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04/04/2022 06:00:00

Morici tutto qui? Confisca ridimensionata per l'imprenditore di Trapani 

 Da venti milioni di euro ad un milione e mezzo. Ridimensionata la confisca subita dall'imprenditore di Trapani Francesco Morici, uno dei più noti costruttori edili siciliani. E così gran parte dei beni dell'imprenditore trapanese, nel frattempo deceduto, saranno restituiti ai suoi eredi, tra cui il figlio Vincenzo, che oggi però vive e lavora stabilmente in Africa. Va ricordato che i Morici non sono stati mai nè condannati, né imputati per mafia, né raggiunti da alcuna ordinanza di custodia cautelare. 

I giudici hanno liberato dal vincolo della confisca il patrimonio immobiliare e i conti correnti della holding Morici. In particolare i giudici hanno escluso che Cosa Nostra abbia mai avuto il controllo della impresa.

Dubbi, invece, permangono solo sulla Coling la società aggiudicataria di commesse pubbliche che operò per la costruzione della galleria di Scindo Passo a Favignana e per la realizzazione della funivia di Erice. Appalti che ancora si ritiene siano stati sotto il controllo di Vincenzo Virga e di Francesco Pace. E, circa i rapporti di Virga, a mettere nei guai i Morici sono state due brevi telefonate tra Francesco Morici e Vincenzo Virga di 108 e 133 secondi, più una dichiarazione dello stesso Virga su "una visita a casa del mio amico Francesco Morici". I contatti sono evanescenti, scrive il Tribunale, anche perché non risultano indagini sulle modalità di questa "amicizia". E' per questo che la condotta di Morici è più che altro inscrivibile in un'area di "indefinità contiguità o vicinanza al gruppo" mafioso trapanese, e non si può pertanto dire che "appartiene" alla famiglia mafiosa trapanese. 

Va detto che però i Morici non hanno avuto un "profitto" dai lavori della Coling, che non ha dato loro utili; né hanno prelevato somme o avuto altre utilità. Ed è rimasto pertanto indimostrato il profitto che i Morici avrebbero tratto dall'agire illecito della Coling. 

Per quanto riguarda invece i lavori al porto di Trapani per l'America's Cup, nel 2005, non c'è alcuna "cornice mafiosa".  Le imprese “Morici Francesco & C” , e “Morici Immobiliare di Morici Francesco & C”, e quelle individuali “Morici Francesco” e “Morici Vincenzo”, “non hanno tratto vantaggi da relazioni con Cosa nostra” e sono estranee al sistema di spartizione degli appalti della provincia di Trapani. Ci sono state delle irregolarità, è vero, ma non da inquadrarsi nella "frode nelle pubbliche forniture". Le opere realizzate dai Morici per i lavori al porto di Trapani o alla litoranea nord, erano infatti, "idonee allo scopo", hanno stabilito i periti. Non ci sono vizi occulti nè sulla qualità del materiale utilizzato, né sul modo in cui i lavori sono stati svolti. Insomma, l'unico che alla fine ha messo il materiale "scarso" sembra essere davvero il grande confidente di Procura ed investigatori di questi anni, l'imprenditore mafioso Nino Birrittella, che confessò: "Per il porto di Trapani ho utilizzato il ferro più schifoso che avevo".  

Circa i lavori realizzati da Morici, il provvedimento del Tribunale, mette nero su bianco che le opere hanno superato tutti i collaudi, e sono "conformi e adeguate", senza "alcun raggiro". E circa le società non sussistono neanche elementi per stabilire che il loro patrimonio o il loro capitale sia stato alimentato da fonti illecite. 

Sui lavori realizzati a Custonaci per il "canale di scolo" e all'ospedale di Trapani per l'eliminazione delle barriere architettonice non è stata rilevata nessuna anomalia o irregolarità. 

Già in primo grado Vincenzo Morici aveva ottenuto un'altra soddisfazione, quella di non aver subito lo stigma della "pericolosità sociale" e dunque la misura di prevenzione personale. 

Anche questo provvedimento ricostruisce uno spaccato sul collaudato sistema di aggiudicazione degli appalti a Trapani, con Francesco Pace che pilotava, grazie all'aiuto di Tommaso Coppola e Antonino Birrittella (mafiosi inseriti nel circuito imprenditoriale trapanese), le gare bandite dalla Provincia Regionale di Trapani, sfruttando il ruolo di funzionari pubblici corrotti, come l'ingegnere Giovan Battista Grillo, a capo del Settore Viabilità dell'ente, e il dirigente Francesco Grimaldi. Le gare venivano pilotate, dicevamo, e girate alle imprese "gradite" al sodalizio, che si impegnavano a girare a titolo di tangente il 2% del valore dell'appalto.