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05/03/2023 06:00:00

La cultura del fare, il fare cultura

 Trovarmi davanti al foglio bianco ogni settimana e condensare un qualcosa che prenda forma in ragionamenti parole battute e mai come in questi giorni, tra il vorrei e scriverò c’è una distanza notevole. Ieri Lucio Dalla avrebbe compiuto ottant’anni, domenica scorsa un battello ci consegnava morti e feriti su una spiaggia in Calabria. I festival di letteratura che iniziano le grandi manovre, gli amici della Domenica del Premio Strega che propongono ottanta autori (che sia un omaggio a Lucio? scherzo), il dibattito che inizia - sempre meno carsico per fortuna - su chat GPT ovvero l’intelligenza artificiale e capire se sarà una risorsa in più o una scorciatoia al pensiero su carta. Appunti e lavori da iniziare per i mesi che arriveranno (affascinante sempre la costruzione di un qualcosa che inizia da un dettaglio minimo), e il quotidiano che ti spezza il fiato restituendoti senso di inadeguatezza al tuo essere uomo cittadino di una comunità e capire il senso di una azione.

Quando il direttore mi chiese di iniziare una collaborazione costante con tanto di rubrica su questo giornale mi sono sentito onorato e felice di avere uno spazio dove poter dare un contributo attraverso pensieri in quello che è il mio raggio di azione da circa trent’anni ovvero la cultura e le sue politiche di sviluppo e di poter incidere in qualche modo sui territori.

Ben presto, sarà banale scriverlo, il confine è andato oltre una urgenza strettamente di ambito e costretto quasi a sottolineare una dichiarazione un fatto, perché io come voi che leggete siamo parte di un tutto e per fortuna non viviamo in camere stagne, almeno spero.

L’urgenza è presto detta, qual è il senso del lavoro culturale oggi? Viviamo - oggi come ieri - tempi in un cui gli accadimenti si succedono rapidamente e i mezzi di informazione nelle varie forme sfornano di continuo il battere del tempo con un ritmo sincopato e questo di fatto ci fa riflettere su una rincorsa pressoché impari; rassegniamoci a recuperare qualche pezzo e farlo nostro, cercando di renderlo sedime per riflessioni e base solida per una costruzione diversa.

Pensare globalmente e agire localmente e mai i mezzi di cui disponiamo oggi ci supportano, sta poi a noi comprendere pienamente il senso e tradurre una azione che magari oggi i più non vedono, ma con un tempo diverso si comprenderà.

Il lavoro culturale o intellettuale che sia, è quanto di più concreto si possa immaginare: è frutto di studio costante di analisi di dettagli forse talmente fiamminghi da apparire inconsistenti e in realtà sono la parte del tutto. Affidarsi a questo modo di agire implica l’indipendenza di un pensiero o di una azione: ce lo ha insegnato la storia che essere più realisti del re, ha portato al nulla con la correità di un modo di porsi in antitesi alla laicità di un fare.

Abbiamo la necessità di far emergere esigenze urgenze da parte dei nostri ragazzi e portarli ad un tavolo di confronto per una crescita coerente e costante, dobbiamo avere l’umiltà di metterci a servizio loro supportandoli e non indirizzandoli semplicemente. Ma per far questo, e me lo dico io per primo, c’è la necessità di un salto quantico; la politica, noi che brighiamo in questo mare lo vogliamo realmente fare?

Non parlo di massimi sistemi, parlo alla mia Comunità e quindi ad una realtà vivace ma paradossalmente incapace di dialogo tra i vari pezzi di questo puzzle. Lo dico e lo affermo in ogni ragionamento ma inascoltato, fermiamoci e capiamo quali strade (anche poche) vogliamo intraprendere, perché non si tratta di ragionare su questo o quell’evento ma di armonizzare una narrazione che sia coerente e dia identità ad un territorio. Il cambio di passo di un Parco Archeologico che vuole programmare attività e valorizzare al contempo ciò che ha, è un esempio già realtà altrove, e rende dinamico un luogo che di suo è fortemente identitario.

Scrivo con passione laica e per quanto mi riguarda la Cultura del fare non ha colore politico, e non sarà una virgola o altro a cambiare il senso di una azione: non ho mai pensato che un pensiero possa piacere necessariamente a tutti, ma se la cultura è per tutti, dobbiamo essere coerenti e agire solidalmente e in conseguenza a questo dettato. E’ un invito sommessamente fermo, ragioniamo insieme nel rispetto del proprio fare ma andiamo oltre, la comunità domani ce ne sarà grata.

giuseppe prode

 



La Rubrica di Giuseppe Prode | 2024-03-31 06:00:00
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