Il caso Iuventa/4. Perchè è stato un processo "farsa" contro le ong
La nave Iuventa si trova al porto di Trapani. Sotto sequestro e ridotta ad un rottame. Un’imbarcazione costata 300 mila euro, comprata dalla ong Jugend rettet per salvare vite in mare. Per la procura di Trapani, però, serviva per portare clandestinamente persone in Italia in accordo con i trafficanti libici. Una tesi che verrà smontata, punto su punto, nel procedimento preliminare che conferma quello della Iuventa uno dei casi più lunghi e controversi contro le ong.
E’ il 2021 quando inizia l’udienza preliminare, sono passati 4 anni e mezzo. E si sa già che quello contro le ong sarà un procedimento molto lungo, come lo sono state le indagini iniziate nel 2016.
Il processo farsa Nel marzo 2021 si chiudono le indagini e poco dopo inizia l’udienza preliminare. La Procura accusa 21 persone tra cui membri degli equipaggi della Iuventa, Vos Hestia e Vos Prudence, nonché le ONG Jugend Rettet, Medici Senza Frontiere e Save the Children di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Le accuse erano pesanti e si basavano su presunti accordi segreti tra le ONG e i trafficanti di esseri umani in Libia. Secondo l'accusa, l'equipaggio della Iuventa avrebbe addirittura riconsegnato alcune barche ai trafficanti libici dopo averle recuperate in mare.
Fin dall'inizio, la difesa ha respinto con fermezza le accuse. Le indagini, peraltro, non hanno trovato alcun elemento che supportasse la tesi dell'accusa. Come sottolineato da uno degli avvocati della difesa, Nicola Canestrini, l'analisi di computer e cellulari degli indagati non ha rilevato "nessun contatto" con persone coinvolte nella tratta di esseri umani in Libia.
«Io e l’equipaggio siamo stati trattati come criminali. Più di 50 agenti di polizia hanno effettuato perquisizioni senza successo, agendo su istruzioni di matrice politica, anch’essi increduli di aver ricevuto questi ordini. Un ufficiale mi ha guardato e ha detto: “In giorni come questo odio il mio lavoro, perché il lavoro che fate là fuori è così importante. Non siete il tipo di persone che stanno cercando di farvi sembrare”. Le armi a bordo che le autorità erano così ansiose di rendere inoffensive: centinaia di giubbotti di salvataggio e numerose scialuppe» afferma Kathrin Schmidt, imputata della Iuventa e responsabile delle operazioni al momento del sequestro.
Testimoni inattendibili L'intero castello accusatorio si basava sulle testimonianze di due agenti di sicurezza privata imbarcati sulla nave di Save the Children, Pietro Gallo e Floriana Ballestra, che avevano consegnato un dossier su presunte attività illecite delle ONG direttamente a Matteo Salvini, all'epoca leader della Lega all'opposizione.
In seguito a tali accuse, la Procura aveva aperto un'indagine e inviato un agente sotto copertura a bordo della Vos Hestia di Save the Children.
Nel corso del procedimento la difesa è riuscita a dimostrare l’inattendibilità dei due ex poliziotti. Alla base di tutto ci sarebbero stati fini personali e politici. Gallo, in particolare, cacciato dalla polizia, intendeva, fornendo informazioni sulle Ong, riottenere un posto in polizia. Interessi lavorativi erano anche alla base di Balestra.
Floriana Ballestra è un’ex agente del traffico di Imperia che è stata licenziata per motivi disciplinari nel 2011 a causa di una lunga lista di reati (“30 sanzioni disciplinari per le più disparate ragioni“), tra cui reati minori, menzogne, calunnie, abuso di autorità e false dichiarazioni. Pietro Gallo è entrato nella Polizia di Stato a Roma nel 1993 ed è stato licenziato nel 1995 per aver piazzato prove false nell’auto di un rivale in amore.
«Nonostante le numerose prove della loro mancanza di attendibilità e del loro discutibile comportamento passato, l’accusa li ha usati come pretesto per costruire l’indagine più grande e importante contro l’attività di soccorso in mare delle ONG. Attraverso l’omissione selettiva di fatti, sono stati trasformati da ex dipendenti in disgrazia in “ex colleghi” apparentemente credibili» dichiara nel corso degli anni Iuventa.
Iuventa sostiene che la procura di Trapani era pienamente consapevole del loro torbido passato fin dall’inizio, ordinando persino di intercettarne i telefoni per verificarne le dichiarazioni
I video che scagionano la Ong Uno degli episodi chiave del processo riguardava la presunta riconsegna di barche ai trafficanti libici da parte dell'equipaggio della Iuventa. La Procura di Trapani infatti aveva aperto un'indagine e inviato un agente sotto copertura a bordo della Vos Hestia di Save the Children. Le foto e le conversazioni registrate dall'agente, poi trapelate sui media, mostravano operatori umanitari su lance di salvataggio che trainavano imbarcazioni vuote dei migranti, immagini interpretate come prove di riconsegne ai trafficanti.
Tuttavia, un'analisi di esperti di Forensic Architecture ha dimostrato che le foto non provavano alcuna riconsegna. Una delle principali prove viene così smontata. L’Internazionale ha spiegato qui come quei video e quelle immagini raccolte dalle spie di Salvini non indicassero la consegna di migranti.
Un procedimento farsa, in cui, ad ogni udienza, emergono tutte le contraddizioni di un’indagine che avrebbe avuto l’obiettivo di screditare i soccorritori.
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