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09/09/2021 06:00:00

Antimafia e misteri: Borrometi e il caso del "doppio" casellario giudiziario

Continuiamo ad occuparci delle vicende che riguardano il noto giornalista Paolo Borrometi. Vicende interessanti, perché raccontano il modo in cui funziona certa antimafia, e ci permette di andare dentro la complessità di alcune vicende, molto spesso raccontate con estrema leggerezza. 

Questa volta ci occupiamo del  casellario giudiziario del giornalista, che ha ritrovato la sua verginità per errore, insieme ai carichi pendenti. Il tutto per un errore anagrafico, che si somma al corollario dei misteri che aleggiano intorno la sua figura di giornalista sotto scorta. E chissà, anche per questo errore, per Borrometi è arrivata la  richiesta di archiviazione per l’accusa di diffamazione avanzata dall’on. Pippo Gennuso.

 

I FATTI

 

L’11 dicembre 2019, l’on. Pippo Gennuso presentava in Procura una querela per diffamazione nei confronti di Paolo Borrometi, Ferdinando Perricone nella qualità di direttore responsabile della testata giornalistica “Il Corriere Elorino” ed Enrica Odierna perché era stato accostato dal giornalista ad ambienti mafiosi siciliani. In particolare, Borrometi dichiarava in un’intervista dal titolo “L’onorevole che vuole togliere la scorta al giornalista antimafia”:

 

«Perché (Pippo Gennuso, n.d.r.) non ha mai risposto, ad esempio, sulla questione dei commercialisti di Matteo Messina Denaro che tiene saldamente incollati alle sue società. La gente deve scegliere da che parte stare. Se stare dalla parte di un pluripregiudicato o dei giornalisti, dei magistrati, delle forze dell’ordine che fanno bene il proprio dovere. Se sbaglierò sarò io stesso a chiedere scusa».

 

Nell’esposto, l’on. Pippo Gennuso chiariva al Procuratore di Siracusa che “la questione dei commercialisti di Matteo Messina Denaro incollati alle sue società”, ovvero alle società di Gennuso, compare per la prima volta nel libro “Un morto ogni tanto” del 2018: «In quel libro Borrometi fa riferimento a tre commercialisti componenti del Collegio Sindacale della Società Immobiliare Alberghiera srl ed, in particolare: dott. Giovan Battista Palazzotto, presidente del Collegio e il dott. Carmelo i quali sono di Castelvetrano (TP) e, secondo Borrometi, solo per questo sarebbero ricollegabili al boss Matteo Messina Denaro», scriveva Gennuso nell’esposto. E precisava: «Il Collegio Sindacale rimane in carica dal 19 luglio 2004 al 18 luglio 2007, quando cioè l’istante non era ancora socio (lo sarebbe stato dall’11 settembre 2008) era composto dal dottor Giovan Battista Palazzotto, dalla dottoressa Caterina Bologna e dalla dottoressa Tiziana Palazzotto. Gli altri due commercialisti citati erano sindaci supplenti». Pertanto, visura camerale alla mano - o meglio: in allegato all’esposto - i commercialisti tirati in ballo da Borrometi non solo ricoprivano la loro carica in un periodo antecedente all’introduzione nella società di  Gennuso ma addirittura lui nemmeno li conosceva. Se non bastasse, non risulta che i tre commercialisti fossero mai stati oggetto di indagine o qualunque altra iniziativa giudiziaria o investigativa che li potesse mettere in connessione con Matteo Messina Denaro.

 

Oltre a Borrometi, come detto, finiscono nel vortice delle contestazioni anche il direttore de “Il Corriere Elorino", Ferdinando Perricone, ed Enrica Odiernaper avere gli stessi offeso l’onore ed il decoro dell’istante (Pippo Gennuso, n.d.r.) […], per avere suggestivamente e falsamente diffamatoriamente accostato in modo falso l’istante al boss Matteo Messina Denaro”.

 

L’ARCHIVIAZIONE

 

Con richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto (ex art. 131 bis c.p.) del 5 agosto 2021, il Procuratore aggiunto della Repubblica di Siracusa Fabio Scavone e il Sostituto Procuratore Andrea Palmieri confermano la responsabilità degli indagati Paolo Borrometi per il reato contestato, ovvero la diffamazione per l’attribuzione del fatto determinato, e cioè il collegamento di Gennuso con Matteo Messina Denaro e associazioni mafiose, con l’aggravante del mezzo stampa.

“Invero - scrivono i PM nelle motivazioni della richiesta di archiviazione - le modalità della condotta e l’esiguità dell’evento diffamatorio, da un lato scaturente da passaggio secondario dell’articolo e dall’altro contenuto nella portata della limitata diffusione dello stampato, circostanze valutate concretamente secondo i canoni dell’art. 133 c.p., conducono infatti a ritenere che il fatto sia di particolare tenuità”. E precisano: “A ciò si aggiunga, alla luce dei carichi pendenti, l’agevole apprezzamento della non abituabilità della condotta giuridica”. Che tradotto significa  che Borrometi e gli altri indagati Ferdinando Perricone ed Enrica Odierna, non avendo carichi pendenti e non essendo soggetti che, stando al loro casellario giudiziario, sono soliti diffamare, vengono "graziati" con un'archiviazione dovuta alla particolare tenuità del fatto.

Eppure, nel casellario giudiziario del giornalista Paolo Borrometi risulta un’altra archiviazione per particolare tenuità del reato di diffamazione e, tra i carichi pendenti, due rinvii a giudizio, uno per diffamazione a mezzo stampa e uno per diffamazione con attribuzione di un fatto determinato. I documenti, come riportato a suo tempo da TP24   sono stati acquisiti nel corso dell’udienza dibattimentale che si è tenuta presso la sezione penale del Tribunale di Siracusa il 23 novembre 2020 nel corso del processo di Borrometi contro Giuliano (padre e figlio) accusati dal giornalista per diffamazioni aggravate dal metodo mafioso. 

E allora come mai per la Procura questi precedenti non esistono? Semplice. Il casellario giudiziario cui fa riferimento il PM è attribuito a Paolo Borrometi nato a Ragusa l’1 marzo 1983 quando Paolo Borrometi giornalista, vicedirettore AGI e direttore de LaSpia.it è nato a Ragusa l’1 febbraio 1983 come, tra l’altro, chiaramente indicato nella denuncia dell’on. Pippo Gennuso (e su Wikipedia).  Uno stravagante caso di omonimia? Certo è che se il casellario giudiziario e i carichi pendenti del giornalista fossero stati corretti, magari diverso sarebbe stato l’orientamento dei PM.

«Il fatto è gravissimo - dichiara  l’on. Gennuso - e non vorremmo che qualche furba manina abbia alterato i dati anagrafici del Borrometi ben sapendo che l’esistenza del precedente e del carico pendente avrebbero sicuramente impedito una nuova richiesta di archiviazione per non punibilità per tenuità del fatto venendo a mancare una delle condizioni indispensabili che è l’occasionalità della condotta».

 Gennuso ha annunciato l’opposizione all’archiviazione ma sarebbe interessante sapere come si sia potuti arrivare a un simile errore in Procura.



Native | 2024-04-25 09:00:00
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