Parà morto in caserma, 19 anni dopo la svolta: Scieri non si è suicidato. Un arresto
Un uomo è stato arrestato perché ritenuto coinvolto nell’omicidio di Emanuele Scieri, paracadutista siciliano della Brigata Folgore, scomparso il 13 agosto 1999 nella caserma Gamerra di Pisa e trovato morto tre giorni dopo ai piedi di una torre usata per asciugare i paracadute. Altre due persone sono indagate per concorso in omicidio. Scieri morì in quello che molti ritengono fosse un atto di nonnismo andato storto, ma fino ad oggi non erano stati trovati responsabili per l’omicidio e la famiglia Scieri aveva accusato l’ambiente della Folgore di “omertà”.
L'arrestato è Alessandro Panella, caporale e capocamerata di Cerveteri (Roma) a cui era stato assegnato Scieri. Panella è anche cittadino americano. Venerdì 3 agosto stava per rientrare negli Stati Uniti con un biglietto di sola andata dopo aver saputo delle indagini che lo riguardavano. Di qui la necessità della Procura di procedere all'arresto per evitare la fuga. Altre due persone sono indagate. La dinamica che portò alla morte di Scieri è legata agli episodi di nonnismo che nei primi momenti furono ipotizzati. A dare una svolta alle indagini i risultati della commissione di inchiesta sul caso, ad incastrare l'ex caporale invece delle microspie.
Altre persone sarebbero indagate a piede libero e sono state compiute perquisizioni. Il procuratore della Repubblica di Pisa, Alessandro Crini e gli investigatori della squadra mobile di Firenze e dei poliziotti della sezione di polizia giudiziaria di Pisa che hanno condotto le indagini, stanno svelando una nuova verità. Che, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe molto vicina alle conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta che hanno recentemente ribaltano completamente anni e anni di indagini contraddistinte da omertà e forse anche depistaggi. Anche il ministro della Difesa Elisabetta Trenta è intervenuto sul caso, dichiarando che «sul caso Emanuele Scieri bisogno arrivare alla verità».
Sono molti i punti oscuri emersi nel corso di questa rilettura, che hanno fatto pensare a una versione dell’accaduto molto diversa da quella ufficiale. Una scarpa trovata troppo distante dal corpo del giovane. Due ferite, sul piede e sul polpaccio, incompatibili con una semplice caduta. E poi, le tante falle nell’inchiesta aperta all’indomani della morte. Ci sono volute 45 audizioni e l’acquisizione di seimila pagine di documenti, ma alla fine il muro di silenzi ha cominciato a mostrare le prime crepe. Finché un anno fa la Procura di Pisa ha aperto un’inchiesta.
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