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02/07/2019 08:04:00

Carcere, guerre, familiari uccisi. Le storie dei migranti della Sea Watch

 Hanno fatto i servi, seppellito cadaveri nei lager libici, maltrattati, hanno visto morire familiari uccisi dai colpi di kalashnikov sparati dai carcerieri. Sono le storie terribili dei migranti che erano a bordo della Sea Watch 3 finiti al centro dello scontro politico in questi giorni.


Adesso i 33 uomini, sei donne, tre minori, sono nell'hotspot di contrada Imbriacola a Lampedusa, e nei loro occhi ci sono ancora gli orrori del viaggio e della permanenza nei lager libici. Racconta uno di loro, un ragazzo di 26 anni: “Ho passato un anno in Libia, di cui tre mesi in prigione. Mi picchiavano spesso ma non so perchè. Voglio andare in Europa, in un Paese dove ci sia pace”. Un altro ragazzo: “Mi va bene qualsiasi posto lontano dalla Libia”. Raccontano ai giornalisti che sono riusciti ad avvicinarsi storie di abusi e maltrattamenti.

Donne e bambini che scappano da fame, guerre e persecuzioni. Padri di famiglia che cercano un posto stabile per sperare nel ricongiungimento, ragazzi che vogliono costruirsi un futuro in terra di pace. Laureati, ingegneri, insegnanti. Non parlano molto, hanno negli occhi ancora il mare, il viaggio, i 17 giorni di attesa interminabile, e ancora prima gli orrori Libici.