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06/06/2022 06:00:00

Becchina story/1. Dall'esilio in Sardegna, agli affari in Svizzera. Genesi di un mercante d'arte

E’ venuto dal nulla, Gianfranco Becchina. Figlio di una famiglia non particolarmente benestante, è diventato “indiscutibilmente importante”, come racconta, nel commercio di opere d’arte.


Ma i suoi affari, nel corso degli anni, secondo quanto emerge da alcune inchieste, si sarebbero legati a quelli di cosa nostra, della famiglia Messina Denaro. E proprio nei giorni scorsi Gianfranco Becchina, 83 anni da Castelvetrano, ha avuto notificata la confisca di beni per 10 milioni di euro. In un’inchiesta a puntate che comincia oggi raccontiamo chi è Gianfranco Becchina, quali sono stati i suoi affari, come si è arrivati alla confisca dei beni, e quali legami ci sono con cosa nostra e Matteo Messina Denaro.


La confisca
Il provvedimento della Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani accoglie la ricostruzione accusatoria della formazione illecita dell’intero patrimonio del mercante d'arte belicino e consolida il sequestro operato nel 2017 aggredendo beni per un valore di oltre 10 milioni di euro. Becchina - in passato - è stato titolare anche di imprese operanti in Sicilia in diversificati settori commerciali, quali: vendita di cemento, produzione e distribuzione di generi alimentari e di olio d’oliva.
Le indagini condotte dalla Direzione Investigativa Antimafia, sotto il coordinamento della Procura di Palermo, hanno dimostrato «che per oltre un trentennio il proposto avrebbe accumulato ricchezze con i proventi del traffico internazionale di reperti, molti dei quali trafugati clandestinamente nel più importante sito archeologico di Selinunte da tombaroli verosimilmente al servizio di Cosa nostra.


In “esilio” da giovane
Nasce a Castelvetrano nel 1939 Gianfranco Becchina, figlio di una famiglia non molto benestante. La madre è sarda. E per quelle che lui definisce “ragazzate sentimentali” a 17 anni è stato esiliato dalla famiglia in Sardegna, dai parenti della madre. Si dà da fare subito Becchina, dopo la morte del padre. Fonda un’attività con il fratello. “Però è stato dichiarato fallito, io prestavo servizio militare e mi notificano una sentenza di fallimento per società di fatto con mio fratello… avevo giusto 21 anni”, è il primo guaio giudiziario di Becchina. Nel 1968 Becchina torna in Sicilia, seguendo suo fratello, con il quale era molto legato. Era tornato in Sicilia, Gianfranco Becchina, dopo più 12 anni di assenza. Un ritorno breve. Perchè Becchina a Castelvetrano conosce subito una ragazza. E’ l’estate del ‘68. “A Selinunte ho conosciuto quella che poi divenne mia moglie”. Faceva le vacanze con la mamma, era segretaria in un albergo di Basilea. Becchina non ci pensa due volte. Fa le valigie e parte di nuovo. Va in Svizzera. “Sono rimasto a Castelvetrano pochi mesi, poi sono andato via. Sono tornato nel 74 quando è nata mia figlia per farla conoscere a mia madre”.

I primi affari
Becchina a Basilea trova lavoro come impiegato in un albergo. Qui comincia a conoscere persone, il proprietario dell’albergo era un collezionista. “Conosco mercanti d’asta, perchè in questi alberghi arrivavano dalla Germania, dalla Turchia, greci, italiani”. Becchina si dà da fare. “Ad un certo punto sono diventato indiscutibilmente importante”, e comincia a commerciare opere d’arte e reperti archeologici con la sua ditta Palladion Antike Kunst.
A metà anni 90 è ormai un affermato uomo d’affari. Torna a Castelvetrano stabilmente, dove aveva comprato prima l’azienda agricola dei Pignatelli, poi all’asta il palazzo Pignatelli, in cui mette dimora.


Le prime inchieste
Nel 1992 le prime inchieste giudiziarie che riguardano Becchina e i suoi presunti legami con la mafia. Alcuni collaboratori di giustizia, come Rosario Spatola e Vincenzo Calcara, lo indicano come vicino sia alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara che a quella di Castelvetrano. Per conto di quest’ultima, dei Messina Denaro, avrebbe trafficato reperti archeologici. L’indagine a suo carico viene poi archiviata nel 1994.
Nel 2001 una vasta indagine coordinata dalla Procura di Roma lo inquadra come “a capo di una agguerrita organizzazione criminale dedita da oltre un trentennio al traffico internazionale di reperti archeologici, per la gran parte provenienti da scavi clandestini di siti italiani ed esportati illegalmente in Svizzera per essere poi immessi nel mercato internazionale”. Nell’ambito di questa inchiesta vengono sequestrati cinque magazzini a Basilea in cui c’erano migliaia di reperti rubati, recuperati con scavi clandestini e depredazioni di siti archeologici. Viene scoperto anche un archivio (l’archivio privato Becchina) con più di 17 mila documenti e 4 mila immagini di reperti. Becchina viene arrestato, ma il processo si conclude con la sopravvenuta prescrizione dei reati. Sempre in questa indagine si ipotizzava un legame con cosa nostra trapanese che, tramite Becchina, potesse essere coinvolta nel traffico di reperti.
Diversi collaboratori di giustizia hanno parlato di Becchina, un uomo che si è fatto da solo, come ha raccontato lui stesso. Che ha creato un impero, finito nelle mani dello stato. E vedremo nelle prossime puntate perchè.