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25/11/2020 06:00:00

Borrometi contro Giuliano. In aula il casellario giudiziario e i carichi pendenti del giornalista

 Il 22 agosto 2016 Paolo Borrometi pubblicava l’articolo “Da Noto a Rosolini, passando per Avola e Pachino: viaggio nel ‘regno’ dei Trigila (nomi e foto)” su laspia.it, provocando le reazioni su Facebook di Salvatore Giuliano e di suo figlio Gabriele, ritenuti dal giornalista reggente del clan Tigila di Noto. Sentitosi minacciato, Borrometi presenterà esposto per diffamazioni e minacce aggravate dal metodo mafioso contro i Giuliano.

Nel corso dell’udienza tenutasi il 23 novembre scorso presso la sezione penale del Tribunale di Siracusa, in via preliminare, l’avv. Giuseppe Gurrieri ha chiesto l’acquisizione del casellario giudiziario di Paolo Borrometi, persona offesa e parte civile nel procedimento, in cui risulta un’archiviazione per particolare tenuità del reato di diffamazione (art. 131-bis c.p.) e il certificato carichi pendenti in cui emergono due rinvii a giudizio, uno per reato di diffamazione a mezzo stampa e uno per diffamazione con attribuzione di un fatto determinato. Elementi accolti dal collegio presieduto dalla dott.ssa Carla Frau, nonostante l’opposizione del PM Alessandro Sorrentino, che metterebbero in discussione la credibilità di Paolo Borrometi. È stata tuttavia rigettata la richiesta di risentire la persona offesa.

Il giudice, inoltre, ha accolto la richiesta del legale degli imputati di ispezionare alla prossima udienza il corpo del reato, ovvero il cellulare sottoposto a sequestro di Gabriele Giuliano, contenente degli screenshot che attesterebbero la versione dei fatti raccontati dai Giuliano in aula.

Alla rilettura da parte del PM Sorrentino del commento scritto all’epoca dei fatti, “Sono Salvatore Giuliano, a quel giornalista così valente di minchiate dico solo: non toccate la mia persona e la mia immagine soprattutto perché ti rompo il culo. Se cerchi lo stipendio da qualcuno te lo devi guadagnare perché sei un millantatore”, dal carcere di Sassari Salvatore Giuliano conferma di esserne l’autore e di avere usufruito dell’account Facebook del figlio Gabriele. «Io non conoscevo questo signor Borrometi. Io non avevo internet, e ho chiesto a mio figlio di farmi vedere chi fosse. Quindi, ho visto il profilo di questo Borrometi vignettista… pubblicista… una cosa del genere. Ma quello per me non era un articolo di giornale e quindi lui non era giornalista», precisa Salvatore Giuliano su richiesta del PM Alessandro Sorrentino. D’altronde, Salvatore Giuliano era sottoposto a sorveglianza speciale da poco tempo, dopo ventuno anni di detenzione, cioè dal 1994. Quindi, oltremodo verosimile sarebbe il fatto che non avesse maturato alcun approccio con la tecnologia e l’evoluzione degli organi di stampa e dei blog on line negli anni di detenzione.

Il 24 agosto dello stesso anno, utilizzando un account di posta elettronica personale, Salvatore Giuliano scriveva a commento di un articolo dal titolo “Mafia. Nuove minacce a Paolo Borrometi alla vigilia del processo. Da non sottovalutare” a firma di Giuseppe Giulietti sul sito web articolo21.org: “Pezzo di merda! Devi dire alla gente quello che fai. Tu ti sei permesso di pubblicare la mia foto estrapolata da un contesto festivo con altre persone che non c’entrano niente: chi cazzo ti autorizza?”. Salvatore Giuliano conferma di essere l’autore di questo ulteriore commento e di avere chiesto la creazione di un account personale per rispondere e senza compromettere i propri figli. «Ma io ho risposto a quello che ha scritto Giulietti!», puntualizza Salvatore Giuliano sia al PM che al legale delle parti offese Vincenzo Ragazzi.

Ad avere irritato Salvatore Giuliano, la pubblicazione di una foto di famiglia durante la festa di nozze della nipote dove erano ritratte anche altre persone totalmente estranee ai fatti per i quali Salvatore Giuliano aveva già scontato la propria condanna. Salvatore Giuliano ammette di essersi sentito mortificato dal giornalista perché in quella foto indossava un abito da cerimonia: «Ma in un contesto come un matrimonio cosa mi dovevo mettere? La canottiera?». A quel matrimonio era presente anche il fratello, sottoposto pure lui a misure di sorveglianza: entrambi erano perciò autorizzati dal magistrato a parteciparvi.

La maggiore preoccupazione, se non addirittura paura di Salvatore Giuliano, si rivolgeva ai suoi familiari perché nell’articolo di Borrometi venivano inquadrati quali persone a conoscenza delle dinamiche del clan dei Trigila di cui Salvatore Giuliano sarebbe stato un reggente e temeva ritorsioni per i suoi figli.

«Lui scriveva che io fossi un reggente dei Trigila. Ma sono accuse assurde perché con questo Trigila non ci siamo mai neppure incontrati. E ci sono sentenze che accertano che fossi reggente di un’associazione mafiosa, in contrasto con il clan Trigila», si difende Salvatore Giuliano. E i suoi familiari tirati in ballo nell’articolo di Borrometi? «Io posso avere sbagliato nella mia vita, ma cosa c’entrano i ragazzi? Siano lasciati in pace!». E ammette: «‘Ti rompo il culo è una frase volgare’, ma nessuno gli ha torto un capello. In questi quattro anni è andato in giro a Marzamemi, a Pachino a mangiare la pizza, a fare comizi, a presentare libri e nessuno mai gli ha detto niente. Quella è stata una frase detta così, in un momento di rabbia».

«Signor Giuliano. In relazione a questo articolo di cui abbiamo parlato - domanda il PM Sorrentino - lei ha presentato denuncia per diffamazione nei confronti di Paolo Borrometi?». La risposta è negativa. Salvatore Giuliano non ha presentato alcuna denuncia per diffamazione verso il giornalista perché pensava che la questione si fosse chiusa dopo i loro scambi su internet e che con le proprie dichiarazioni potesse ottenere una rettifica allo scritto.

Gabriele Giuliano conferma i fatti riportati dal padre, e cioè che gli prestò il cellulare per rispondere dal suo account di Facebook tra i commenti, spiegandogli anche come fare. E aggiunge un particolare: «Immediatamente sotto il commento di mio padre, Borrometi scriveva: “Oh, che paura!”. Lì per lì, preso dalla rabbia, ho risposto anche io al signor Borrometi in messaggi privati. Io con lui non ho mai parlato in pubblico ma solo su messaggistica privata». Nella ricostruzione dei commenti pubblicati sulla pagina Facebook del giornale LaSpia, Gabriele afferma che il commento di Borrometi a suo padre “Oh, che paura!” sia stato cancellato ma di averlo screenshottato (il file dovrebbe essere custodito nella gallery dell’iPhone sottoposto a sequestro). Il suo messaggio pubblico, cioè “Ascolta, non commentare e non ti permettere mai di usare le immagini di mio padre perché ti azzicco un dito nel culo… Se poi vuoi chiarimenti mi dici dove sei e ci incontriamo. Ah! Vedi che io non devo fare tremare nessuno di paura. Buona serata, spero”, era una risposta a quell’ “Oh! Che paura…” di Paolo Borrometi dopo il commento di suo padre.

Riguardo gli altri commenti “Beh, la vita è strana. Sai, probabilmente vedrò la tua”; “E chi ha detto che voglio ammazzare tutti? Però fidati che a te la testa te la sbatto muri muri, cesso!”; “Purtroppo questa è una persona senza scrupoli che per notorietà e qualche like infanga la gente! Non smetterò mai di dire che è una persona fallita!” Gabriele si smarca affermando di rispondere alle accuse di un certo signor Di Natale. «La testa te la sbatto muri muri io l’ho detto a questo signore perché si ostinava a ripetere che io fossi un mafioso ed è brutto sentirsi accusati di essere mafiosi quando non lo si è».

“Ma questo signore è un cornuto, lui sta cercando di sedersi sul divano di Barbara D’Urso… Cercati un lavoro serio, fallito!” era, per stessa ammissione di Gabriele Giuliano, una risposta rivolta a Paolo Borrometi dettata dalla crescente rabbia per le accuse ricevute.

«Noi abbiamo fatto sempre sacrifici perché mio padre può avere sbagliato o meno nel suo passato. Poi arriva un signore che neanche lo conosce e dice cose del genere… Io ho avuto paura perché - ammette Giuliano - la gente a Pachino ci guardava e ci guarda tutt’ora, ‘grazie’ a tutti questi link (articoli, n.d.r.), come se noi avessimo fatto chissà che cosa. Io ho perso molti amici proprio per questo motivo».

Padre e figlio sono coinvolti nell’operazione Araba Fenice. Salvatore Giuliano è accusato di associazione mafiosa, estorsione, furti e traffico di droga. Gabriele Giuliano è invece rinviato a giudizio per intestazione fittizia di beni, reato aggravato ai sensi dell' art.7 l. 203/1991. Ma questa è appunto un’altra storia.