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27/04/2019 06:00:00

Sicilia, l'inchiesta su energia, mafia e corruzione da Alcamo alla Lega. Gli aggiornamenti

Manlio Nicastri e Francesco Arata, figli rispettivamente dell'imprenditore dell'eolico Vito, in carcere per concorso in associazione mafiosa e indagato per corruzione, e del faccendiere vicino alla Lega Paolo Arata, anche lui indagato per corruzione, hanno chiesto al tribunale del Riesame di Palermo il dissequestro dei pc e dei documenti che sono stati sequestrati loro il 19 aprile.

Sono entrambi coinvolti nell'inchiesta su un presunto giro di mazzette a funzionari regionali siciliani per ottenere le autorizzazioni per la costruzione e l'esercizio degli impianti di bio-metano di Franconfonte e Calatafimi - Segesta e per le costruzioni di impianti di produzione di energia alternativa riferibili alle società di Paolo Arata e Vito Nicastri. Al tribunale del Riesame, che dovrà decidere sulla revoca del sequestro, la Procura depositerà una breve nota informativa della Dia.

Dopo la notizia delle indagini sul fotovoltaico nell'Isola, Tuccio D'Urso, dirigente del Dipartimento Energia della Regione, ha chiuso la porta ai troppi visitatori.

Due settimane fa, si era presentato Paolo Arata, consulente per l'energia del Ministro Salvini, accompagnato da un funzionario regionale, Giacomo Causarano.

Arata aveva chiesto notizie sulle imprese del fotovoltaico riconducibili a sua moglie. D'Urso aveva ascoltato. Poi, la notizia dell'inchiesta, su Arata, il Sottosegretario Siri e il re delle rinnovabili in Sicilia, Vito Nicastri, già in galera.

Causarano era stato trasferito insieme ad un dirigente, Alberto Tinnirello. Di lui, parla un deputato regionale del M5S, Valentina Palmeri, che aveva chiesto l'accesso agli atti su alcune imprese per estrarre biogas dai rifiuti. Aveva notato che non si parlava solo di organico ma anche di indifferenziato. Dagli uffici del Dipartimento, sostiene Palmeri, delle difficoltà.

Su questo, Palmeri e altri deputati del M5S hanno presentato un esposto alla Procura di Palermo. Causarano e Tinnirello risultano entrambi indagati.

Su sollecitazione del presidente Musumeci, D'Urso ha anche sospeso le autorizzazioni a tre imprese, riconducibili ad Arata, dice. E chiede maggior trasparenza.

 I provvedimenti prendono spunto dall'articolo 3 del Patto di integrità (il cosiddetto Codice Vigna), sottoscritto tra le società interessate e la Regione e «congelano» le autorizzazioni a suo tempo rilasciate per la produzione e il trasferimento di energia elettrica prodotta da fotovoltaico o eolico. In particolare, si tratta delle società: Sunpower per un impianto (in realtà non ancora realizzato) da 55 megawatt nel territorio di Carlentini e Melilli, in provincia di Siracusa; Etnea per dieci collegamenti alla Rete elettrica nazionale per altrettanti impianti di mini-eolico a Calatafimi-Segesta nel Trapanese.

Sono stati inoltre sospesi i procedimenti per autorizzare due impianti per la produzione di biometano della società Solgesta. È stata rilevata l'enorme sproporzione fra l'investimento previsto (oltre 80 milioni di euro) e il capitale sociale versato (2.500 euro), nonché il mancato nulla-osta da parte della Società d'ambito dei rifiuti. Il dirigente generale del Dipartimento tecnico regionale Salvatore Lizzio ha inoltre assunto le funzioni di capo del Genio civile di Palermo, a seguito dell'autosospensione dell'ingegnere Alberto Tinnirello, coinvolto nell'inchiesta sulle energie rinnovabili. Intanto da martedì scorso, il dipartimento regionale dell'Energia ha vietato l'accesso fisico dell'utenza al Servizio 3 «Autorizzazioni e Concessioni». L'utenza, per informazioni, dovrà inoltrare le richieste ai seguenti indirizzi di posta elettronica: servizio3.energia@regione.sicilia.it; n.frisina@regione.sicilia.it.

Il quotidiano La Verità parla di falso a proposito dell'intercettazione di Arata su Siri e della presunta tangente da 30 mila euro. Confermata invece da ambienti della Dia e della Procura di Palermo, che ha chiesto la condanna a 12 anni di carcere per per Vito Nicastri, ritenuto vicino a Matteo Messina Denaro.

 “Questa operazione ci è costata 30mila euro”, avrebbe detto Paolo Arata, legato a Vito Nicastri, il “Re dell’eolico” arrestato a Palermo con l’accusa di aver finanziato la latitanza del boss Matteo Messina Denaro, al figlio Francesco, l’estate scorsa, riferendosi ai compensi destinati a Siri per modificare alcuni provvedimenti legislativi. Una frase che incastrerebbe il sottosegretario visto che, secondo quello che scrivono da via Solferino, si tratterebbe di una conversazione registrata da “una cimice piazzata dalla Dia”.

Alla fine l’intercettazione in cui Paolo Arata, il consulente di Salvini, parla di una mazzetta al sottosegretario Armando Siri è stata depositata al tribunale del riesame di Roma. Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi ribadiscono ai giudici la necessità del sequestro del computer e dei telefonini di Arata per il prosieguo dell’inchiesta che vede indagato Siri per corruzione.

Il sottosegretario della Lega avrebbe ricevuto “indebitamente – questa la contestazione dell’accusa – la promessa e/o la dazione di 30 mila euro da Paolo Arata”, per inserire un emendamento che avrebbe aperto la maglia dei finanziamenti sull’eolico alle società di Arata e Nicastri, il "re" dell'eolico ritenuto vicino all'entourage del latitante Messina Denaro.

«La mancanza di trasparenza su quel progetto - racconta Palmeri - ci ha insospettito. Non sono stati resi pubblici documenti previsti dalla legge e mi hanno impedito di accedere agli atti. Forse non tutto è venuto fuori ancora: aguzzeremo la vista anche su altre procedure. Bisogna agire. La politica si dia una svegliata e cominci a portare avanti temi fondamentali».

Tra le carte dell'inchiesta c'è il racconto di una singolare riunione avvenuto il  10 maggio 2018  sotto casa di Vito Nicastri, che è agli arresti domiciliari ma non rispetta i divieti.  C'è la nuora, Ida Maruca, ci sono anche Paolo e Francesco Arata, il faccendieree il figlio: finito l'incontro, l'ex deputato di Forza Italia e il ventinovenne si allontanano in auto. E fanno un riferimento sibillino a un consulente tecnico d'ufficio, che «spinge per procedere anche con Etnea (una società del gruppo, ndr)», spiega Francesco. E il padre, il professore vicino alla Lega: «Ha ragione, su Etnea... adesso aspettiamo quella cosa lì». Cos'è «quella cosa lì?». È uno dei passaggi su cui si appuntano le attenzioni degli investigatori. Perché in quello stesso dialogo Paolo Arata chiede ancora: «Ma tu lo hai visto? Sei andato a casa sua, no? Ma ha capito che io non posso rischiare la...». «Non gliel'ho espressamente detto».Sebbene si preoccupassero per lo stato di salute del (teorico) detenuto domiciliare («L'ho trovato magro, malmesso, è invecchiato», diceva Arata padre al figlio), Vito Nicastri era molto attivo. Nel suo campo, quello in cui eccelleva, l'eolico e l'ultima innovazione nel settore, il mini-eolico, si dava molto da fare. Il 30 aprile dell'anno scorso, alle 14,50, attraverso il telefonino del proprio figlio, Manlio Nicastri, pure indagato, Vito parlava con Francesco Arata: «Io ho preparato tutti i contatti per Carlo Buonfrate... glieli mando stasera». «Ah, ottimo, ottimo - rispondeva Arata jr - che già me li ha chiesti un po' di volte». «Lo so, tutto pronto - rimarcava ancora Vito Nicastri - li ho corretti, li ho aggiustati». Buonfrate è presidente del Cpem, il Consorzio dei produttori di energia da mini-eolico e Nicastri «la persona più brava dell'eolico che c'è in Italia» (definizione di Arata senior). Ma dai domiciliari poteva avere contatti con il presidente di un'organizzazione di categoria? Nel 2013, quando Nicastri finì nei guai per la prima volta, al settimanale Panorama Buonfrate disse che era, sì, «evidente che nei settori in cui girano tanti soldi, come nel caso dei grandi parchi eolici, si stende la longa manus della mafia». Però mise in guardia dalla «strumentalizzazione politica di una certa fascia del giornalismo», per «mettere in cattiva luce le energie rinnovabili».

Da casa, Nicastri non stava un attimo fermo: «Domani o dopodomani - diceva ancora a Francesco Arata - Manlio incassa quattromila euro per quel progetto di Anguillara e facciamo la richiesta su Marsala. E poi c'è da farne un'altra, su Monreale, e servono altri tremila euro. Fatteli dare da tuo padre e poi glieli diamo». «Sì, ce li abbiamo, oggi ci paga il Gse», Gestore dei servizi energetici, una società per azioni interamente controllata dal Ministero delle Finanze. Con cui il gruppo Arata, come tante altre società impegnate nel campo delle rinnovabili, aveva rapporti.