito dell’inchiesta “Salus Iniqua” e in altre che poi furono alla base del provvedimento sfociato nello scioglimento del Comune di Salemi per infiltrazioni mafiose.

Una decina le frasi contestate all'ex sindaco Sgarbi, solo una invece alla Favuzza, che è difesa dall’avvocato Edoardo Alagna. Al critico d’arte, difeso dall’avvocato Giovanni Di Giovanni, si contestano anche le dichiarazioni rilasciate a Trapani nel 2013 dopo essere stato sentito come teste nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di Giammarinaro. Procedimento che nell’aprile 2017 è sfociato nella decisione della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani di confiscare a Giammarinaro beni per oltre 15 milioni di euro, applicandogli anche la sorveglianza speciale in quanto indiziato per mafia.