Appena alzati, ancora assonnati, ci apprestiamo a fare colazione, una consuetudine di gesti e movimenti quasi involontari, come quello di accendere la tv…
Skytg24 spara a caratteri cubitali: “INIZIATA LA GUERRA IN UCRAINA”, segue il video di Putin che annuncia l’avvio delle operazioni militari e un altro servizio sulla città di Kiev dove l’ululato delle sirene allerta la popolazione dell’imminente pericolo.
L’iniziale incredulità diventa tristezza poi angoscia alla fine paura, le stesse sensazioni già vissute durante l'attentato alle torri gemelle, immagini ancora vive, nitide, scolpite nella memoria, una girandola di emozioni che lasciano il posto ad un senso inadeguatezza.
Ci sentiamo impreparati al susseguirsi così repentino degli eventi e alla conseguente consapevolezza di non potere fare assolutamente nulla. Dopo due anni di coronavirus era proprio quello di cui avevamo bisogno, due anni colmi di sofferenza e di attesa per la fine della pandemia. Ricordo le bandiere arcobaleno esposte nei balconi, i cori “Insieme ce la faremo”, un sentimento di appartenenza che ci univa, una catena umana che ci legava l’uno all’altra.
E pensare che un periodo di pace così lungo e duraturo in Europa non c’era mai stato, oltre settant’anni di serenità, un sogno demolito e dilaniato sotto la pioggia di missili e di bombe.
Anche nei periodi più bui della guerra fredda, in cui le opposte fazioni si controllavano e si fronteggiavano a vista, era impensabile immaginare un futuro distopico, una situazione così critica e compromessa.
Soldati, carri armati, bombardamenti, palazzi sventrati, vite spezzate, gente senza futuro che fugge da un presente di macerie umane. Tornano in mente come frammenti le scene di “Roma città aperta”, il capolavoro del neorealismo di Rossellini.
Non si possono valutare gli eventi di un conflitto bellico basandosi soltanto sul buon senso e sulla morale ma è altrettanto vero che quando si imbraccia un fucile qualsiasi motivazione si possa avere per rivendicare un diritto, questa muore all’istante come un fiore dilaniato da una grandine di bombe.
E qualche ragione la Russia ce l’ha. Ragioni storiche, geografiche ed economiche. A scanso di equivoci, sia chiaro per tutti, non stiamo parlando di Putin ma della Russia. Non cadiamo nel facile tranello dell’uomo solo al potere non è così semplice, dietro si nascondono establishment, apparati burocratici e lobby che tutelano i loro interessi.
Il primo embrione dello stato russo si deve alla “Rus’ di Kiev” nata nel IX secolo, divenuta successivamente lo stato più grande dell’Europa medievale nel 988. Il destino dell’Ucraina è legato a doppio filo con la Russia perché le loro storie sono intrecciate da secoli di coesistenza.
Per la sua conformazione fisica l’Ucraina è una estesa pianura che precede il confine russo, le richieste di neutralità non sono immotivate così come è già accaduto per la Finlandia, la sua neutralità fu sancita dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Le questioni economiche sono naturalmente quelle prevalenti. L’Ucraina è da sempre considerata il granaio d’Europa. Pianure di color nero ma fertilissime, ribattezzate cernozëm (terra nera) capaci di sfamare 300 milioni di persone l’anno, terre che nascondono un tesoro nelle viscere (carbone, gas, petrolio, metalli, sabbie minerali, uranio).
In un intervento del 2014 pubblicato sul Washington Post l’ex Segretario di Stato Henry Kissinger profetizzava: “Troppo spesso il problema ucraino viene posto in termini di scelta: Kiev deve stare con l'Oriente o con l'Occidente. Ma se l'Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve diventare l'avamposto dell'uno contro l'altro e viceversa: deve semmai funzionare come ponte tra loro. L'Ucraina occidentale è cattolica, quella orientale ampiamente ortodossa. È una nazione poliglotta in cui a Ovest parlano ucraino, a Est prevalentemente russo, trattare l'Ucraina come parte dello scontro Est-Ovest affonderebbe per decenni ogni tentativo di portare la Russia e l'Occidente in un sistema di cooperazione internazionale”.
La soluzione prospettata da Henry Kissinger prevedeva quattro punti:
Il diritto dell’Ucraina di aderire liberamente all’Europa con propri organismi economici e politici.
Il diniego di adesione alla NATO.
La libertà del popolo ucraino dell'autodeterminazione con forme democratiche e a livello internazionale una posizione di neutralità paragonabile a quella della Finlandia.
L’annessione russa della Crimea è e rimane incompatibile con le norme del diritto internazionale, invece si dovrebbero porre le basi per una sorta di enclave russa in territorio ucraino, come avviene ad esempio con Bolzano in Italia.
Gli oltre settant'anni di pace avrebbero dovuto farci comprendere che in guerra non ci sono nè vinti nè vincitori solo macerie.
Perché inseguire la logica delle armi fomentata dalle opposte fazioni anziché quella della comprensione delle ragioni reciproche? Non possiamo ricadere tout court in questa folle corsa agli armamenti con il pericolo incombente dell’escalation nucleare.
La consapevolezza di vivere in un mondo privilegiato e democratico ci dovrebbe far propendere per il dialogo e la comprensione delle opposte ragioni, senza falsi moralismi e facili estremismi basati sulla logica dell’appartenenza.
Giancarlo Casano
Canzoni consigliate: Paul Hardcastle - 19 (Nineteen) / Francesco De Gregori - Generale
L’edizione 2024 del Costa Global Summit ha celebrato l’eccellenza nel settore del turismo e delle agenzie di viaggi, premiando le realtà più performanti e distintive in termini di fatturato e risultati. Un’occasione...
Il servizio di radioterapia dell'Ospedale di Mazara del Vallo si conferma fiore all’occhiello per l'Asp di Trapani. Lo afferma con orgoglio il direttore generale Ferdinando Croce, che ha tracciato un bilancio dei risultati ottenuti dal...
Cantine Paolini, storica realtà vitivinicola marsalese, continua a collezionare riconoscimenti. L'ultima conferma arriva dalla prestigiosa guida Vini d'Italia del Gambero Rosso, che ha premiato ben quattro etichette prodotte dall'azienda...