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22/01/2023 06:00:00

Messina Denaro, la vedova del prefetto Sodano: "Catturato dopo l'arresto di D'Alì"

 Trentadue giorni di tempo sono intercorsi tra il 14 dicembre - giorno in cui l'ex senatore Trapanese di Forza Italia, Antonio D'Alì, all'indomani della sua condanna da parte della Cassazione, si è costituito al carcere di Opera di Milano per scontare i sei anni di reclusione - e il 16 gennaio, giorno dell'arresto del boss castelvetranese Matteo Messina Denaro. Bisogna ricordare che D'Alì arriva alla condanna definifita della Suprema Corte dopo due assoluzioni e un processo infinito.

Questo spazio temporale tra i due eventi è al centro della riflessione di Maria Sodano, la moglie dell'ex prefetto di Trapani, Fulvio Sodano, trasferito vent’anni fa su pressioni dell’allora sottosegretario al ministero degli Interni Antonio D’Alì. 

 La vedova del prefetto Sodano (qui una intervista al prefetto), ha analizzato la cattura di Matteo Messina Denaro e con una lettera fissa i pensieri che le suscitano le immagini e i commenti sull’arresto: «Ho sempre ritenuto che si sarebbe giunti alla cattura di Mattia Messina Denaro conseguentemente all'arresto per concorso esterno in associazione mafiosa di un noto soggetto appartenuto alle Istituzioni».

Questa la lettera della signora Sodano pubblicata da l'Espresso:

«Forse deluderò molti nel pensare senza tentennamenti che in quella di oggi leggo una rivincita un po' più sociale legata ai cittadini onesti più che statale pur riconoscendo un grande merito all'Arma dei Carabinieri. La lunga latitanza di Matteo Messina Denaro, peraltro preannunciata da un po' di tempo dai media (e quindi mi stupisce lo scalpore) è frutto di coperture e fiancheggiatori soprattutto all'interno di un mondo politico istituzionale corrotto e connivente che stenta a venire allo scoperto, una sfida tuttavia resa meno impossibile perché semplicemente è crollato il sistema, sono venute meno le protezioni importanti grazie alla cocciutaggine di qualche Magistrato fedele che le ha indebolite con la condanna di soggetti che ne garantivano la latitanza . È così difficile comprenderlo?
Ma lo Stato ha vinto veramente? Dopo 30 anni personalmente sarei cauta agli eccessi di clamore, ripeto senza togliere il grande merito a quanti oggi hanno contribuito alla cattura. A mio avviso bisognerebbe fare un lavoro di prevenzione sul territorio e sulle reti di relazioni per smascherare le connivenze e gli infedeli servitori dello Stato che spesso si annidano li dove è possibile esercitare il potere. Cercarli dopo lascia il tempo che trova.
Affermare che oggi lo Stato ha vinto e che la mafia è un ricordo è molto azzardato e rischioso.
Lo Stato può dire di vincere solo quando riconoscerà Giustizia Verità e Dignità ai suoi uomini migliori, molti dei quali oggi non ci sono più, involontariamente divenuti eroi. Solo motivati da un forte credo personale hanno lottato, denunciato con coraggio nomi eccellenti della criminalità organizzata ma anche soggetti all'interno delle Istituzioni dai comportamenti certamente distanti dai valori di autentica Giustizia e Legalità ma non sono stati creduti. Ciò avrebbe consentito di mettere in luce molte verità inquietanti, di smantellare certe strane e anomale alleanze. Hanno esposto a rischio le loro vite per sconfiggere quel sistema, nella lucida consapevolezza di essere isolati e abbandonati da chi doveva proteggerli, consegnandoli così alla mafia.
Lo Stato che sapeva e taceva, uno Stato omertoso, complice che sceglie di rendere martiri e perseguitare i suoi uomini migliori.
Spero che spinti dal volere del popolo si porti avanti quello che la nostra Costituzione afferma ma che non sempre ad oggi è stato garantito: il diritto alla Giustizia, altrimenti si rischia di svuotare ancora di significato l'operazione di oggi.
Per la mia esperienza familiare ho sempre ritenuto che si sarebbe giunti alla cattura di Mattia Messina Denaro conseguentemente all'arresto per concorso esterno in associazione mafiosa di un noto soggetto appartenuto alle Istituzioni. Della notizia del suo arresto risalente a circa un mese fa, ostacolato fino alla fine, si è cercato di contenerne la diffusione. Non doveva fare scalpore seppure risaputo e confermato da atti giudiziari di avere mantenuto rapporti in affari con lo stesso Mattia Messina Denaro e la sua famiglia.
Il suo ruolo istituzionale e politico ricoperto per anni gli ha consentito, abusando indisturbato, di avere "carta bianca" nell'assumere certe "decisioni.." a propria convenienza nel settore della Giustizia, nel mondo degli affari, cacciare via i soggetti a lui scomodi ...., spiare e depistare le indagini, insomma padrone di gettare la Giustizia nella fogna.
Il 13 marzo 1993 Matteo Messina Denaro, in occasione della deposizione per l'omicidio di Francesco Accardo presso il Tribunale di Marsala dichiara di svolgere l'attività di agricoltore nelle tenute del soggetto delle Istituzioni (Contrada Zangara di Castelvetrano (vedi documenti processuali) e che uno dei fratelli ha lavorato alle dipendenze della Banca Sicula della famiglia del suddetto importante soggetto.
Per tornare alla mia disumana esperienza familiare, una certa parte dello Stato, con precisa volontà, per convenienza e/o per vigliaccheria, piuttosto ha preferito isolare e abbandonare al suo atroce destino un suo vero fedele servitore il Prefetto Fulvio Sodano che con coraggio ha pubblicamente denunciato quel noto soggetto delle Istituzioni, gli ha negato il dovuto sostegno pur in presenza di una atroce malattia, senza pietà, rendendola così più atroce fino alla morte. Lascio ogni riflessione agli umani con cuore.
Giustizia è stata fatta? Assolutamente no fino a quando non sarà resa Dignità ai Veri Servitori dello Stato e che lo Stato continua a non riconoscere e fino a quando non avrà cacciato via la mafia all'interno dei suoi apparati, fino a quando consentirà in maniera incontrollata a certi suoi uomini di agire in assoluta libertà, consentendo loro di istituzionalizzare e legalizzare certi comportamenti distorti che hanno dimostrato favorire la criminalità organizzata.
Mi chiedo da cittadina e da familiare vittima innocente di tali connivenze, cosa vuol dire fare prevenzione. Personalmente senza presunzione di fare lezione di Giustizia e Legalità ma semplicemente come tanti cittadini onesti credo che fare prevenzione possa significare agire sul territorio costantemente con trasparenza, cercando da subito di individuare i fiancheggiatori che spesso la storia ha dimostrato essere lì dove non dovrebbero assolutamente stare, nei centri di potere.
Da decenni si studiano le organizzazioni della mafia, se ne è interpretato il loro comportamento e le loro regole grazie al contributo di qualche Collaboratore di Giustizia. Si continua a ripetere che i boss di un certo calibro, da latitanti non si allontanano dal loro territorio per mantenerne il potere, l'esperienza della cattura di Toto Riina e Virga lo confermano. E allora perché lo si è cercato soprattutto all'altro mondo? Eppure circolava con disinvoltura nel suo paesino e dintorni ed era facilmente riconoscibile e somigliante ai tanti identikit».

Questa, invece, la nota degli avvocati Fabrizio Merluzzi e Arianna Rallo, legali dell’ex senatore Antonio D’Alì:

"I violenti attacchi mediatici degli ultimi giorni e la subdola suggestione espressa da alcuni e divulgata dai media che il Senatore D’Alì possa avere in qualunque misura supportato la latitanza trentennale del boss Matteo Messina Denaro, impongono un chiarimento immediato ed una forte smentita per amore di verità e nel rispetto di una persona che si trova in carcere. La sentenza di condanna riguarda contestazioni che si esauriscono nel 2006 e non prospetta neppure in embrione tale illazione. Non esiste né è mai esistito uno spunto investigativo in tal senso orientato nel processo che ha visto il Senatore dapprima imputato e oggi condannato. Il Senatore è un uomo di 71 anni che espia una pena che sente ingiusta e non ha mai smesso di professare la propria innocenza. Ha, comunque, manifestato rispetto e soggezione alla legge ed alla magistratura che ne è espressione costituendosi in carcere non appena ricevuta la notizia che la sentenza a suo carico era divenuta definitiva. Si attendono ancora le motivazioni della Cassazione solo all’esito delle quali valuteremo eventuali iniziative".