È arrivato il tempo delle classifiche, della spasmodica ricerca dei «best of», all’interno di un anno che fatichiamo a pensare possa avere avuto qualsiasi tipo di qualità. Eppure, nonostante questo pessimismo di fondo, dobbiamo constatare che il 2020 ha saputo offrire a tutti noi una grande lezione di letteratura.
La lezione è questa: la letteratura non arriva né prima né dopo le tragedie della storia; la letteratura si costruisce durante le tragedie e anzi dà modo, a chi le sta vivendo, di viverle in profondità, di orientarsi, di accorgersi della stagione che si sta attraversando. E in questo, i libri usciti in Italia nel 2020, ci hanno aiutato molto.
Innanzitutto, comincerei dalla paura che abbiamo tutti provato. E' stato il sentimento che ha maggiormente segnato l’anno che si sta per chiudere. Era forse dai tempi della Seconda Guerra Mondiale che non si provava un simile stato d'animo collettivo: il terrore, uguale per tutti e in ogni dove, di potere essere contagiati, di contagiare i propri cari, di rischiare la propria vita. Due libri hanno avuto il merito di contenere e razionalizzare questo insopportabile stato d’animo. Il primo è stato La monarchia della paura di Martha Nussbaum (il Mulino) sulle applicazioni del sistema della paura nella politica contemporanea e nella gestione delle crisi: e sono ancora più mirabili le pagine che alla fine del saggio vengono dedicate alla speranza, alla dimensione produttiva e pragmatica della speranza. Il secondo invece si intitola Paure medievali. Epidemie, prodigi, fine del tempo (il Mulino) della storica Chiara Frugoni, un volume riccamente illustrato che ci ha aiutato a sublimare il nostro panico attraverso l’arte e il raffronto con il panico medievale, più volte evocato durante i mesi di lockdown.
Da quando invece è uscito il nuovo rapporto del Censis sulla povertà in Italia, un altro tema che angoscia le nostre giornate sono «i nuovi poveri», la crescita delle disuguaglianze sociali. Sono stati molti i libri che se ne sono occupati in modo incredibilmente interessante, e nelle forme più disparate. La poetessa Laura Accerboni, ad esempio, lo ha fatto con la sua silloge Acqua Acqua Fuoco (Einaudi). Per Minimum Fax, d’altra parte, è uscita l’indagine che il grande scrittore americano, William T. Vollmann, dedica alla povertà, I poveri: erede di Sia ora lode agli uomini di fama (il Saggiatore), il viaggio di Vollmann cerca nelle estreme periferie del mondo i tratti comuni e le peculiarità dell’indigenza, cosa significava e cosa significa oggi la parola "povertà".
Ultimo libro, il più recente, è un libro scritto «in presa diretta», una riflessione sull’economia al tempo del Covid-19: Economia sentimentale (La Nave di Teseo) di Edoardo Nesi non è però il diario della crisi o del disastro, tutt’altro, è la ricerca di voci capaci di vedere al di là delle paure e delle insicurezze e di immaginare, come nei migliori esercizi letterari, il futuro della nostra nazione.
Finora abbiamo consigliato cinque titoli. Come abbiamo detto sopra, le nostre considerazioni non si basano sulle categorie bello/brutto, imperdibile/rinunciabile. Questi cinque libri sono quelli che più di altri ci hanno aiutato a costruire o potrebbero aiutarci a costruire, a sintetizzare, il 2020.
Prima di chiudere, come in un post-scriptum, ne vorremmo segnalare un altro. È stata una pubblicazione ingiustamente ignorata, forse perché arrivata in libreria a ridosso del primo lockdown, forse perché è davvero un libro molto scomodo. Stiamo parlando della Notte della civetta di Piero Melati, Zolfo Editore. Una lunga risposta al rovello di ogni siciliano (e non solo): «in che momento si era fottuta la Sicilia?». Bisogna recuperarlo, La notte della civetta di Piero Melati, perché il Coronavirus, seppure con grande difficoltà, verrà debellato, ma i problemi che lo precedevano rimarranno, e da qualche parte sarà necessario ricominciare a pensare a quando, in che momento, si era fottuta la Sicilia. E l’Italia tutta.