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16/12/2020 06:00:00

Operazione "Ruina" e gli intrecci tra mafia, imprenditoria e politica a Calatafimi 

 Mafia, imprenditoria e politica ancora una volta intrecciati in provincia di Trapani alla luce dell’operazione “Ruina” che, all’alba di ieri ha visto gli uomini del Servizio centrale operativo e delle squadre mobili di Trapani e Palermo assestare un duro colpo alla famiglia mafiosa di Calatafimi-Segesta, i cui esponenti e vertici sono ritenuti vicini al numero uno di cosa nostra, Matteo Messina Denaro.

 Tredici le persone finite in manette, tra cui l’esponente di spicco della famiglia mafiosa di Calatafimi al vertice capo della locale famiglia mafiosa, Nicolò Pidone. Venti gli indagati tra i quali anche il sindaco di Calatafimi-Segesta, Antonino Accardo, divenuto sindaco lo scorso anno e accusato di corruzione elettorale ed estorsione, e diversi imprenditori.

Chi sono i 13 arrestati - Giuseppe Aceste, nato a Erice il 20 giugno 1975; Salvatore Barone, nato a Calatafimi il 16 gennaio 1957; Ludovico Chiapponello, nato ad Alcamo il 17 giugno 1983; Giuseppe Fanara, nato a Erice il 19 marzo 1979; Giuseppe Gennaro, nato a Calatafimi il 26 giugno 1967; Andrea Ingraldo, nato ad Agrigento il 21 novembre 1956; Rosario Tommaso Leo, nato a Vita il 9 giugno 1969; Stefano Leo, nato a Vita il 20 ottobre 1970; Nicolò Pidone, nato a Calatafimi il 10 giugno 1962; Gaetano Placenza, nato a Calatafimi il 18 gennaio 1953; Antonino Sabella, nato a Castellammare del Golfo il 30 settembre 1957; Domenico Simone, nato a Erice il 17 ottobre 1974; Leonardo Urso, nato a Marsala il 27 dicembre 1958. Le accuse ipotizzate sono, a vario titolo, associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso.

Il boss Nicolò Pidone - 57 anni, ex operaio stagionale della Forestale. Secondo le indagini, nella sua masseria si tenevano le riunioni delle cosche. Già condannato per mafia nel procedimento penale scaturito dall’operazione nota come “Crimiso”, sentenza poi confermata dalla Corte d’appello e divenuta definitiva.
Nel corso del processo a suo carico, in particolare, era stata accertata la sua partecipazione fin dal 2009 alla famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, retta in quegli anni da Michele Sottile in ragione dello stato di detenzione del suo storico capo Francesco Domingo.
Pidone, scarcerato il 17 marzo 2017, è stato poco dopo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Calatafimi – Segesta per tre anni. Provvedimento che ne ha riconosciuto per l’ennesima volta la indiscutibile caratura criminale. Nonostante il carcere e la pesante misura di prevenzione personale, le indagini svolte hanno consentito di accertare che Pidone non solo non ha mai rescisso i propri legami con Cosa nostra ma nell’organizzazione ha progressivamente assunto prestigio e autorevolezza, giungendo addirittura a ricoprire un ruolo di capo della famiglia mafiosa di Calatafimi. Sul ruolo svolto dal Pidone in seno alla predetta famiglia ha riferito il collaboratore di giustizia Nicolò Nicolosi, autore dell’omicidio Lombardo a Partanna, commissionato dal mafioso Scimonelli.

 Altra figura di spicco tra gli altri arrestati è Salvatore Barone – Altra figura di spicco arrestata è Salvatore Barone, fino alla scorsa estate presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore dell’azienda per i trasporti Atm di Trapani, già direttore generale della stessasocietà a partecipazione pubblica. Barone, oggi è presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi – altra carica da lui da tempo ricoperta - è risultato completamente assoggettato ai voleri del capo della locale famiglia mafiosa. E' accusato di associazione mafiosa. La Cantina Kaggera prende il nome dall'omonima contrada in cui ha sede, riunisce più di 800 produttori, con una superfice di circa 2000 ettari di terreno.
Pidone, direttamente o attraverso il proprio uomo di fiducia, Gaetano Placenza, allevatore messo ai vertici della società, decideva chi assumere scegliendo il personale in modo da aiutare le famiglie dei detenuti mafiosi e disponeva che ad esponenti di Cosa Nostra venissero dati soldi.
Tra le assunzioni più importanti, volte a favorire i clan, figura quelle di Veronica Musso, figlia del boss Calogero Musso, ergastolano, ex capo della «famiglia» di Vita. Barone, inoltre, avrebbe procurato voti al sindaco di Calatafimi Segesta, Antonino Accardo, oggi indagato per corruzione elettorale.

Gli altri indagati - Tra gli indagati spiccano i nomi di personaggi già condannati per mafia come Leo Rosario Tommaso, pregiudicato attualmente dimorante a Marsala, ma anche il cugino di questi Leo Stefano, a carico del quale sono stati documentati contatti recenti con il rappresentante della famiglia di Calatafimi. Stefano Leo, personaggio di rilievo era vicino al defunto boss Gondola Vito e al condannato Giglio Sergio, entrambi coinvolti nelle vicende della veicolazione dei “pizzini” diretti al capo indiscusso di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, venute alla luce nel corso delle varie fasi dell’operazione denominata “Ermes”. Tra coloro che favorivano gli incontri e le comunicazioni, il quarantaseienne imprenditore agricolo vitese Simone Domenico. Altro arrestato è Placenza Gaetano, allevatore, parte dell’organigramma della cantina Kaggera, in qualità di consigliere, ne pilotava le policy di governo, decidendo le assunzioni di personale finalizzate a dare sostentamento alle famiglie dei detenuti mafiosi e la dazione di somme di denaro, a favore di esponenti di Cosa Nostra, aggirando le norme statutarie interne. Gli altri fermati ed aderenti all’associazione mafiosa, Aceste Giuseppe, Sabella Antonino – quest’ultimo già in carcere perché colpito da provvedimento restrittivo a seguito dell’operazione “Cutrara”, coordinata dalla D.D.A di Palermo, nello scorso giugno - e Fanara Giuseppe, agente di commercio. Tra le persone fermate anche Gennaro Giuseppe, altro esponente della famiglia mafiosa di Calatafimi, accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di aver rubato un trattore agricolo, nell’interesse dell’associazione stessa, unitamente agli altri esponenti di Cosa Nostra Francesco Domingo, Stabile Sebastiano e Salvatore Mercadante, raggiunti da provvedimenti restrittivi nell’ambito dell’indagine “Cutrara” incentrata sulla famiglia di Castellammare del Golfo.
Destinatario di fermo anche il trentasettenne calatafimese Chiapponello Ludovico, indagato per aver favorito l’associazione mafiosa mediante l’effettuazione di un’attività di bonifica, finalizzata alla rilevazione della presenza di eventuali microspie all’interno della fatiscente dependance del capo della famiglia mafiosa Nicolò Pidone.
Tra gli indagati anche un appartenente alla Polizia Penitenziaria, in servizio al carecere Pagliarelli di Palermo, cui è contestato il reato di rivelazione di segreto d’ufficio, commesso al fine di agevolare Cosa Nostra.

Indagato il sindaco di Calatafimi Antonino Accardo - L’operazione “Ruina” ha scosso anche i palazzi della politica a Calatafimi, visto che è indagato il primo cittadino, Antonino Accardo, accusato di corruzione elettorale e tentata estorsione, con l’aggravante di mafia.
Eletto un anno e mezzo fa con 1900 preferenze, secondo l'accusa, avrebbe comprato voti dalla cosca locale. Contro Accardo ci sono alcune intercettazioni, in una delle quali si parla di voti in cambio di soldi, 50 euro a voto. Per lui anche l'accusa di tentata estorsione.
Si è avvalso della facoltà di non rispondere Antonino Accardo. Secondo la Procura Antimafia Accardi sarebbe diventato sindaco di Calatafimi “comprando” i voti e godendo dell’appoggio dei mafiosi. Ieri il Sindaco è stato interrogato dai magistrati e ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, nell'attesa di vedere tutte le carte dell'indagine che lo riguarda.
Al momento contro di lui ci sono le intercettazioni telefoniche. Come quella del 15 Aprile scorso. Un uomo, tale Paolino Loria, che vive nelle case popolari, chiama il sindaco. Chiede il suo intervento per zittire i vicini troppo rumorosi. Il Sindaco lo invita ad essere meno volgare. Potete leggere qui l'intercettazione.

Arrestato l’enologo marsalese Leonardo Urso - C'è anche Leonardo Urso tra gli arrestati dell'operazione antimafia “Ruina”. Urso è un enologo di Marsala, che vive a Petrosino. L'accusa è di favoreggiamento. In particolare è stato arrestato per un episodio documentato dalla Squadra Mobile. Urso, infatti, era socio in affari del Sindaco di Calatafimi Segesta, Antonino Accardo. Quest'ultimo doveva recuperare delle somme da lui, e ha chiesto l'intervento di Rosario Tommaso Leo e della famiglia mafiosa di Calatafimi.
Urso è stato arrestato perchè ha tenuto un comportamento reticente nel corso delle attività d’indagine, finalizzato, secondo gli investigatori, comunque, a favorire Cosa Nostra.

Intervento di Rosario Tommaso Leo per la riscossione di un credito in favore del sindaco Antonino Accardo da parte di Leonardo Urso - Gli inquirenti hanno ricostruito una vicenda estorsiva, che ha visto protagonisti Gaetano Placenza, Antonino Accardo - dal 28 aprile 2019 Sindaco di Calatafimi Segesta - e il mafioso di Vita Rosario Tommaso Leo.  In particolare, è emerso che l’Accardo era creditore di una somma di denaro da parte di Leonardo Urso, somma che egli ha cercato di ottenere attraverso l’intervento del Leo e con la collaborazione di Gaetano Placenza il quale, nell’occasione, ha svolto il fondamentale ruolo di collegamento fra il Sindaco e il mafioso.
Il 30 novembre 2019 veniva intercettata una conversazione telefonica tra il sindaco Accardo e Gaetano Placenza, nel corso del dialogo, emergeva che l’Accardo avrebbe dovuto recarsi a Petrosino per risolvere una questione, di cui il Placenza era già a conoscenza, con un soggetto (di cui non veniva fatto il nome) che il Sindaco non riusciva a contattare. Le intercettazioni:

PLACENZA: dico devi andare là a ..inc..o da quello? ...
ACCARDO : no là abbiamo detto ..là a Petrosino ..che è Petrosino là?...
PLACENZA: eh...
ACCARDO : è giusto?...
PLACENZA: allora ci dobbiamo andare ..questa sera ci dobbiamo andare dico...è giusto?...
ACCARDO : io direi di si ...perché questo fino ad ieri continua a non rispondere ...io posso provare nuovamente ...faccio l'ultimo tentativo ... mah ...ee... ci sarà...

La conversazione continua con il sindaco Accardo che proponeva di passare prima da Marsala da una persona che il Placenza avrebbe dovuto contattare:

ACCARDO : eh boh .. oppure possiamo andare prima a Marsala e poi andare là ... non lo so ... che dici tu?...
PLACENZA: no .. perché se io a quello gli devo telefonare ci telefono ... diciamo se ci passiamo
ACCARDO : e non lo so ... se ci vogliamo andare un poco prima e passiamo da là ...
PLACENZA: verso che ora ?...
ACCARDO : ma secondo me là prima delle otto e mezzo nove non ci dobbiamo essere perché sicuramente lui non ci sarà ...
PLACENZA: eh...
ACCARDO : ci sarà là al momento “di cose”... se vogliamo prima passare da Marsala allora ce ne dobbiamo andare prima ..un poco prima ...
PLACENZA: come dici tu per me ..io ..però me lo devi dire perché io neanche l'ho chiamato a lui diciamo ...
ACCARDO : uhm..uhm...
PLACENZA: se tu mi dici che ci dobbiamo passare ci passiamo un minuto ...
ACCARDO : se dici anche per salutarci ci vogliamo passare un minuto ...non ...
PLACENZA: tanto per salutarci così ..prenderci un caffè e ce ne andiamo ...non è che ...
ACCARDO : va bene allora ..e cosa mai .. boh .. prima passiamo da là ... poi riprovo a chiamarlo nuovamente e caso mai poi ... al limite se lo "ncoccio"... gli facciamo salutare...
PLACENZA: va bene ...

Chiusa la conversazione, il Placenza telefona subito al mafioso di Vita, Rosario Tommaso Leo; il dialogo intercettato consentiva dunque di identificare proprio nel Leo il soggetto che l’Accardo - indicato nel dialogo come “il professore” - avrebbe voluto incontrare a Marsala (ove, come detto, il Leo ha l’obbligo di soggiorno connesso alla misura di prevenzione personale) prima di recarsi a Petrosino a risolvere la questione di cui avevano fatto cenno all’inizio :

PLACENZA: quello ... il professore voleva vedere a quello (a chiddu) questa sera...
LEO : eh!...
PLACENZA: eh … gli ho detto … che fa deve passa .. ci devo telefonare ... dice ... caso mai ci passiamo per salutarlo ... cose dice...
LEO : con piacere .. con piacere...
PLACENZA: e lui parte di qua ... mi ha detto verso le sei...
LEO : eh ... ah partite da lì verso le sei?...
PLACENZA: si...
LEO : va bene .. va bene ... qua in giro sono...
PLACENZA: va bene .. andiamo ...caso mai quando siamo verso lì ti chiamo...
LEO : ok ..andiamo ...a dopo..

Le indagini accertano che, alle 19:10 del 30 novembre 2019, l’Accardo con Gaetano Placenza, incontra Rosario Tommaso Leo presso il Caffè Bernini di Marsala, trattenendosi per circa venticinque minuti. Terminata la riunione, l’impianto di localizzazione satellitare installato sull’autovettura dell’Accardo, con a bordo anche Gaetano Placenza (che, nel frattempo, aveva spento il proprio dispositivo cellulare), consentiva di monitorarne gli spostamenti successivi; i due si recavano, infatti, a Petrosino presso il Camping Il Biscione, il cui proprietario è Leonardo Urso. 

Di quanto accaduto quella sera veniva messo al corrente anche il capo mafia di Calatafimi Segesta Nicolò Pidone, al quale il Placenza, il 6 febbraio 2020, riassumeva la vicenda: il Sindaco Accardo aveva subito un “pacco” da un soggetto indicato come Nanà da cui egli pretendeva il pagamento di una somma di denaro e che di ciò era stato informato pure “quello” (come documentato lo stesso 30 novembre 2019, al mafioso Leo) :

PLACENZA: no ... no ... siccome l'altra volta con lui siamo andati a Marsala qua a Petrosino con il Sindaco ...
PIDONE : eh ...
PLACENZA: lui ha una cosa con Nanà ... eh ... al comune di Petrosino lui non fu ... gli hanno fatto un "pacco" là ... "cummigghiaru na cosa"...
PIDONE : ma cu è?"
PLACENZA: il Sindaco ...
PIDONE : e Nanà chi è?
PLACENZA: Nanà inc....
PIDONE : ah Nanà inc "puru ... 'nto mezzu a iddu?"
PLACENZA: hanno fatto una società... avevano fatto una società ... cose...
PIDONE : e c'era pure Nanà e...
PLACENZA: e lì ... come minchia erano combinati ... e lui mi ha portato sempre lì a Petrosino ... ma io che cazzi ci posso fare? ... se quelli soldi non te ne danno ... non ci sei stato tu nel mezzo... invece di domandare … inc...

PIDONE : e glielo è andato a dire a quello pure?...

PLACENZA: eh? ...
PIDONE : glielo è andato a dire pure a quello?
PLACENZA: quello era da tempo passato che doveva raccontargli questa cosa ... perché lui ... il discorsi... da Petrosino viene l'enologo ... e gli ha mandato … inc ... soldi ... lui ... testone ... non li ha voluti ...
PIDONE: non li ha voluti? ...
PLACENZA: “u Sindaco” ... lui gli ha detto ... prendili questi ... “a bon'è a bon'è" ... ora si sono buttati tutti e due negativi ... Nanà i soldi non li ha ... quello inc non la vuole fare ... e sono diecimila euro che deve pagare lui ... invece …
PIDONE : il Sindaco? ...
PLACENZA: "u Sindaco”….

Dalla conversazione, si comprendeva che Nanà aveva proposto all’Accardo una certa somma di denaro che questi tuttavia non aveva accettato e che la situazione era in stallo poiché entrambi non cedevano alle rispettive pretese.