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15/10/2019 07:18:00

Mafia, il colpo al clan Agate. E l'amministratore giudiziario che intascava soldi ...

 Peculato e auto-riciclaggio: ecco le accuse che la Dia di Trapani ha formulato nei confronti di Maurizio Lipani, uno dei commercialisti palermitani più noti e amministratore giudiziario di aziende sequestrate alla mafia. 

Con lui, nella stessa operazione denominata "Eldorado", sono finiti in manette Epifanio Agate, imprenditore ittico di Mazara del Vallo  figlio dello storico boss Mariano Agate alleato dei corleonesi di Salvatore Riina, per decenni capo del potente mandamento mafioso di Mazara del Vallo; la moglie di Epifanio, Rachele Francaviglia (ai domicliari) e, appunto, il commercialista (sempre ai domiciliari). Il provvedimento è stato emesso dal gip di Palermo su richiesta della Dia di Trapani.

Secondo l'accusa, l'amministratore giudiziario, senza autorizzazione del competente Tribunale, avrebbe distratto a proprio personale vantaggio, in più soluzioni, mediante prelevamenti di contante e bonifici inviati sui propri conti personali, somme di pertinenza delle aziende sottoposte a sequestro ai coniugi Agate e di altre aziende colpite da vincoli cautelari da più autorità giudiziarie e allo stesso affidate in gestione quale custode e amministratore giudiziario, omettendo di adempiere agli obblighi di rendicontazione. Le stesse accuse sono state contestate alla moglie di Agate, Rachele Francaviglia, titolare formale delle aziende sequestrate.

Agate, subìto il sequestro di alcune aziende operanti nel settore del commercio ittico, "a fronte dell'inerzia di Lipani, avrebbe continuato a occuparsi della gestione delle stesse, contattando clienti e fornitori e soprattutto riscuotendo i crediti pendenti, vanificando con ciò gli effetti pratici e simbolici del sequestro antimafia". In pochi mesi Lipani "avrebbe distratto somme di pertinenza di aziende sequestrate per oltre 355 mila euro, reimpiegate per investimenti in attività economiche, ma anche per il soddisfacimento delle esigenze del vivere quotidiano", evidenzia la Dia.

Dalle indagini è emerso inoltre che il commercialista "avrebbe continuato a distrarre denaro dai conti delle aziende in amministrazione giudiziaria anche dopo la confisca delle stesse e il passaggio della gestione all'agenzia nazionale dei beni confiscati". Sono al setaccio della Dia i conti bancari di altre decine di società e imprese affidate in amministrazione giudiziaria a Lipani, dalle quali "si sospetta che il professionista possa aver distratto altro denaro". Nei confronti di Lipani è stato disposto anche il sequestro per equivalente di somme per il valore di 355 mila euro.

Per il procuratore Lo Voi la vicenda rappresenta un caso a se e non può paragonarsi a quella di Silvana Saguto. Lipani avrebbe utilizzato come bancomat personale le aziende sequestrate alla mafia. E l'episodio rilancia, ancora una volta, le perplessità sul modo di gestione opaco delle aziende sequestrate. Lipani trasferiva i soldi delle aziende al suo conto corrente o a quello della seconda moglie, e lasciava poi di fatto agli Agate la cura dei rapporti commerciali delle aziende sequestrate.

Per Lipani la Dia ha ricostruito novantatré prelievi in contanti e trentacinque bonifici. 

Il professionista era stato nominato amministratore giudiziario della “Moceri olive società agricola” dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani

La società agricola fu affidata a Lipani che ha mantenuto la gestione anche quando è stata confiscata nel 2017 ed è passata sotto il controllo dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati.

Tra il novembre del 2013 e il giugno scorso, Lipani avrebbe fatto una sfilza di prelievi in contanti per cifre comprese fra 350 e 10 mila euro, e di bonifici compresi fra 350 e 14 mila euro. Il tutto per un peculato che tocca quota 318 mila euro a cui si aggiungono i 37.300 euro che avrebbe sottratto alle imprese di Epifanio Agate e della moglie Rachele Francaviglia.

La Dia ha scritto al Tribunale di Trapani. La risposta è stata che Lipani non aveva presentato alcuna rendicontazione dei movimenti bancari svolti e non era stato autorizzato ad autoliquidarsi acconti e compensi, nonostante la diffida del giudice delegato che vigilava sul suo operato.

Una parte dei soldi li avrebbe poi investiti in una società di consulenza contabile che Lipani ha avviato con un collega commercialista. In questi minuti agenti della Direzione investigativa antimafia stanno perquisendo gli studi di Lipani. 

La Dia adesso sta controllando le altre aziende sequestrate affidate a Lipani, ma in verità si dovrebbe fare un controllo generale.

 



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