Ricorrendo il centenario della prima guerra mondiale (28 luglio 1914 – 11 Novembre 1918) e non avendo mai dimenticato l’esperienza maturata dai rapporti avuti con migliaia dei ragazzi del 99 ritengo un mio preciso dovere onorarne la loro memoria e quella dei miei nonni, partecipando il ricordo che di essi conservo.
Il percorso della mia vita mi ha riservato l’onore di aver potuto conoscere migliaia di questi ragazzi e oggi, sicuramente, posso dire di essere uno dei pochi, ancora in vita, ad avere tenuto con migliaia di loro rapporti di conoscenza diretta, telefonica ed epistolare.
Ho avuto raccontate e confidate le loro strazianti storie a volte anche riservate e personali che riguardavano fatti vissuti durante il conflitto e nei periodi trascorsi in trincea, i loro racconti erano quasi sempre somiglianti.
Per meglio comprendere come abbia avuto la possibilità di conoscere migliaia di reduci bisogna andare indietro nel tempo ed esattamente al 1973.
Il 1973 è una tappa fondamentale della mia vita e del il mio futuro:
· A luglio conseguo il Diploma di Ragioniere e Perito Commerciale;
· A ottobre come tanti giovani, di ieri e di oggi, prendo la strada per Milano in cerca di lavoro, anch’io ho fatto l’esperienza di giovane emigrato;
· A dicembre ricevo la famigerata cartolina rosa della chiamata al servizio militare di leva obbligatoria nella MM con la quale mi si comunicava di presentarmi il 10 gennaio 1974 a Maridepocar di Taranto.
Un viaggio tragicomico fantozziano, non è che oggi le condizioni di questa tratta siano migliori!
Fatto il giuramento vengo trasferito presso Maridist Roma per Cancelleria Ordine di Vittorio Veneto con la categoria di furiere “D”, ho accolto la destinazione positivamente in quanto Roma era una meta ambita da tutte le reclute, inoltre molti degli amici che avevo conosciuto durante il CAR avevano avuto la stessa mia destinazione. L’unica perplessità consisteva nel fatto che nessuno era stato destinato al Ministero Interforze Ordine di Vittorio Veneto e nessuno conosceva di cosa ci si occupava in questi uffici.
Maridist si trova nella piazza Giovanni Randaccio una zona strategica perché poco distante da città del Vaticano, Teatro delle Vittorie e lo Stadio Olimpico (dove abbiamo assistito con tanta sofferenza alla storica finale di Coppa Italia tra Palermo e Bologna del 1974). Quindi il sabato e la domenica potevamo scegliere se andare allo stadio per vedere la partita o della Roma o della Lazio, a Teatro delle Vittorie per la Corrida o Milleluci, e naturalmente in piazza S. Pietro per l’Angelus di mezzogiorno di Papa Paolo VI, e poi nel 1975 l’Anno Santo, più tutte le altre meraviglie artistiche e dei teatri di questa città. Come non potevamo essere entusiasti della destinazione!!| Oltretutto coloro che lavoravano negli uffici erano dispensati dalle guardie e dai lavori in caserma. Eravamo trattati come dipendenti, l’orario di lavoro, infatti, era dalle 08.00 alle 14.00 e il pranzo in caserma era, credetemi, ottimo nonostante il grande numero di militari (1.500 circa).
Il 19 febbraio 1974 prendo per la prima volta l’autobus n 78 che da via Mazzini mi porta in piazza stazione e mi reco in via Vicenza, 9 (una traversa di via Marsala) e alle ore 08.00 metto per la prima volta i piedi negli uffici della Cancelleria dell’Ordine di Vittorio Veneto.
Ad accogliermi sono i marescialli dell’esercito Cangelosi e Sfogli con cui ho instaurato ottimi rapporti di lavoro e personali (dei buoni padri di Famiglia) e successivamente ricevo il personale benvenuto a bordo da parte dell’Ammiraglio Liuzza.
E’ il maresciallo Cangelosi a comunicarmi quali sono i compiti di cui dovevo occuparmi e che, nei giorni successivi, sarei stato affiancato da un altro militare della Marina.
Mi viene spiegato immediatamente che con la legge n. 263 del 18/03/1968, ancora in vigore, viene istituita, nel 50° anniversario, l’onorificenza commemorativa italiana destinata ai reduci della prima guerra mondiale ancora viventi al 1 gennaio 1968, a capo dell’ordine che prevedeva solo la classe di cavaliere è designato il Presidente della Repubblica, essi avevano il diritto a indossare la croce di ferro greca e la medaglia d’oro. Ai reduci in base a quella legge spettava anche un sussidio, ma non era nostro compito stabilire chi ne avesse diritto e chi no tali requisiti venivano esaminati presso altri uffici.
Il mio compito, insieme all’altro militare ( prendevamo il posto di altri due andati in congedo), era quello di esaminare tutte le domande pervenute dai reduci e di stabilire se essi fossero in possesso dei requisiti per ottenere l’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto. Dopo avere ricevuto le domande, dovevamo inserire i nominativi nell’archivio della cancelleria e dopo avere verificato se avessero i requisiti per ottenere l’onorificenza, compilare il diploma di cavaliere e portarlo alla firma, dopo un ulteriore controllo, spedirlo al richiedente insieme alla medaglia d’oro e alla croce greca. L’archivio dei reduci con tutti i dati personali veniva riportato in schede elettromagnetiche consultabili attraverso dei monitors, il mio primo impatto con un elaboratore elettronico.
Qualche giorno dopo arriva il secondo militare sempre della MM, un simpaticissimo napoletano, Gargiulo Luciano con cui ho instaurato un ottimo rapporto di amicizia.
I requisiti che i reduci dovevano possedere per avere diritto all’onorificenza e su cui non ci era consentito transigere erano di:
· Essere ancora in vita al 1 gennaio 1968;
· Risultare dal foglio matricolare di essere stati per almeno 9 mesi in zona di guerra;
· Non essere nati dopo il 1900.
Naturalmente dopo 43 anni posso anche ricordare male. Chi non dimostrava di avere i sopraelencati requisiti non otteneva l’onorificenza di cavaliere e poteva avere diritto alla croce greca e/o alla medaglia d’oro… e non sempre.
Tante volte mi sono chiesto il perché di tante limitazioni e mai ho compreso perché venivano effettuate queste discriminazioni.
Dovremmo riflettere sulle particolari condizioni in cui si è svolta quella guerra e quindi anche i fogli matricolari, sono naturalmente opinioni personali, potevano benissimo essere compilati attraverso notizie distorte e non conformi agli eventi e ai luoghi in cui i militari svolgevano il servizio.
Posso dire con certezza che in tanti fogli militari venivano riportati periodi completamente vuoti e bui a volte anche molto lunghi, senza precisare con esattezza servizio e luogo.
Sono migliaia le lettere pervenute durante la permanenza in questa cancelleria e a tutte abbiamo sempre dato risposta. Leggerle era un continuo tormento intimo per ciò che veniva raccontato, spero che nessuna sia andata perduta perché esse rappresentano un archivio storico di notevole importanza. I traumi che questi ragazzi hanno subito nel li hanno segnati per tutta la vita. Hanno patito la fame e hanno mangiato di tutto pur di sopravvivere, il freddo e il congelamento, mutilazioni di ogni tipo e genere, schegge rimaste nelle loro carni fino alla morte, scene di guerra apocalittiche mai viste prima, e la paura di non poter uscire vivi da quell’inferno. Se ne avessero avuto la possibilità avrebbero sicuramente scelto l’inferno dantesco.
Molte lettere contestavano i requisiti per ottenere l’onorificenza e in particolare la veridicità dei fogli matricolari che non permettevano loro di ottenere il diritto all’onorificenza.
Tante contestazioni pervenivano anche da parte dei familiari dei reduci deceduti prima del 1 gennaio 1968, anche questo veniva considerato da loro un requisito discriminante per i propri congiunti.
Perveniva un alto numero di lettere perché molti non erano più nelle condizioni di poter viaggiare. comunque tanti erano coloro che venivano personalmente nei nostri uffici da tutta l’Italia, sobbarcandosi a faticosi e lunghi viaggi per venire a contestare il mancato riconoscimento. Molti portavano documenti circostanziati dei luoghi dove avevano prestato il loro servizio non riportato sul foglio matricolare, ma purtroppo quello che faceva testo era sempre e comunque il foglio matricolare.
Noi potevamo essere soltanto gentili e solidali, in loro traspariva sempre il dolore e la rabbia mentre ci raccontavano quei tragici momenti e dai loro occhi scendevano lacrime di disperazione e non era facile dire ci dispiace dobbiamo attenerci agli ordini e alla legge.
Quell’onorificenza era la cosa a cui tenevano più di tutto prima di morire, ce lo ripetevano in tutti i modi, io personalmente ho sempre ritenuto che siano stati commessi degli errori che si sommano all’orrore di quella guerra.
Possiamo ancora rimediare ad eventuali errori commessi e per questo, attraverso questa testata, chiedo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di estendere l’onorificenza a tutti reduci e ai caduti, nella ricorrenza del centenario di quella guerra e di insignirli del diploma di Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto.
Cosi che noi familiari dei reduci possiamo finalmente porre sulle tombe dei nostri congiunti la scritta “Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto”, Presidente, se possibile, esaudisca l’ultimo desiderio di questi ragazzi e di tutti gli italiani liberi e liberati dall’oppressore.
Concludo dando ancora una volta ancora voce al loro grido “VIVA L’ITALIA”! e noi tutti “VIVA I RAGAZZI DEL 99” che io ringrazio per l’alto onore concessomi per averli conosciuti e per l’insegnamento ricevuto di amore verso la Patria. Grazie Ragazzi.
Il 30 ottobre 1975 dopo circa 22 mesi di ferma vengo congedato, posso dire che questa sia stata un’esperienza che mi ha reso molto ma molto più maturo.
Negli anni seguenti sono tornato diverse volte alla cancelleria dell’Ordine di Vittorio Veneto e sono stato sempre accolto a braccia aperte dai marescialli Cangelosi e Sfogli che ringrazio ancora oggi per tutto quello che hanno fatto per me.
Sono ritornato perché non appena congedato si è sparsa, non so come, la voce a Marsala che avevo svolto il servizio militare alla Cancelleria dell’Ordine di Vittorio Veneto.
Naturalmente tanti sono stati i reduci che mi hanno contattato e alcuni mi hanno chiesto di andare a controllare personalmente la loro posizione, non potevo, cert, rifiutarmi di esaudire le loro richieste e sono stato felice di poterli aiutare.
Giuseppe Ferracane