Il caso Iuventa /1. Così un gruppo di ragazzi ha iniziato a salvare vite in mare
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Per sette anni, l'equipaggio della nave Iuventa è stato accusato di essere in combutta con i trafficanti di esseri umani.
Le Ong come “taxi del mare”. La criminalizzazione del soccorso. Poi tutti prosciolti. In mezzo accuse basate su false prove, poliziotti infiltrati che hanno dichiarato cose non vere, interessi politici e attacchi a chi salva le vite in mare. E poi quella nave, comprata da un gruppo di giovani disgustati da come i governi non facevano nulla per i disperati che rischiavano la vita nel Mediterraneo, sequestrata e finita in ruggine nel porto di Trapani. E’ la storia della nave Iuventa, di un’indagine lunghissima e piena di contraddizioni, che a Trapani si è chiusa dopo sette lunghi anni con il proscioglimento di tutti gli imputati. Ma tanti misteri, tanti punti oscuri, restano del caso Iuventa. Un caso che raccontiamo, a partire da oggi, in un’inchiesta a puntate su Tp24.
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E’ la notte del 18 aprile 2015. Nel Canale di Sicilia, al largo della Libia, si consuma una delle più grandi stragi di migranti della storia. Il naufragio di un’imbarcazione eritrea provoca la morte di centinaia di persone. I numeri non sono mai stati accertati, si stima tra i 700 e i 900 dispersi. Solo 28 i superstiti, 58 i corpi recuperati. La tragedia sconvolge tutti, ma si sa già che i Governi non faranno abbastanza per fermare l’ecatombe.
A 2 mila chilometri di distanza, a Berlino, ci sono due ragazzi appena ventenni: Jakob Schoen e Lena Waldhoff, lui 19 lei 22 anni. La tragedia del Mediterraneo colpisce anche loro, e decidono di non restare impassibili. Fondano così l’associazione Jugend Rettet con un obiettivo ambizioso: acquistare una barca e usarla per salvare vite umane.
L'idea è nata da un senso di impotenza di fronte alle stragi di migranti che si susseguivano nel Mediterraneo. Determinati a fare la differenza, i due ragazzi hanno lanciato una campagna di crowdfunding per raccogliere i fondi necessari all'acquisto di una barca. La risposta è stata incredibile: in pochi mesi sono stati raccolti oltre 300.000 euro.
Con i fondi raccolti, i ragazzi della Jugend Rettet riescono ad acquistare un ex peschereccio olandese, la Iuventa. Un’imbarcazione che viene riadattata per il soccorso in mare. La nave è dotata di scialuppe di salvataggio, giubbotti di salvataggio, serbatoi di acqua dolce e un team di professionisti, tra cui medici, skipper e operatori, coadiuvati da volontari.
L'impegno di Jugend Rettet non si limita al soccorso in mare. L'associazione vuole anche creare una rete europea di giovani per discutere le problematiche legate alle migrazioni e promuovere politiche di asilo più umane.
“Il nostro obiettivo è semplice: meno morti nel Mediterraneo. Da una parte c’è la nave, impiegata per le missioni di soccorso. Dall’altra, Jugend Rettet vuole costruire una rete europea dedicata ad adolescenti e giovani, che vogliano scambiarsi opinioni e pensieri sul ruolo dell’Europa in questa emergenza umanitaria. In questo modo le persone hanno la possibilità di essere coinvolti nella discussione sulle politiche di asilo”.
Oltre a Jakob e Lena fanno parte dell’associazione altri ragazzi. E presto la storia della Jugend Rettet, che in tedesco significa "gioventù salva", diventa un esempio di come la determinazione e il coraggio dei giovani possano fare la differenza. “I confini sono stati definiti secondo convenzioni ed interessi, e noi non volevamo stare a guardare la morte di migliaia di persone. Queste persone non stanno morendo perché non c’è abbastanza cibo o spazio per tutti. Stanno morendo perché qualcuno ha deciso che alcune persone sono più libere di viaggiare per il mondo ed altre non lo sono” dirà uno dei membri della Jugend Rettet.
La prima missione della nave Iuventa parte 24 luglio del 2016, i giovani attivisti salvano circa 2 mila persone nel mediterraneo. Vogliono dimostrare che se un gruppo di ragazzi può compiere questo genere di imprese allora i Governi possono, se vogliono, intervenire per porre soluzioni al problema migratorio. Michele Cinque, documentarista italiano, si imbarca sulla nave e realizza un documentario sulla Iuventa.
In pochi mesi grazie ad una straordinaria attività di rete gli attivisti, dal nulla, realizzano qualcosa di unico, che attira l’attenzione della stampa e dei Governi. Jugen Rettet, come le altre Ong, non sono esenti da attacchi. Le forze di destra iniziano a parlare di “taxi del mare”. Passano pochi mesi, e la Iuventa finisce al centro di una delle inchieste più lunghe e controverse sull’immigrazione. Tra poliziotti infiltrati, false accuse, intercettazioni a giornalisti, e criminalizzazioni.
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