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03/12/2020 20:05:00

Scrive Giuseppe Lo Giudice, sui compensi esagerati dei vertici dell'Enpam

 Egregio Direttore,

leggo, con non poco stupore, che il presidente dell’Enpam, la cassa previdenziale dei medici e odontoiatri italiani (alla quale io sono iscritto) percepisce uno stipendio mensile di 53 mila euro la mese, per un totale, lordo, di circa 635 mila euro all’anno. Non solo: ai due vicepresidenti vanno rispettivamente 273mila euro e 129mila euro, mentre ai 13 consiglieri somme che variano dai 53mila a 94mila l’anno. Io non ho mai creduto all’albero della cuccagna, ma oggi debbo ricredermi.

 

Ora non starò qui a esercitarmi nel confronto, che in tanti hanno fatto in questi giorni, con gli emolumenti di capi di stato, manager pubblici o privati, dico semplicemente che questi appannaggi, per un ente di previdenza, sono inaccettabili e non trovano giustificazione. Per diverse ragioni. A partire da una premessa fondamentale: l’Enpam non è una società di speculazione finanziaria, ma una fondazione senza scopo di lucro che ha il compito di garantire l’assistenza e le pensioni ai suoi associati. I soldi che incassa sono i contributi versati dai medici impegnati ogni giorno, a diversi livelli, nel garantire l’assistenza sanitaria ai cittadini italiani. Chi la presiede ha una grande responsabilità morale, prima ancora che organizzativa, e in virtù di questa responsabilità morale è chiamato a gestire la Fondazione con oculatezza, equilibrio, rigore e direi anche parsimonia. I soldi che l’Enpam gestisce derivano dal lavoro dei suoi iscritti.

I compensi abnormi riconosciuti al presidente, ai due vice e ai consiglieri non trovano alcuna plausibile giustificazione, e costituiscono – così come, purtroppo, sono stati facilmente percepiti dalla stampa e dall’opinione pubblica – un incontestabile privilegio d’altri tempi, anche se, a dire il vero, anche andando a ritroso nel tempo, è difficile riscontrare casi analoghi.

Mi chiedo: con quale criterio oggettivo, con quale parametro di valutazione, sulla base di quale indicazione il presidente percepisce una così spropositato compenso?

Non intendo unirmi alla speculazione di quanti oggi, scoperta questa imbarazzante vicenda, creano fuorvianti parallelismi tra i medici che operano e muoiono sul campo nel pieno di questa pandemia, e quanti, invece, seduti dietro una scrivania, si occupano di aspetti più prosaici, ma una cosa è certa: occorre un brusco cambio di rotta. Senza se e senza ma. E se non dovessero arrivare segnali di cambiamento, ciascuno medico avrà l’obbligo morale di reagire, anche con azioni eclatanti.

 

Leggo che nella prossima assemblea ci sarà all’ordine del giorno la revisione dei compensi degli organi statutari; in quella sede ci si aspetta un segnale forte e inequivocabile. Lo si deve innanzitutto ai colleghi morti sul campo, alle loro famiglie, a chi è rimasto solo. Si potrebbero recuperare così somme preziose in un momento di emergenza sanitaria come questo, da destinare, per esempio, a iniziative solidali.

Nella speranza che queste mie considerazioni siano condivise da altri colleghi, mi auguro che il presidente dell’Enpam, Alberto Oliveti, con un gesto di grande dignità e fierezza morale, dia quel segnale forte che in questo momento si attendono non solo gli iscritti, ma i cittadini italiani.

 

Dott. Giuseppe Lo Giudice