In tanti colleghi, da ogni parte d'Italia, mi hanno chiamato, in queste ultime ore, chiedendomi di spiegare l'arcano: ma come ha fatto il centrosinistra a Trapani a vincere con il 70% al primo turno domenica scorsa? Roba che neanche a Casalecchio sul Reno, ormai. Ma come? Non era Trapani il comune più "azzurro" d'Italia, feudo di Forza Italia? Non era Trapani il Comune più grillino d'Italia, quello che solo a Marzo aveva consegnato quasi un voto su due ai Cinque Stelle? Quale magia è successa?
In effetti, se uno guarda i titoli dei tg di questi giorni, o spulcia nei siti, pare che, d'improvviso, sia proprio accaduto questo: il Pd e il centrosinistra hanno vinto al primo turno la corsa per la sindacatura, sbaragliando la concorrenza, Lega, centrodestra, Cinque Stelle. Siccome bisogna schematizzare e schematizzare significa mettere bandierine e le bandierine hanno un colore, allora Trapani, nel tabellone dei risultati è rossa, e il Pd la mette sono la voce "entrate", per dire "teniamo", "resistiamo", eccetera.
Agli amici che chiamavano già domenica notte ho spiegato che in realtà non è così. Non mettete bandierine, dite al grafico che ogni colore è sbagliato. Non c'è nulla di centrosinistra in questa vittoria di Giacomo Tranchida alle elezioni. E' un'ottima operazione politica, portata avanti con la giusta spregiudicatezza in un contesto di grande mediocrità che non ha fatto altro che da lievito per la riuscita della ricetta.
Giacomo Tranchida ha vinto. Ha vinto facile, ha vinto magari troppo. Lo ha fatto perché ha offerto a tutti gli orfani di Fazio e D'Alì un patto: la loro salvezza in cambio dell'appoggio. Da loro ha ottenuto candidati, liste, voti, e soprattutto silenzi. Chi li ha visti in questa campagna elettorale? Testa bassa e pedalare.
A loro ha dato una copertura istituzionale, un progetto, e una sintesi. La sintesi è lui. Parla un italiano discretamente migliore della media dei politici locali, ha qualche idea un attimo meno banale, si presenta bene, conosce con confidenza i tasti dell'antimafia da pigiare alla bisogna. Con lui non vince il centrodestra, il centrosinistra, con lui vince chi c'è.
E' talmente poco di centrosinistra, il progetto di Tranchida, che il Pd, per appoggiarlo, ha dovuto subire la mortificazione di non usare il simbolo, di fare finta di non esistere. E' talmente un progetto senza identità che il più votato tra i consiglieri comunali, Guaiana, ha preso gli stessi voti dell'anno scorso, quando era in Forza Italia e il suo candidato era Antonio D'Alì. I voti passano ormai da una sfera politica ad un'altra senza bisogno di alcun trauma da parte dell'elettore.
Non c'è nulla di esecrabile, in questa operazione, sono i tempi. Gli schemi sono saltati, anche i generi. Rimangono i programmi, verrebbe da dire. Ma quando mai. I programmi non esistono, perchè l'agenda dei Comuni oggi è talmente stretta, tra vincoli ed emergenze, che l'unico programma è: sopravvivere. Rimangono invece gli slogan, e Tranchida ne ha parecchi, seducenti. Li usa, con accuratezza: chi lo critica fa "mascariamento", non ha "padroni nè padrini", Trapani "porto e porta del Mediterraneo", "i saperi e i sapori". Quante volte li abbiamo sentiti? Sono cose banali, ma è la banalità che piace agli elettori. C'è il diritto di voto, e il diritto di hastag.
Giacomo Tranchida è il nostro Leoluca Orlando, con pregi ed eccessi, limiti e prospettive.
E' stato Sindaco di Valderice, poi è salito di livello ed è diventato Sindaco di Erice, adesso il gioco si fa più complicato ed è Sindaco di Trapani. Sembra super Mario. E lui cavalca il personaggio: "Vado a comprarmi un paio di scarpe nuove, perché ci sarà da camminare" ha detto ieri ai nostri microfoni. Gli manca solo la salopette di Mario. I consiglieri sono i funghi da calpestare per diventare più forte e conquistare bonus.
Sa raccontarsi come nuovo, come anti casta, quando è in politica da venti anni. Sa apparire di rottura quando in realtà è uomo di potere e gran calcolatore.
E' un paradosso vivente. Ma non tutto è merito suo, è il contorno che lo fa apparire così. Prendete i Cinque Stelle. Il capo locale, il senatore Santangelo, si comporta come un Pietro Pizzo, un Ciccio Canino, un Bartolo Pellegrino, insomma, un politico vecchio di una generazione fa. Si comporta da fiduciario, cerca di fare eleggere i suoi collaboratori, impedisce ad altri di emergere. Uno vale uno, ma Santangelo vale tutti. Tanto che mentre si consumava l'ennesima sconfitta nel territorio, lui veniva premiato con la nomina a sottosegretario del governo Conte.
Funziona così nei Cinque Stelle. E infatti alle politiche stravincono, perchè parlano alla pancia delle persone, e sono puro brand, è come votare Coca Cola. Alle amministrative, quando si tratta di guardare le persone in faccia, di parlare, di spiegare le cose, tutto si complica, se non hai le persone giuste.
Altro che super Mario.
Giacomo Di Girolamo